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Lutto per un aborto spontaneo: “Abbiamo bisogno di piangere la perdita”

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Alvaro Real - pubblicato il 17/06/15
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La perdita e il lutto durante la maternitàOgni perdita di una persona cara fa male. Quando questa perdita si verifica ancor prima che la persona nasca, si uniscono molte considerazioni psichiche, sociali e spirituali. È una perdita silenziosa della quale spesso non si vuole parlare. In molte occasioni non c'è sepoltura e la perdita si riduce a un piccolo intervento ginecologico.

Trascorso del tempo, le ferite restano lì e le coppie che sono passate per questa esperienza dimostrano la necessità di piangere, di vivere il lutto. Non si tratta di voltare pagina e basta, ma di vivere con serenità l'accaduto. Non dimenticarlo, ma superarlo.

Il Servizio di Salute dell'Estremadura (SES) ha pubblicato di recente un manuale di buone pratiche. Si tratta della guida Atención profesional a la pérdida y el duelo durante la maternidad (Assistenza professionale alla perdita e al lutto durante la maternità), e vi si offrono molte testimonianze di coppie che hanno vissuto questa esperienza. Ne pubblichiamo una, come dimostrazione della necessità di vivere il lutto per il bambino non nato.

TESTIMONIANZA DI LBD

Dodici anni fa aspettavamo il nostro primo figlio.
Nuova casa, nuovo lavoro, nuove radici, desiderato e cercato.

Ho iniziato ad avere delle perdite dopo un'intensa giornata lavorativa di 24 ore e ho capito che qualcosa non andava. Siamo andati dal medico e ci hanno comunicato che la gestazione si era interrotta due settimane prima: aborto differito.

Sconcerto, incredulità e conformismo: “Beh, almeno sappiamo che non siamo sterili…” Abbiamo concordato con il ginecologo il mio ricovero la mattina dopo per svolgere tutto il processo e ce ne siamo andati a casa a testa bassa ma tranquilli.

Il modo di comunicarcelo è stato adeguato, anche se ovviamente avevamo un vantaggio: conoscevamo il nostro ginecologo e sapevamo di cosa si trattava.

Quella notte non sono riuscita a dormire. Non ero nervosa né preoccupata, semplicemente insonne. La mattina dopo sono entrata in ospedale. Quando mi hanno assegnato la stanza, nel reparto di Ginecologia (niente gestanti, niente bambini), non riuscivo a credere a quello che mi stava accadendo: condividevo la stanza con la stessa signora che due notti prima avevo aiutato a partorire un figlio che per alcune circostanze aveva deciso di dare in adozione. “Il prezzo del lavoro”, ho pensato, ma non sono riuscita a evitare un senso di amarezza per quella situazione.

Poco dopo mi hanno spostato in una stanza singola. La procedura è stata semplice e relativamente rapida, solo qualche ora di fastidio/dolore che ho sopportato nel miglior modo possibile. Accompagnata dal mio partner e con la presenza sporadica dell'infermiera e dell'ausiliare nella stanza, ho espulso la quasi totalità dei resti abortivi. In ogni caso, sono passata per la sala operatoria, dove il mio ginecologo ha effettuato un raschiamento.

Di quel momento, ricordo l'anestesista che, di fronte all'insistenza dell'infermiera per inserire subito la sonda, rispose con decisione: “No, meglio quando dorme”. Sono questi i dettagli che indicano, dal mio punto di vista, il rispetto per l'intimità della donna.

Risvegliarmi, nella stanza il mio partner e due buone amiche; è andato tutto bene. Dimissioni, “cancellare e voltare pagina”. Mi sentivo benissimo. “Succede a tanti”, pensai. Alle cinque mi ritrovai a piangere.

Una giornata di pianto intenso e buona compagnia, e piano piano sono stata meglio.

Oggi abbiamo due figli. Nel mio caso, dopo aver superato la “barriera psicologica” delle 8 settimane ho vissuto la mia seconda gravidanza senza volermi fare illusioni, nel caso in cui qualcosa fosse andato storto. Ma è andato tutto bene. Ora ricordo l'accaduto come una cosa naturale, senza concentrarmi su di esso ma senza dimenticare. Ricordare non mi provoca dolore.

Ai genitori che vivono una situazione simile direi di lasciarsi trasportare dal loro istinto: tutto va bene, qualsiasi sentimento, sensazione o percezione è normale. Prima si scoppia, prima si guarisce. Una montagna russa dell'animo, è questa la sensazione… anche se apparentemente stiamo bene, forse domani non sarà così.

Abbiamo bisogno di piangere la perdita, con il nostro partner, con la nostra migliore amica, insomma, con persone che non ci giudichino, che si limitino a stare lì. Vanno evitati i “familiari e amici tossici”, che si buttano a raccontarti esperienze simili quando non vogliamo che lo facciano. Bisogna saper dire di no. E dire di sì a una nuova maternità/paternità quando siamo preparate e preparati.

LBD

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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