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Il blog di Costanza Miriano - pubblicato il 08/06/15
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Che mondo rappresentiamo sui social?di Paolo Pugni

C’era una volta Pickwick, no non quello del Circolo, ma la prima volta che Baricco mise piede in TV, per raccontare il bello della lettura. Allora diceva cosa sensate, non era ancora famoso e non giocava a fare Patrick Jane, il bello the The Mentalist. Allora una sera tira fuori questa faccenda del giovane Holden (se cliccate la vedete anche) e di come avesse questa capacità di guardare oltre, di andare sempre “più in là” (un po’ come spiega che si debba fare il nostro Montale in Maestrale).

Beh è per questo che sto su Facebook. Perché questo sguardo qui ce l’hanno in tanti, solo che invece di chiamarli Holden mi piace dipingerli come mistici, vale a dire coloro che dentro la banalità del quotidiano sanno leggere la realtà in trasparenza, il filo che invece che addipanarsi, ti porta fuori, ti porta in alto, ti spalanca.
È un talento che, ad esempio, ha Andrea Giovanoli, ma non solo: perché se lui è stato incaricato di questo compito, un po’ il dono di fermarci e vedere attraverso, capire il messaggio che Dio ci sta mandando il quel momento ce l’abbiamo tutti. Prendi Susy, che l’altro giorno ti tira fuori una di quelle cose che ti fanno rabbrividire e piangere, ti scuotono e accarezzano, ti conducono a sentirti sporco e abbracciato al tempo stesso.

Ecco, queste sono chicche che non ti puoi perdere, perché questo è il senso della comunità, e grazie a Facebook se n’è creata una così forte e profonda che non stava dentro i più rosei sogni di papà Zuck.
C’è chi sta sul social per combattere a spada tratta contro avversari che, a volte diventano nemici, al punto che sorge il dubbio che la verità abbia scordato la carità.

C’è chi sta lì per ribattere colpo su colpo, logica su logica. E li ammiro che ci mettono il sangue, mica solo la faccia, ci mettono il petto e rimangono feriti, a volte così in profondità da meditare l’abbandono. È umano.

No, io non ci sto per questo. Ci sto per lavoro, è vero, ma anche perché credo che anche il sussurro della brezza possa smuovere come l’urgano impetuoso. E ci sto per ascoltare, per chiedere e donare preghiere, per essere edificato da chi oggi ha visto “più in là” e me l’ha detto. E per sentirmi fratello tra fratelli senza confini geografici, che quelli la velocità della vita li restringe sempre più fino a farti correre il rischio di implodere.

QUI L'ORIGINALE

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