L’amore disordinato per se stessi è forse la causa più profonda del peccatoChiedendo agli amici quale pensano sia la radice più profonda di tutti i peccati, ho ricevuto tre risposte principali. Una era una scrollata di spalle a indicare nessuna risposta. Un'altra era un riferimento alle scritture – “L'attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali” (1 Tim 6, 10). Discuterò in seguito perché si tratta di una risposta inadeguata. La terza risposta è stata che il peccato originale (e la concupiscenza che ne è seguita) è la fonte di tutti gli altri nostri peccati. L'unico problema con questa risposta è che non spiega il peccato di Adamo ed Eva (originale), né spiega la caduta degli angeli, che sembra siano caduti in gran numero senza peccato originale o concupiscenza e sono ora demoni. Bisogna quindi cercare una radice ancor più profonda.
Riferendomi a San Tommaso d'Aquino e a padre Garrigou-Lagrange, permettetemi di rispondere che la radice più profonda di tutti i peccati è l'amore di sé non ordinato. Da questa radice derivano tutti i peccati, incluso il peccato originale di Adamo e quello degli angeli. È vero che la nostra condizione caduta ha intensificato il problema dell'amore di sé non ordinato, ma la possibile tentazione di questo era presente già da prima.
A cos'altra faceva infatti appello Satana quando ha detto ad Eva “Diventereste come Dio” (Gn 3, 5)? E da cosa sono stati tentati Lucifero e tutti gli altri angeli caduti quando si sono misteriosamente ribellati e hanno dichiarato il loro non serviam (non servirò)? Adamo ed Eva, così come tutti gli angeli (anche senza peccato e non caduti), hanno scelto di amare se stessi più di Dio. Non amavano o non confidavano in Dio più di quanto amassero se stessi. Per noi il dramma continua, ma finirà con la nostra decisione duratura e definitiva di amare Dio o di amare di più noi stessi.
L'amore di sé non ordinato è la causa più fondamentale di tutti i peccati. Conosciamo tutti il suo potere e la sua qualità perniciosa. Anche le cose più belle che facciamo sono macchiate quando le facciamo più per lode e gloria personale che per amore nei confronti di Dio e del prossimo.
Permettetemi di riassumere qualche pensiero di padre Garrigou-Lagrange, che prende avvio dalla Scrittura.
Dall'amore di sé non ordinato, la radice di ogni peccato, scaturiscono le tre forme di concupiscenza di cui parla San Giovanni quando dice:“Perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo” (1 Gv 2, 16).
La concupiscenza della carne è il desiderio non ordinato di ciò che è, o sembra essere, utile alla preservazione dell'individuo e della specie [Gola e Lussuria]… La voluttuosità può quindi diventare un idolo…
La concupiscenza degli occhi è il desiderio non ordinato di tutto ciò che può risultare gradito alla vista: lussuria, ricchezza, denaro… Da questo nasce l'avarizia [cupidigia]. L'uomo avaro finisce per fare del suo tesoro il suo dio, adorandolo e sacrificando tutto ad esso: il suo tempo, la sua forza, la sua famiglia, e a volte la sua eternità…
L'orgoglio di vita è l'amore non ordinato della nostra eccellenza … [da questo nascono orgoglio, rabbia, invidia e accidia]. [Chi è orgoglioso] finisce per diventare il proprio Dio, come è accaduto a Lucifero.
L'amore di sé non ordinato ci porta alla morte, secondo le parole del Salvatore: “Chi ama la sua vita (in modo egoistico) la perde e chi odia (o sacrifica) la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna” (Gv 12:25). … Solo un amore più grande, l'amore di Dio, può conquistare l'amore di sé (Lagrange, The Three Ages of the Interior Life (Tan Publications) Vol. 1: 300-301, 368-370)
San Tommaso dice che tutti gli atti peccaminosi derivano dall'amore di sé non ordinato, che che ci impedisce di amare Dio sopra tutto il resto e ci tenta ad allontanarci da lui (Summa Theologica I, IIae, q. 77 a. 4; et 84, a. 4).
La causa propria e diretta del peccato va ricercata dal lato della conversione al bene transitorio, cioè dell'affetto disordinato per un bene temporale. Ora, tale affetto disordinato per un bene temporale deriva dal fatto che uno ama disordinatamente se stesso: infatti amare qualcuno significa volere a lui del bene. È quindi evidente che l'amore disordinato di sé è la causa di tutti i peccati (Summa Theologica 77.4 respondeo).
All'obiezione per cui la Scrittura dice “L'attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali” (1 Tim 6, 10), San Tommaso risponde:
Il desiderio del danaro si considera radice dei peccati, non perché le ricchezze sono desiderate per se stesse, come ultimo fine; ma perché sono molto ricercate come utili per ogni fine temporale. E poiché un bene universale è più desiderabile che un bene particolare, esso muove di più l'appetito che i beni particolari, raggiungibili con molti altri mediante il danaro (Summa Theologica I, IIae, 84, 1 ad 2).
In altre parole, il “denaro” è desiderato come un mezzo e non un fine, non come bene in sé, ma come mezzo per indulgere nell'amore di sé non ordinato. Quest'ultimo è quindi una radice più profonda rispetto all'amore del denaro. Il denaro viene desiderato per facilitare e realizzare il problema più profondo.
San Tommaso prosegue mostrando come i vizi capitali (peccati) derivino dall'amore di sé non ordinato. Quelle che seguono sono mie riflessioni, basate sulle sue.
• Orgoglio (a volte chiamato vanagloria) – Amiamo la nostra eccellenza apparente più della certa e più grande eccellenza di Dio, o dell'eccellenza che può esistere in altri.
• Cupidigia – Abbiamo un amore eccessivo e insaziabile per le cose a causa del nostro eccessivo amore per noi stessi e del bisogno percepito di possedere queste cose per il nostro bene.
• Concupiscenza – A causa dell'eccessivo amore di sé e del desiderio di soddisfarci, desideriamo gli altri per il piacere che ci possono dare, piuttosto che amarli per il loro bene.
• Rabbia – L'eccessivo amore di sé ci fa guardare a molte cose e molte persone (Dio incluso) con paura e quindi con rabbia, percependoli come minacciosi. Per questo, resistiamo loro rabbiosamente ed empiamente.
• Gola – L'eccessivo amore di sé ci fa soddisfare la nostra passione per cibo e bevande al di là di ciò che è salutare nel lungo periodo, di ciò che è rispettoso di Dio o generoso nei confronti degli altri.
• Invidia – L'eccessivo amore di sé e l'eccessivo egoismo non ci fanno apprezzare la bontà degli altri, perché la percepiamo come qualcosa che sminuisce la nostra porzione di lode o gloria.
• Accidia – L'eccessivo amore di sé fa sembrare Dio un usurpatore della nostra vita, del nostro tempo, delle nostre opinioni o del nostro piacere, e quindi ci rattristiamo o evitiamo il Suo piano per la nostra felicità.
È questa, dunque, la radice più profonda di tutti i nostri peccati. Non possiamo semplicemente biasimare il mondo o il demonio, anche se non possono neanche essere esclusi. L'amore di sé disordinato è tuttavia quello che dà al mondo e al demonio facile accesso a noi. È il “tasto” che premono per ottenere facili risultati.
Questa fonte di peccato è ben più vicina e sottile di quanto immaginiamo. Solo un amore più grande – l'amore di Dio – può conquistare l'amore di sé. Il più grande comandamento è quindi questo: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti (Mt 22, 37-40).
Anche la nostra guarigione, quindi, dipende da questi due comandamenti. Chiedete un maggiore amore per Dio, un appropriato amore di voi stessi e il dono di amare il vostro prossimo con lo stesso amore appropriato.
Monsignor Charles Pope è parroco della parrocchia Holy Comforter-St. Cyprian di Washington, D.C. (Stati Uniti). Ha frequentato il Mount Saint Mary’s Seminary ed è laureato in Divinità e Teologia Morale. È stato ordinato nel 1989 e nominato monsignore nel 2005. Ha condotto uno Studio Biblico settimanale al Congresso degli Stati Uniti e alla Casa Bianca, rispettivamente per due e quattro anni. Questo articolo è stato pubblicato in origine sul suo blog sul sito web dell'arcidiocesi cattolica di Washington.
[Traduzione dall'inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]