La cremazione resta ugualmente una «soluzione» di serie B per la Chiesa?
Lettera firmata
Risponde padre Valerio Mauro, docente di Teologia sacramentaria
La cremazione dei corpi dei defunti si sta diffondendo sempre più nel mondo occidentale. Di fronte a questa realtà la Chiesa ha già cominciato a elaborare risposte pastorali che tengano insieme la fede apostolica con il dovere di servire il popolo di Dio nelle sue attese spirituali e umane. Storicamente, l'uso della cremazione nel nostro mondo occidentale appare prevalentemente segnato da un timbro di ateismo o di rifiuto della fede cristiana, inducendo la Chiesa a manifestare la propria contrarietà. Oggi, per vari motivi, tale scelta è condivisa da molti credenti e non deve essere per forza considerata come un'opzione contraria alla fede. Questo cambiamento di prospettiva ha fatto venir meno l'opposizione della Chiesa. Varie Conferenze Episcopali hanno provveduto all'elaborazione di indicazioni liturgiche per vivere alla luce della fede la memoria dei defunti anche attraverso questa pratica.
Nel 2007 la Conferenza episcopale italiana, attraverso la Commissione episcopale per la liturgia, ha pubblicato un sussidio pastorale che integra il fondamentale rituale per le esequie. Il sussidio si intitola Proclamiamo la tua risurrezione e prevede nel IV capitolo liturgie particolari per i funerali in caso di cremazione. Prendendo come punto di riferimento questo testo ufficiale della Chiesa italiana, possiamo trovare una risposta adeguata alle domande della lettrice. Il rito funebre previsto si compie davanti al corpo del defunto, prima della sua cremazione.
È questa la forma canonica di ogni funerale cristiano, che racchiude nella sua simbologia molti contenuti di fede. Certamente è in gioco la fede nella risurrezione dei morti, come indica la lettrice, che ha perfettamente ragione quando allude a varie situazioni estreme che non possono certamente pregiudicare l'evento e la fede della risurrezione. Ma il primo punto da considerare è il valore del corpo umano, un valore singolare sia dal punto di vista prettamente antropologico che sotto la luce della Rivelazione. Parafrasando Gabriel Marcel, grande filosofo cattolico francese, noi siamo un corpo, piuttosto che avere un corpo. Il corpo è la fondamentale mediazione di ogni persona umana, luogo di ogni relazione. Per questo la dignità della persona umana è onorata anche attraverso i gesti di rispetto e pietà che sono riservati al corpo dei defunti. Nel battesimo i nostri corpi sono divenuti «tempio dello Spirito santo» (cf 1Cor 6,9).
Il Vangelo, infine, attesta la cura mostrata verso il corpo di Gesù, secondo la tradizione ebraica. Per questi e altri motivi fin dall'inizio la fede cristiana ha elaborato gesti e riti che «mentre esprimono il congedo rituale dalla persona amata, aiutano parenti e conoscenti ad affrontare ed elaborare i loro sentimenti» (Sussidio pastorale Proclamiamo la tua risurrezione, p. 115).
In questa prospettiva la sepoltura rimane ancora oggi una scelta preferenziale, che esprime con maggior valenza simbolica i contenuti della fede cristiana. D'altra parte, la cremazione è lecita e non deve essere ritenuta una scelta di valore inferiore, purché non sia richiesta per motivazioni apertamente contrarie alla fede. Il punto critico restano le esequie, cioè quel rito liturgico specifico con il quale la Chiesa prega per il defunto. Secondo l'antichissima tradizione, nel funerale celebrato alla presenza del corpo del defunto, prima della sua sepoltura, risalta il valore simbolico di una comunità radunata nel Signore per intercedere, con gesti di pietà e rispetto, in favore del fratello o della sorella chiamati alla casa del Padre. Eventualmente, i riti funebri si svolgono prima della cremazione, che prende il posto della classica sepoltura.
In via ordinaria, non è previsto dalla liturgia della Chiesa un funerale alla presenza delle ceneri racchiuse in un'urna. Non si vuole dare in questo modo un giudizio di valore sulla cremazione. Si tratta solo di una logica precedenza nella scansione dei riti: il funerale di svolge presente il corpo del defunto, prima che venga sepolto o tumulato o cremato. Ecco perché il sussidio menzionato prevede delle preghiere particolari che il sacerdote pronuncia mentre si colloca l'urna con le ceneri al suo posto nel luogo sacro deputato alla loro conservazione. Sono delle preghiere composte sulla falsariga di quelle tradizionali, pronunciate prima della sepoltura. In circostanze veramente eccezionali (come una morte lontana dalla patria, con una cremazione eseguita prima di riportare ai parenti i resti del defunto), la liturgia prevede il rito di un funerale davanti all'urna cineraria. Ma questa forma liturgica è concessa solo per casi eccezionali e sempre secondo le indicazioni dell'Ordinario del luogo (spesso il vescovo della diocesi). Non pare che la circostanza indicata dalla lettrice rientrasse in una di queste circostanze eccezionali.
Il parroco che ha rifiutato di celebrare un funerale davanti alle ceneri del defunto ha osservato le disposizioni della Chiesa. Forse non è riuscito a mostrare in modo adeguato le motivazioni che le animano e questo ha suscitato la domanda rivolta a questo giornale.
Aggiungo una nota. In ogni caso, appartiene alla fede della Chiesa mantenere luoghi e simboli della memoria, che non siano solamenti individuali, ma che raccolgano la comunità intorno al ricordo dei propri morti. Questi luoghi e forme, fondamentalmente i nostri cimiteri, aiutano a mantenere viva la speranza della risurrezione, che, come sottolinea il sussidio, «non è ostacolata dalle modalità di sepoltura», ma restano sempre una testimonianza simbolica per la speranza di chi ancora resta in cammino verso la casa del Padre.