I dati dell’attivita 2014 della Comunità Giovanni XXIII presentati oggi a BolognaNel 2014 la Comunità Papa Giovanni XXIII ha preso in carico in tuta Italia per una maternità difcile 586 donne.
(Questo dato e i seguenti si desumono dall’analisi del campione di 391 schede compilate dagli operatori dell’associazione che si presume rappresentano verosimilmente i 2/3 del totale).
Di queste 394 erano incinte, le altre con neonati al seguito. Nel 53% dei casi si trattava di donne straniere. Di queste il 49% dall’Africa (il 27% dalla Nigeria), il 35% dall’Europa dell’Est, 8% America Latina, 4% Asia. Diverse sono le strade che hanno portato queste persone a bussare alla porta dell’associazione: i canali principali sono stati quelli informali (conoscenza diretta, parenti, altro) il 28% del totale, da altre associazioni il 41%, le chiamate al Numero Verde per le maternità difficili il 19%, dai Consultori il 5%.
Ben 81 mamme sono state accolte nelle famiglie aperte e Case Famiglia dell’associazione. Sono state così esaudite il 50% delle richieste. Per il 40% dei casi è venuta meno la richiesta di accoglienza dando altre efcaci risposte di aiuto. Nel 3% dei casi la proposta di accoglienza è stata poi rifutata.
E’ aumentato il numero delle donne intenzionate ad abortire che hanno chiesto aiuto: 196. Gestanti indecise se abortire che spesso avevano già il certficato in mano. Un aumento del 32% rispetto all’anno precedente. Il 65% di queste, dopo una proposta di aiuto e di condivisione, ha scelto di continuare la gravidanza.
Riparametrando questo valore ai 107.192 aborti volontari legali del 2012 (ultimo dato definitivo disponibile) emerge che, se questa modalità venisse standardizzata a livello nazionale, il 65% dei bambini, cioè 69.674, vedrebbe la luce. Tra queste gestanti indecise oltre una su 3, precisamente il 37%, è stata fatta oggetto di pressioni o istigata ad abortire. Un dato in crescita rispetto al 2013.
Questo conferma che l’aborto diventa un vero e proprio obbligo sociale. In tanti casi la società dice alla donna che lei quel figlio non lo deve accogliere. Chiunque oggi può permettersi di fare violenze psicologiche e con insistenza imporre, minacciare, ricattare, in certi casi anche fare violenza fsica alla donna perché vada ad abortire sapendo che non subirà conseguenze per questo. In 2 casi su 3 le pressioni nascono dall’ambiente familiare, e precisamente dal partner (marito o molto più spesso il compagno) nel 48% dei casi, dalla famiglia di origine nel 20%, da personale sanitario nel 25%.
Data la vastità del fenomeno la Comunità ha inserito una documentata denuncia sull'istigazione all'aborto nel rapporto sulla situazione dei diritti umani in Italia che ha presentato a marzo 2014 alle Nazioni Unite, in quanto ONG accreditata presso il Consiglio dei Diritti Umani dell'ONU, nell’ambito dell'UPR (Universal Periodic Review) dedicata all'Italia.
Giovanni P.Ramonda, responsabile generale della Comunità, ha commentato: «I dati incoraggiano al proseguimento della‘Preghiera pubblica per la vita nascente’, che continuerà con una metodologia tipicamente nonviolenta. Non solo tutti i bambini che sono uccisi ogni anno hanno diritto di nascere, ma la società ha bisogno di loro per far ripartire la natalità e la ripresa economica».