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Il mio coniuge è mio, ma dov’è il limite?

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Orfa Astorga - pubblicato il 21/05/15
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L’amore autentico permette di appropriarsi di una persona, permettendole liberamente di essere chi è davveroNel matrimonio, gli sposi devono donarsi in modo totale, in un'accettazione reciproca di corpo e anima, ma basandosi sulla libertà di possedere se stessi per donarsi all'altro, perché nessuno dà ciò che non ha o che non vuole.

L'amore autentico permette di appropriarsi di una persona, permettendole liberamente di essere chi è davvero.

Che tipo di possesso è questo, che consiste nella proprietà di qualcuno che è libero e allo stesso tempo è mio?

Il possesso della persona del coniuge ha come condizione la libera donazione in quanto persona. Il possesso tra gli sposi è molto diverso dal possesso delle cose. Lo sposo o la sposa non sono una macchina o un capo d'abbigliamento. Una persona è un essere libero e intelligente che pensa per conto proprio. Non è qualcosa, ma qualcuno, che si dona liberamente a chi vuole.

Nel matrimonio si incorre nell'appropriazione possessiva quando l'altro viene preso solo come un corpo senza considerare che corrisponde a una persona; viene visto solo come oggetto. Gli si impedisce così di donarsi, perché una macchina o un capo d'abbigliamento non possono donare se stessi. Se nell'appropriazione possessiva non si rispetta il corpo dell'altro, men che meno se ne rispettano le opinioni e il modo di pensare e di essere, annichilendolo spiritualmente.

Se si degrada così la persona, un coniuge può donare all'altro ciò che non gli viene riconosciuto e non viene rispettato?

Un caso di vita reale si riferisce a un giovane sveglio, gradevole, di molti calcoli e che si sopravvalutava ampiamente. A questo giovane costava scegliere una fidanzata, perché aveva un tale “manuale” di esigenze che nessuna ragazza sembrava riunire le qualità che lui riteneva di meritare.

Alla fine ha scelto una ragazza più giovane di lui e che gli obbediva in tutto.

Decideva tutto lui perché a suo avviso i suoi criteri erano quelli giusti: i vestiti che lei doveva indossare in base all'occasione; dove, come e cosa mangiare; che libri leggere o che programmi televisivi vedere; che amicizie doveva o poteva avere; quando e di cosa parlare…

La trattava come un possesso, pretendendo che corrispondesse a quella che considerava fosse la sua immagine e somiglianza, credendo che fosse molto felice. Un bel giorno la sua giovane moglie è tornata a casa dei genitori e lui non è riuscito a farla ritornare. Perplesso, non gli è rimasta altra opzione che accettare il dovorzio, mentre lei iniziava a lavorare e si rimetteva a studiare con ferma determinazione.

La sua ex moglie cercava di ritrovare se stessa. Fino a quel momento, egli si era occupato di lei come consulente nutrizionale, padre, professore di lingue e comportamento sociale, capo assoluto del governo familiare con poteri plenipotenziari, direttore spirituale… Aveva rappresentato tutti i ruoli con lei, tranne due molto importanti: amarla per com'era ed essere suo marito.

Si era invece comportato come chi compra al mercato un corpo e lo trasforma in sua proprietà in base all'ideale di donna che ha sempre sognato. Questo è un esempio di appropriazione possessiva. Non aveva capito che sua moglie era libera e che quella libertà andava non solo rispettata, ma potenziata.

Non si tratta di rimodellare o riconfigurare la struttura psichica di una persona in base a quello che il coniuge ritiene positivo. Questo non è amore.

Amare è volere il bene della persona che si ama, ma il bene che uno dei coniugi intende come positivo non deve essere imposto contro la volontà della persona amata. Ogni coniuge è responsabile della crescita personale dell'altro, promuovendone l'intelligenza e la volontà in base alle sue qualità personali, per aiutarlo ad essere autenticamente felice.

Si tratta di un apprendimento vitale dal quale dipende in gran parte la felicità della vita coniugale. Il paradosso è tale che quanto più gli sposi si aiutano a crescere nella reciproca libertà con la dignità di persone, più vivono l'amore reciproco in modo responsabile e impegnato.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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