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Quando don Bosco insegnava ai giovani l’esercizio della buona morte

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Il Timone - pubblicato il 19/05/15
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Uno scandalo per una società che prova in tutti i modi a esorcizzarlada Il giovane provveduto di Don Bosco
 
«Tutta la nostra vita, o miei cari giovanetti, dev'essere una preparazione a fare una buona morte.

Per conseguire questo fine importantissimo giova assai praticare il cosiddetto Esercizio della buona morte, il quale consiste nel disporre in un giorno di ogni mese tutti i nostri affari spirituali e temporali, come se di lì a poco dovessimo realmente morire.

Il modo pratico di fare tale Esercizio è il seguente:

— Fissare per esso un giorno del mese (l’ultimo giorno di ogni mese);

— fare fin dal giorno o dalla sera precedente qualche riflessione sulla morte, che forse è vicina e potrebbe anche sopraggiungere all'improvviso; 

— pensare come si è passato il mese antecedente, e soprattutto se vi è qualche cosa che turbi la coscienza e lasci inquieta l'anima sulla sorte a cui andrebbe incontro se allora dovesse presentarsi al tribunale di Dio; 

— e al domani fare una Confessione e Comunione, come se si fosse veramente in punto di morte.

Siccome poi potrebbe anche succedere che doveste morire di morte subitanea, o per una disgrazia o malattia che non vi lasciasse il tempo di chiamare un prete e di ricevere i Santi Sacramenti, così vi esorto a far sovente durante la vita, anche fuori della Confessione, atti di dolore perfetto dei peccati commessi ed atti di perfetto amor di Dio, perché un solo di tali atti, congiunto al desiderio di confessarsi, può bastare in ogni tempo, e specialmente negli estremi momenti, a cancellare qualsiasi peccato e aprirci il Paradiso.

Vi esorto pure a fare di quando in quando il proposito d'accettare, per amor di Dio, dalle, sue sante mani, qualsiasi genere di morte gli piacerà mandarvi, con tutte le sue angosce, pene e dolori». 

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