“Caritas Day” all’Expo 2015: contro la fame, sostegno ai piccoli agricoltori per adattarsi ai cambiamenti climatici
Cosa hanno in comune la conservazione di sementi autoctone creole in Nicaragua, la distribuzione di capre in Kenya, la creazione di grandi orti in Portogallo per la terapia di recupero dei tossicodipendenti? Fanno parte dell'unica strategia posta in essere dalla Caritas in tutto il mondo per porre fine alla fame entro il 2025 attraverso la campagna "Una sola famiglia umana, cibo per tutti" iniziata nel dicembre 2013 con l'appoggio di papa Francesco. I risultati della campagna sono stati presentati il 19 maggio al "Caritas Day", l'evento inaugurale Caritas all'Expo di Milano dove l'organismo ecclesiale è presente con un proprio padiglione. Alla presenza del nuovo presidente di Caritas internationalis, il cardinale filippino Luis Antonio Tagle, eletto da pochi giorni, e di 174 delegati delle Caritas attive in 85 Paesi, il "Caritas Day" ha riportato l'attenzione di visitatori e istituzioni politiche ed economiche sulla questione della fame nel mondo.
IL DIRITTO AL CIBO
Tra gli obiettivi della campagna, oltre alla formazione dei piccoli agricoltori perchè riescano a sfruttare al meglio la terra di cui dispongono e all'aiuto alle famiglie per avviare attività così da riuscire a nutrire i propri figli, c'è la pressione sui governi per arrivare a normative nazionali che includano il cibo, la corretta e sufficiente alimentazione e l'accesso all'acqua nel nucleo dei diritti dell'individuo. "Siamo qui a Expo – ha affermato Luciano Gualzetti, commissario Caritas in Expo – per portare il tema ai visitatori e agli espositori, perchè ci si possa rendere conto della situazione della malnutrizione e delle strade per combatterla".
LA VOCE DI CHI NON C'E'
I 60 delegati africani, 34 latino americani, 26 asiatici, 15 mediorientali, 11 europei, 8 rappresentati provenienti dall'Oceania, uno dal Nord America hanno portato all'Expo anche la voce dei 22 Paesi che non sono presenti all'esposizione universale di Milano citandoli uno per uno: Antille, Burkina Faso, Ciad, Costa Rica, Cipro, Djibouti, Lesotho, Libia, Malawi, Mauritius, Nuova Zelanda, Nicaragua, Papua Nuova Guinea, Filippine, Portogallo, Porto Rico, Samoa, Sud Africa, Sud Sudan, Swaziland, Taiwan, Tonga.
LA FAME SI PUO' VINCERE
Sebbene la strada sia ancora lunga – nel mondo sono ancora 805 milioni le persone che non hanno cibo sufficiente – combattere la fame nel mondo è un obiettivo raggiungibile e il modo migliore per farlo è aiutare i piccoli agricoltori ad adattarsi ai cambiamenti climatici, tra le prime cause della malnutrizione. Questa è la conclusione a cui è giunta la ricerca realizzata da Caritas Internationalis con il coinvolgimento di 99 Caritas nazionali, rappresentative all'83% della popolazione mondiale. Soltanto un quinto del campione ha risposto che nel proprio paese la sicurezza alimentare è garantita completamente: per la metà lo è solo in parte; per un terzo degli intervistati nel proprio paese le persone non hanno accesso al cibo sufficiente. Nel 2013 sono state oltre 106 milioni le persone che hanno beneficiato dei programmi alimentari della Caritas nazionali. Tra le aree di intervento piu' ricorrenti si trovano la formazione dei contadini (49%), la distribuzione di cibo o di sementi dopo le emergenze (39%) e il sostegno alla nutrizione e alla salute (39%).
UN CIRCOLO VIZIOSO
La ricerca rileva come le conseguenze dell'insicurezza alimentare vadano oltre la malnutrizione: secondo i dati raccolti in 71 paesi, la fame ha impatto sul tasso di criminalità, sul rafforzarsi della corruzione, sulla diffusione non soltanto di malattie legate alla malnutrizione ma anche a disturbi psicologici come la depressione. La necessità di procurare cibo sottrae bambini e ragazzi al sistema scolastico e alla possibilità di determinare un futuro migliore. Non in ultimo, l'insicurezza alimentare può essere alla base dei flussi migratori. Su questo tema è intervenuto in conferenza stampa il cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga, al suo ultimo giorno di incarico alla presidenza della Caritas Internazionale: "La migrazione è un diritto delle persone ma è anche un problema serio soprattutto quando entrano di mezzo le mafie. La soluzione però non è quella militare o di forza, per me la soluzione è aiutare lo sviluppo dei paesi che producono migranti. Ognuno vorrebbe vivere nella terra dove è nato. E' importante che la comunità internazionale torni a ragionare sull'enciclica di Paolo VI: lo sviluppo è il nuovo nome della pace".
CIBO, ACQUA, CLIMA
Nell'area sub sahariana l'insicurezza alimentare è causata soprattutto dai cambiamenti climatici e dalla bassa produttività dell'agricoltura, in Asia dalla difficoltà dei contadini ad accedere alle risorse (terra, credito, sementi), in America Latina dalle speculazioni delle multinazionali dell'agro industria e dalla carenza di infrastrutture, in Medio Oriente e nell'Africa del nord dai conflitti e dalla carenza di acqua pulita. Per i rappresentanti della Caritas nazionali è quindi fondamentale incentivare e sostenere l'agricoltura e in particolare i piccoli contadini. "I risultati dell'indagine – ha commentato il segretario generale della Caritas internationalis, Michel Roy – aprono una finestra sulle lotte dei piccoli agricoltori impoveriti, in particolare nei Paesi in via di sviluppo. La comunità mondiale deve fare di più per combattere fame e malnutrizione".