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Consigli preziosi per educarsi alla maturità affettiva

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Conhecer Católico - pubblicato il 14/05/15
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Ti ritieni una persona matura per amare?L'affettività non è per così dire rinchiusa nel cuore, nei sentimenti, ma permea tutta la personalità.

Sentiamo continuamente ciò che pensiamo e facciamo. Per questo, qualsiasi disturbo della vita affettiva finisce per impedire o almeno per ostacolare la maturazione della personalità come un tutt'uno.

Lo vediamo chiaramente nel fenomeno della fissazione nell'adolescenza o nell'adolescenza tardiva. L'adolescente si caratterizza per un'affettività egocentrica e instabile; questa caratteristica, quando non viene superata nella naturale evoluzione della personalità, può subire una fissazione, mantenendosi nell'adulto. È uno dei sintomi dell'immaturità affettiva.

È significativo verificare come questa immaturità sembri essere una caratteristica della generazione attuale. Nel nostro mondo altamente tecnologico e pieno di progressi scientifici, sono stati compiuti pochi progressi nella conoscenza delle profondità del cuore, e da ciò deriva quello che Alexis Carrel, Premio Nobel per la Medicina, sottolineava nel suo celebre lavoro “L'uomo, questo sconosciuto”: oggi viviamo il dramma di un dislivello allarmante tra il favoloso progresso tecnico e scientifico e l'immaturità quasi infantile per quanto riguarda i sentimenti umani.

Anche nelle persone di alto livello intellettuale si verifica un autentico analfabetismo affettivo: sono individui tronchi, incompleti, mal formati, immaturi; sono preparati a lavorare in modo efficiente, ma sono del tutto incapaci di amare. Questa sproporzione ha conseguenze devastanti: basta notare la facilità con cui le persone si sposano e si lasciano, si uniscono e si separano. Danno l'impressione di far attenzione solo allo strato epidermico dell'amore e non approfondiscono i valori del cuore umano e le leggi del vero amore.

Quali sono, allora, i valori del vero amore? Che significato ha questa parola?

L'amore, in realtà, ha un significato polivalente, così difficile da definire che c'è già stato chi ha detto che l'amore è ciò che si prova quando si ama, e se chiedessimo ciò che si prova quando si ama sarebbe possibile rispondere semplicemente: amore. Questo circolo vizioso si deve a quello che l'insigne medico e pensatore Gregorio Marañón descriveva con precisione: “L'amore è una cosa complessa e varia; si chiamano amore molte cose assai diverse, anche se la loro radice è la stessa”.

La maturità nell'amore

Oggi si considera la soddisfazione sessuale centrata su di sé come l'espressione più importante dell'amore. Non l'intendeva in questo modo il pensiero classico, che considerava l'amore della madre per i figli il paradigma di tutti i tipi di amore: l'amore che preferisce il bene della persona amata al proprio. Questo concetto, attraversando i secoli, ha fatto sì che perfino un pensatore come Hegel, che ha ben poco di cristiano, affermasse che la vera essenza dell'amore consiste nel dimenticare se stessi nell'altro.

Ben diverso è il concetto di amore che si coltiva nella nostra epoca. Sembra che si sia retrocessi a una specie di adolescenza dell'umanità, in cui ciò che conta maggiormente è il piacere. Questo fenomeno ha innumerevoli manifestazioni. Ci riferiremo solo ad alcune di esse:

– Si costruisce la vita sentimentale su una base poco solida: Si confonde l'amore con gli amoretti, l'attrazione sessuale con l'innamoramento profondo. Tutti conosciamo un po' don Giovanni: un maestro nell'arte di conquistare e un fallito al momento di mostrare l'abnegazione che esige ogni amore. Incapaci di un amore maturo, le persone di questo tipo non arrivano mai ad assimilare quello che affermava Montesquieu, ovvero che è più facile conquistare che mantenere la conquista.

– Si divinizza l'amore: “La persona immatura – scrive Enrique Rojas – idealizza la vita affettiva ed esalta l'amore coniugale come qualcosa di straordinario e meraviglioso. È un errore, perché non approfondisce l'analisi. L'amore è un'opera di miglioramento personale durante la quale si scandagliano i difetti propri e quelli del coniuge (…) La persona immatura trasforma l'altro in un assoluto. E questo in genere si paga caro. È naturale che nel corso del fidanzamento esista un abbagliamento che impedisce di far caso alla realtà, fenomeno che Ortega y Gasset ha designato come malattia dell'attenzione, ma è anche vero che la difficile convivenza quotidiana mette ciascuno al proprio posto; la verità affiora senza maschere, e man mano che si dispiega la vita ordinaria appare l'immagine reale” (E. Rojas).

– Nell'immaturo, l'amore resta cristallizzato, come dice Stendhal, in quella fase di abbagliamento, e non approfondisce la versione reale che la convivenza coniugale va svelando pian piano. Quando l'amore è profondo, le divergenze che si scoprono finiscono per essere superate; quando è superficiale, essendo immaturo, provocano conflitti e spesso rotture.

– La persona affettivamente immatura disconosce che i sentimenti non sono statici, ma dinamici. Sono suscettibili di miglioramento e devono essere coltivati nella vita quotidiana. Sono come piante delicate che devono essere annaffiate quotidianamente. L'amore intelligente esige la cura dei piccoli dettagli e un'alta percentuale di artigianato psicologico (E.Rojas).

La persona consapevole, matura, sa che l'amore si costruisce giorno dopo giorno, lottando per correggere i difetti, aggirare le difficoltà, evitare attriti e manifestare sempre affetto.

– Gli immaturi vogliono ricevere più che dare. Chi è immaturo vuole che tutti siano un ingranaggio della macchina della sua felicità. Ama solo perché gli altri lo realizzino. Per lui amare è un modo per soddisfare una necessità affettiva, sessuale, o una forma di autoaffermazione. L'amore finisce per diventare una sorta di colla che attacca gli altri al proprio io per completarlo o ingrandirlo.

Ma quell'amore, che non è altro che una forma trasferita di egoismo, sfocia nella frustrazione. Cerca sempre più di attirare gli altri a sé e gli altri si allontanano progressivamente da lui. Finisce per essere abbandonato da tutti, perché nessuno vuole sottomettersi al suo egocentrismo appiccicoso; nessuno vuole essere solo uno strumento per la felicità altrui.

I sentimenti sono un percorso di andata e ritorno; deve esserci reciprocità. La persona immatura finisce sempre per lamentarsi della solitudine che ha provocato per mancanza di spirito di rinuncia. La nostra società ha dimenticato quasi tutto ciò che è relativo all'amore. Come dice Enrique Rojas, non c'è felicità se non c'è amore, e non c'è amore senza rinuncia. Un segmento essenziale dell'affettività è tessuto di sacrificio. Una cosa che non è di moda, che non è popolare, ma che finisce per essere fondamentale.

Poco tempo fa, un amico, docente di una facoltà di Giornalismo, mi ha riferito un episodio collegato a un suo cugino – estremamente egoista – che si era sposato e separato tre volte. Nel biglietto di Natale, dopo avergli augurato buone feste, questo professore gli chiedeva in quale situazione affettiva si trovasse. Ha ricevuto una risposta scioccante: “Firmo insieme alla mia gatta. Visto che lei non sa firmare, lo fa stampando la sua zampa sul biglietto: sono le sue impronte digitali. Questo animaletto è l'unico che vuole rimanere al mio fianco. È l'unico che mi ama”.

– L'immaturo pretende di introdurre l'altro nel suo progetto personale di vita anziché cercare di contribuire con l'altro a un progetto costruito in comune. La felicità del coniuge, della famiglia e dei figli: è questo il progetto comune del vero amore. Le persone immature non capiscono che la dedizione nei confronti dei figli costituisce un fattore importante per la stabilità affettiva dei genitori. Non hanno neanche assimilato l'idea che per realizzare se stessi devono impegnarsi nella realizzazione del coniuge. Chi non è solidale finisce per essere solitario. O per unirsi a una gattina, di qualunque specie.

Educare all'affettività

Più che mai, al giorno d'oggi bisogna fare attenzione all'educazione all'affettività dei figli e alla rieducazione all'affettività degli adulti. Un'educazione e una rieducazione che devono avere come base quel concetto più nobile dell'amore che abbiamo appena formulato: quello che supera lo stadio dell'amore “che va” – che va e dà piacere – per passare all'amore di compiacenza – che compiace affettivamente – e aprirsi all'amore oblativo di benevolenza – che sa rinunciare e donarsi per il bene dell'altro.

L'amore maturo esige dominio di sé: ascendere dal mondo elementare – immaturo – del mero piacere al mondo razionale e spirituale in cui l'uomo trova la sua piena dignità. Richiede che si canalizzino le inclinazioni naturali sensibili per metterle al servizio della totalità della persona umana, con le sue esigenze razionali e spirituali. Richiede che si conceda alla volontà il suo ruolo principale, libero e responsabile. Chiede che, al di sopra dei gesti e dei sentimenti personali, si valorizzino gli impegni seri reciprocamente assunti… Aaron Beek, nel suo libro “Solo l'amore non basta”, insiste ripetutamente sul fatto che è necessaria la determinazione della volontà per dare consistenza ai movimenti intermittenti del cuore: il mero sentimento non è sufficiente.

L'amore come dono di sé, dice il Catechismo della Chiesa Cattolica, comporta un apprendimento del dominio di sé. Le alternative sono chiare: o l'uomo comanda e domina le sue passioni e ottiene la pace, o si lascia soggiogare da esse e diventa infelice. Questo dominio di sé è un lavoro a lungo termine. Non deve mai essere considerato definitivamente acquisito. Presuppone uno sforzo da riprendere a ogni età.

Questo vuol dire coltivare l'amore. Il più grande degli amori si sgretolerà se non viene perfezionato quotidianamente, in un impegno che nella vita quotidiana si traduce nello sforzo per rallegrarsi delle piccole cose, come il lavoro dell'orefice, fatto con filigrane delicatamente intrecciate ogni giorno, nel compito di migliorare il trattamento reciproco, evitando i particolari che pregiudicano la convivenza.

La convivenza è un'arte preziosa. Esige una serie di diligenze: prestare attenzione abituale alle necessità dell'altro, correggere i difetti, superare i piccoli conflitti perché non sorgano quelli grandi, imparare ad ascoltare più che a parlare, vincere la stanchezza provocata dalla routine, retribuire con gratitudine gli sforzi fatti dall'altro… e soprattutto rinnovare, nelle cose piccole e in quelle grandi, l'impegno di una fedeltà reciproca che esige perseveranza nelle minime esigenze dell'amore, una perseveranza che non gode dei favori di una società edonista e permissivista, inclinata sempre a ciò che dà più gusto e piacere.

Il cuore, dicevamo, non è stato fatto per amoretti, ma per amori forti. Il sentimentalismo è per l'amore quello che la caricatura è per il volto. Alcuni sembrano avere il cuore di gomma da masticare: si attaccano a tutto. Begli occhi, voce dolce, andatura affascinante possono far tremare le basi della fedeltà. Altri sembrano romanzieri inveterati: sentono sempre la necessità di essere coinvolti in qualche romanzetto, reale o immaginario, con loro come eterni protagonisti. Danno l'impressione che la televisione mentale assorba tutti i loro pensieri.

Dobbiamo educare il nostro cuore alla fedeltà. Gli amori maturi sono sempre amori fedeli. Non possiamo avere il cuore di una ballerina. Tenere a bada i sensi – soprattutto la vista – e l'immaginazione deve proteggerci dall'incostanza sentimentale, dal comportamento volatile.

Tutto ciò fa parte di quella che definivamo l'educazione affettiva dei giovani e la rieducazione affettiva degli adulti. Giovanni Paolo II la chiamava l'educazione all'amore come dono di sé; di fronte a una cultura che “banalizza” in gran parte la sessualità umana, perché la interpreta e la vive in modo limitato e impoverito, legandola esclusivamente al corpo e al piacere egoistico, il compito educativo deve rivolgersi con fermezza a una cultura sessuale vera e pienamente personale. La sessualità, di fatto, è una ricchezza di tutta la persona – corpo, sentimento e anima –, e manifesta il suo significato intimo portando la persona al dono di sé nell'amore.

(Fonte: Rafael Llano Cifuentes, A Maturidade, Editora Quadrante, San Paolo 2003)

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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