In Italia la cultura e la politica hanno un atteggiamento conformista, in Europa si aprono spiragli?La settimana inizia così, con Fiorella Mannoia, storica cantautrice di sinistra, che scrive un lungo post contro l'utero in affitto commentando, sulla sua pagina Facebook, il triste mercimonio che coinvolge le donne nepalesi:
(function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = “//connect.facebook.net/it_IT/sdk.js#xfbml=1&version=v2.3”; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, ‘script’, ‘facebook-jssdk’));
L'utero in affitto è l'ennesimo sfruttamento del corpo delle donne povere del mondo. Come se non bastassero gli altri…
Posted by Fiorella Mannoia on Lunedì 11 maggio 2015
E' una buona notizia perché in genere è attraverso anche i messaggi di personaggi dello spettacolo o della cultura che vengono veicolate alcune politiche e in generale, specie a sinistra (e Fiorella Mannoia lo è fieramente) questo è in Italia un tema strettamente connesso all'agenda dei diritti civili e dunque difficilmente messo in discussione. La cosa positiva è che – in generale – il femminismo europeo non è affatto lontano da una netta contrarietà nei confronti della cosiddetta “maternità surrogata”, in nome del rispetto del corpo delle donne e contro la sua mercificazione. Le donne lo sanno e lo dicono.
Un esempio è quello rappresentato dalla coalizione di associazioni femministe provenienti da tutta Europa, tra cui anche diverse sigle che rappresentano collettivi lesbici, che si è formata per portare alla Conferenza dell’AIA un documento molto dettagliato e altrettanto critico sulla pratica dell’utero in affitto e della maternità surrogata. Il documento punta – con le sue 24 pagine di rilievi – a far capire come questa tecnica si avvicini moltissimo ad una moderna forma di schiavitù e analizza i pericoli psicologici a cui si va incontro utilizzando questa forma di maternità (per esempio il fatto che i bambini appena nati siano oggetto di contratti o che in nessun documento o accordo internazionale si parli di diritto ad avere un figlio). Cerca inoltre di mettere in luce le numerose diseguaglianze, sia di natura economica che di natura psico-fisica che questa pratica comporta (Documentazione.info, 10 aprile).
Ma in generale anche giornali dell'establishment progressista come il britannico Guardian (10 maggio) ora si pongono domande su questa pratica che riduce la donna e il suo corpo al mero utero e soprattutto al suo sfruttamento economico. Così come la Mannoia, anche il giornale di Manchester ha aperto gli occhi sulla questione proprio “grazie” al tragico terremoto in Nepal che ha scoperchiato un vaso di Pandora fatto di ricche coppie (tanto gay quanto etero) che grazie ai bassi costi e alle leggi indiane si acconciavano letteralmente a 'comprare' i figli 'prodotti' tramite l'impianto di embrioni. Tutto questo accade perché al di fuori di una ristretta cerchia di donne che altruisticamente portano a termine la gestazione per conto di una coppia che non può farlo, stabilmendo legami affettivi con essi e con il nascituro, così non è nella maggioranza dei casi e il fatto di cercare altrove, a distanza, delle sconosciute che facciano questo è mosso dal disinteresse per il contatto umano e della riduzione della persona a cosa, ma soprattutto dallo sfruttamento di chi è nel bisogno e rischia la salute per pochi spiccioli. E' il mercato bellezza…
Ma anche in Francia il movimento di opinione che si oppone all'utero in affitto non è fatto solo di vecchi bigotti, ma anche di politici e pensatori socialisti e di sinistra come l'ex Premier Lionel Jospin o l'ex Presidente della Commissione Europea Jacques Delors. come riporta la storica Lucetta Scaraffia sulle colonne de L'Osservatore Romano: «L’ultimo numero della rivista francese Le débat contiene una sezione totalmente dedicata al matrimonio omosessuale, e in particolare al destino dei figli che tali coppie vorrebbero allevare come propri. Aprendo un confronto su questo tema, l’autorevole testata laica francese si propone soprattutto di considerarlo un problema antropologico di ampio significato per la società, e non semplicemente un allargamento dei diritti, come vorrebbero i difensori del “matrimonio per tutti”».Secondo Paul Thibaud, filosofo che è stato direttore di Esprit, questa apertura all’approfondimento costituisce di per sé una novità interessante in un panorama in cui si è cercato in ogni modo di soffocare il dibattito, argomentando che con la nuova legge si trattava solo di riconoscere un cambiamento già avvenuto nella società. Thibaud nega che questo sia vero, perché sostiene che qui non si tratta di “riconoscere” le coppie omosessuali nella loro specificità, ma proprio il contrario: far dimenticare che sono diverse (L'Osservatore Romano, 20 luglio 2014).
Solo in Italia il dibattito è fermo, gli intellettuali tacciono, nessuno è capace di prendere posizioni scomode. Magari con la Mannoia qualcosa si muoverà o almeno lo speriamo.