A 24 ore dal voto per il rinnovo del Parlamento inglese i risultati sono più che mai incertidi Stefano Magni
Domani, 7 maggio si vota in Gran Bretagna ed è davvero impossibile fare pronostici su chi sarà il vincitore. Il premier uscente David Cameron, conservatore, può vantare la maggior e più rapida crescita economica dei paesi del G7 (+2,6% del Pil nel 2014), ha rilanciato l’occupazione e ridotto il deficit pubblico, ha sfidato l’indipendentismo scozzese con un referendum e lo ha vinto. Tutti ottimi risultati, che però sono contestati dai Laburisti per il rovescio della medaglia: l’austerity. Che in Gran Bretagna è reale e non solo proclamata: grandi tagli ai benefit e alla spesa sociale. I Laburisti, guidati da Ed Miliband, vogliono infatti tornare a un programma sociale duro e puro, scolpito nella pietra in pubblico, come fossero i Comandamenti: più tasse “ai ricchi”, più regole, maggiore spesa sociale. Per questo, il mondo dell’imprenditoria e della finanza, alla vigilia di questo voto si affida a Cameron, mentre nelle precedenti elezioni era equamente diviso fra Conservatori e Laburisti.
Ma questo rinnovo del Parlamento non va letto solo come la classica battaglia fra Conservatori e Laburisti, bensì come la prime veramente multi-partitica. Già il tradizionale bi-partitismo britannico era stato intaccato nel 2010, con l’affermazione del terzo polo, quello Liberaldemocratico di Nick Clegg. Questa volta i “terzi incomodi” sono molti di più. Ci sono gli indipendentisti scozzesi, dello Scottish National Party, che hanno perso il loro referendum sulla secessione dall’Inghilterra, ma ora rilanciano e mirano a conquistare 50 su 59 seggi nel loro territorio. Avanzano i Verdi, guidati da Natalie Bennett che hanno cessato di essere “di nicchia” e si propongono sulla scena nazionale. E reggono sempre gli euroscettici dell’Ukip, di Nigel Farage, che sfidano i Conservatori da destra. Nelle elezioni europee erano addirittura arrivati ad essere il primo partito, con il 27% dei voti. Ora i sondaggi li danno in calo, il sistema maggioritario a turno unico, contrariamente al proporzionale usato per le europee, li svantaggia, ma i collegi conservatori, soprattutto nell’Est inglese (più esposto all’immigrazione e fronte al Continente) potrebbero essere ancora contesi.
In questo scenario, come si posizionano le chiese del Regno Unito? La Chiesa d’Inghilterra pare privilegiare i temi sociali, quella cattolica il diritto alla vita. Sono queste le bussole che hanno fornito ai loro fedeli per orientarli al voto, senza dare una precisa indicazione su quale partito scegliere. La Chiesa d’Inghilterra, lo scorso febbraio, era entrata in campagna elettorale con toni insolitamente duri, sulla giustizia sociale, contro gli effetti dell’austerity, l’ineguaglianza sociale, l’emarginazione dei deboli. Nella lettera dei vescovi anglicani si affermava addirittura che la democrazia inglese fosse sul punto di fallire, perché la politica era troppo intenta ad occuparsi di “argomenti sterili” e della “ricerca di capri espiatori”. La Gran Bretagna, a loro avviso, sarebbe diventata “una società di estranei”, perché “l’individualismo ha reso estranee le persone le une dalle altre”. Un appoggio incondizionato ai Laburisti? Sicuramente molti fedeli leggeranno così le prese di posizione dei vescovi anglicani e voteranno di conseguenza. Ma quella della chiesa d’Inghilterra va letta anche come un’offerta di dialogo a Cameron, che era stato il primo fra i conservatori a esaltare il valore della “big society” (grande società), la versione conservatrice del welfare, incentrata sul principio di sussidiarietà e della riduzione del carico fiscale. La Chiesa anglicana cita esplicitamente la “big society” concepita da “saggi conservatori” e attinta dalla “più antica tradizione cristiana”. Quindi, questa presa di posizione può essere letta, in un certo senso, come un dibattito interno al mondo conservatore.
Cosa pensa e cosa voterà la minoranza cattolica? Coerentemente con la Dottrina Sociale, sia la Chiesa di Inghilterra e Galles, sia quella di Scozia (dove i cattolici sono maggioranza) chiede cinque promesse fondamentali in quest’ordine: rispettare il diritto alla vita, rispettare la famiglia, aiutare i poveri, potenziare l’educazione, prendersi cura del resto del mondo. In tutti i casi non si tratta di slogan, ma di battaglie incandescenti, a dir poco. Diritto alla vita: la Gran Bretagna è quel paese in cui si può creare un bambino con tre genitori biologici, un “bambino Ogm” che suona sinistramente simile alla pianificazione degli esseri umani immaginata, ottant'anni fa, dallo scrittore (inglese) Aldous Huxley ne Il Mondo Nuovo. E’ un paese in cui l’eutanasia è ancora illegale, ma è già praticata di fatto negli ospedali. Famiglia: le coppie omosessuali hanno ottenuto prima le “civil unions” e poi le hanno chiamate “marriage”, matrimonio, con gli stessi diritti della famiglia. Scuola: in Gran Bretagna si registrano alcuni dei maggiori casi di discriminazione alla rovescia, dove scuole cattoliche prestigiose sono accusate di discriminare “poveri e non-cristiani” e devono battersi in tribunale per difendere la reputazione e la loro stessa sopravvivenza. La London Oratory School, l’istituto frequentato dai figli di Nick Clegg e Tony Blair, è stato assolto dall’infamante accusa appena due settimane fa. Apertura al mondo: i cattolici tirano le orecchie alla tendenza isolana di chiudersi all’Europa e all’immigrazione, due fra le maggiori preoccupazioni degli elettori.
Da che parte potrebbe schierarsi l’elettorato cattolico del Regno Unito, terra natale di Chesterton e Tolkien? Nessuna risposta è scontata, ma è sicuro che il governo a guida conservatrice abbia deluso i cattolici, per il matrimonio gay, per i “bambini Ogm”, per i molti cattolici, soprattutto scozzesi, che odiano le politiche di austerity di Cameron. Laburisti e i Liberaldemocratici, cioè le due maggiori alternative, potrebbero essere ancora più laicisti, su tutti questi fronti. Ma la loro base non ne è altrettanto convinta, come dimostra un recente sondaggio sull’aborto e il diritto alla vita: gli elettori “lib-dem” e laburisti sono mediamente più pro-vita rispetto a quelli dell’Ukip e dei Conservatori. Nelle tradizionali battaglie sull’etica per vincere il cuore e le menti dell’elettorato religioso, dunque, i Conservatori potrebbero essere addirittura “scavalcati a destra” dai loro rivali di sinistra. Merito anche della linea di Cameron che, in un’elezione in cui bastano pochi voti di differenza per vincere, ha scelto di abbracciare le mode in voga in tutto il mondo, rischiando di perdere i suoi veri elettori cristiani.