Così la cultura degli stupefacenti si è insinuata nella nostra societàUn volume agile in tre parti: diritto, biologia, società. Così si presenta il libro “Libertà dalla droga” appena uscito per i tipi di Sugarco e composto a sei mani da tre professionisti. La parte di diritto è stata curata dal magistrato ed ex sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano, quella di biologia dal neuroscienziato Giovanni Serpelloni fino all’aprile 2014 a capo del dipartimento delle Politiche antidroga della presidenza del Consiglio e infine circa gli effetti sociali della proliferazione delle droghe, a cura del sociologo ed esperto di sette dell'OCSE, Massimo Introvigne.
La storia delle leggi è anche storia dei costumi e se negli anni immediatamente successivi all'ondata libertaria del '68 le maglie della legge si sono fatte più lasche rendendo complesso distinguere tra spacciatore e consumatore e soprattutto omettendo la riabilitazione come parte integrante della risposta dello Stato di fronte al tossicodipendente, negli anni '90 qualcosa cambia, probabilmente visti gli eccessi, i morti e il moltiplicarsi dei consumatori. E non sono anni di mera repressione, come ci ricorda il libro:
Non e vero che quella legge ha riempito le carceri di drogati: la maggior parte dei tossicodipendenti che sono finiti in carcere con quella legge ci sono andati perche avevano compiuto rapine, furti o estorsioni, motivati dalla necessita di procurare per se la droga, o perche spacciavano o detenevano quantitativi significativi di stupefacenti. Al contrario, la legislazione del 1990 ha introdotto vie privilegiate e innovative di allontanamento dal circuito carcerario se il tossicodipendente decide di sottoporsi a un percorso di recupero.
L’articolo 89, per esempio, riprendendo una disposizione in vigore gia dal 1985, preclude l’applicazione della custodia cautelare in carcere se il tossicodipendente ha in corso un programma terapeutico di recupero in una struttura autorizzata. L’articolo 90 stabilisce, in caso di condanna a pena complessiva non superiore a tre anni di reclusione, o a quattro in casi particolari, per reati commessi in relazione allo stato di tossicodipendenza, la sospensione della pena per la durata di cinque anni per il condannato che ha avviato il recupero. Il positivo completamento del programma e l’assenza di altri reati nel quinquennio successivo comportano l’estinzione della pena. Un meccanismo del genere ha costituito un incentivo, come e effettivamente accaduto, a intraprendere un percorso terapeutico.
Una legislazione che stava iniziando a funzionare (meno consumo, meno tossicodipendenti, più sequestri) viene sbilanciata e resa monca dal referendum dei Radicali del 1993:
Il quesito referendario aggredisce la norma chiave del DPR n. 309/1990, quell’articolo 75 che, come si e visto, sanziona – se pure sul piano amministrativo – la detenzione finalizzata al consumo personale, e la punisce penalmente se essa supera il quantitativo determinato in base al decreto ministeriale, e le disposizioni a esso collegate. L’impianto legislativo del 1990 viene cosi squilibrato: l’eliminazione del parametro oggettivo e predeterminato della dose media giornaliera, e la costruzione di un sistema in cui la prova della destinazione allo spaccio va ricavata da indizi frutto di esegesi giurisprudenziale, determina difficolta operative per le forze dell’ordine, chiamate a scegliere in pochi secondi se segnalare il caso di volta in volta al prefetto per l’irrogazione della sanzione amministrativa, o all’autorita giudiziaria per l’avvio dell’azione penale, e in quest’ultimo caso se denunciare a piede libero o procedere all’arresto. Il risultato del referendum e che diventa illecita soltanto l’attivita di spaccio, che sia stata sicuramente accertata in quanto tale.
Oggi nel 2015 siamo tornati ai blocchi di partenza se nel 2014 il prof. Luigi Janiri, vicepresidente della sezione dipendenze della Societa italiana di psichiatria, ha dovuto ribadire nel corso dell’audizione svolta il 2 aprile 2014 davanti alle Commissioni riunite Giustizia e Affari sociali della Camera dei Deputati, preliminare all’esame del decreto-legge del governo sulla droga, che:
≪ (…) sulla questione della differenza tra la cannabis e l’alcol. Indubbiamente l’alcol e in grado di determinare effetti nocivi sulla salute sia fisica, sia psichica. E un dato accertato che questo avvenga per dosi progressivamente crescenti di alcol e in un tempo molto piu lungo. L’altra differenza importante rispetto alla cannabis risiede nel fatto che gli episodi acuti psicotici transitori di cui e responsabile la cannabis non si verifichino con l’alcol. Mentre un episodio psicotico transitorio si puo verificare in una persona anche alla prima assunzione di cannabis, non si verifica alla prima assunzione di alcol ≫.
Ulteriore differenza e il tempo di smaltimento:
≪ Una persona che si fuma una canna oggi impiega (…) per eliminarla fino a 15-20 giorni ≫.
Arriviamo così alle questioni legate agli effetti neurobiologici delle cosiddette droghe leggere:
Il consumo di sostanze stupefacenti tra gli studenti, rilevato annualmente dal 2003, evidenzia una progressiva contrazione della prevalenza di consumatori di cannabis fino al 2011, sebbene caratterizzata da una certa variabilita; nel triennio successivo 2011-2013 si osserva una ripresa dei consumatori con prevalenze che raggiungono nel 2014 i valori del 2008.
La cocaina, dopo un tendenziale aumento che caratterizza il primo periodo fino al 2007, segna una costante e continua contrazione della prevalenza di consumatori fino al 2011, stabilizzandosi negli anni successivi, anche se con una certa variabilita. In costante e continuo calo il consumo di eroina sin dal 2004, anno in cui e stata osservata la prevalenza di consumatori piu elevata nel periodo di riferimento, pur rimanendo a livelli inferiori al 2%. Negli ultimi anni il fenomeno si e stabilizzato con un ulteriore lieve calo nel 2014.
Fortunatamente mettendo a confronto il comportamento dei consumatori italiani con il resto d'Europa ci fa dire che i 16enni italiani sono abbastanza virtuosi:
si osserva che l’Italia si attesta attorno al 12° posto per consumo di cannabis e al 10° posto per consumo di cocaina; per quanto riguarda il consumo di eroina, l’Italia si colloca al quinto posto in Europa. Infine, i consumi di amfetamine ed ecstasy si collocano rispettivamente al 19° e al 18° posto, rispetto agli altri Stati europei.
Sebbene in costante – e dunque drammatico – aumento e la legislazione sta cambiando, inducendo un comportamento, proprio mentre siamo di fronte all'arrivo di nuove sostenze: le droghe sintetiche.
Negli ultimi anni si e assistito all’entrata sul mercato di una serie di nuove droghe sintetiche. Queste sostanze vengono messe sul mercato da nuove organizzazioni criminali usando prevalentemente Internet o, in misura minore, ≪ smart shop ≫, pubblicizzandole come sali da bagno, incensi, fertilizzanti, prodotti naturali, erbe mediche, ecc. In realta si tratta di potenti molecole chimiche di sintesi vendute sotto mentite spoglie, delle quali molte volte lo stesso acquirente non conosce l’esatta composizione. Molti di questi prodotti vengono preparati artigianalmente in laboratori fatiscenti e a bassissima qualita igienica e messi in commercio attraverso una pubblicizzazione su siti web specializzati (che il Sistema Nazionale di Allerta Precoce del Dipartimento Politiche Antidroga monitora costantemente), con pagamento tramite carta di credito e spedizione mediante corriere postale. Il fenomeno ha diffusione mondiale anche se, per fortuna, la prevalenza d’uso di queste sostanze e ancora molto bassa in Italia. Questa e la nuova e vera emergenza che, se non fronteggiata, portera allo svilupparsi di un mercato incontrollabile e globalizzato che gia offre, a chi lo richiede, qualsiasi tipo di sostanze sia sintetiche che tradizionali.
Ora il tema è far capire ai politici quello che i medici sanno già:
Il consumo di cannabis ha effetti molto gravi in età adolescenziale: studi recenti confermano che le alterazioni conseguenti all’uso di cannabis alterano la capacita dei neuroni di svilupparsi in maniera appropriata, con il risultato che il cervello di un adulto che da adolescente ha consumato cannabis risulta piu vulnerabile ed esposto all’insorgere di disturbi mentali (depressione, psicosi e disturbi affettivi). Poiche la cannabis e una delle sostanze maggiormente utilizzate dai giovani, diventa importante capire il suo rapporto con la schizofrenia.
Il dramma attuale è che questa cultura della droga è il sottoprodotto di una cultura del relativismo tale che arriva anche a sostenere l'insostenibile per cui:
la legge deve adeguarsi alle preferenze che i cittadini hanno manifestato non a parole o con il voto, ma con il loro comportamento. Diversamente, la legge perde credibilita. Nel dibattito sulle ultime modifiche legislative, l’argomento e stato formulato nel modo piu articolato da Federico Varese – che insegna criminologia nel dipartimento di sociologia dell’Universita di Oxford – in un articolo su La Stampa del 9 gennaio 2014, ma altri si sono prontamente accodati. Scrive Varese: ≪Qualsiasi manuale di sociologia dello Stato spiega che l’apparato di leggi che governano una societa deve corrispondere ai comportamenti individuali piu diffusi≫. E comunque ≪non ha senso≫ criminalizzare percentuali significative, ancorche minoritarie, della popolazione. […] Se le leggi dello Stato debbano adeguarsi ai ≪comportamenti individuali piu diffusi≫, anche quando sono immorali o nocivi al bene comune, o viceversa debbano cercare di correggerli, non e una questione di sociologia ma di filosofia del diritto. La posizione di Varese non deriva da alcun principio sociologico, ma dal relativismo piu assoluto, che e una dottrina filosofica e che quando pretende di diventare legge si fa – secondo l’espressione di Benedetto XVI citata e ripresa anche da Papa Francesco ≪ dittatura del relativismo≫.
Ed è esattamente – e corentemente – così che le culture hippie e libertarie dagli anni '60 in avanti si sono esercitate nella promozione e apologia della droga e del loro uso di massa. Ma perche accadeva – e accade ancora – tutto questo? Com’e possibile perseguire la droga come un bene e uno scopo?
Richard Neville forniva al quesito una risposta estremamente interessante. La droga – scriveva – rende gli uomini ≪capaci di sgusciare dalla camicia di forza della logica aristotelica≫. La citazione di Aristotele (384-322 a.C.) in un tale contesto puo apparire singolare, ma non si tratta d’irrazionale antipatia per il filosofo greco. Dietro l’avversione per Aristotele si nasconde l’avversione per il retto uso di ragione, per l’idea secondo cui esiste una verita, un ordine delle cose oggettivo e immutabile e la ragione e in grado di conoscerlo. La negazione dei principi della logica, a cominciare da quelli di identità e di non contraddizione, corrisponde a una tensione costante nella storia del relativismo e della sua secolare lotta contro la verita. Negato il principio secondo cui ogni cosa e uguale a se stessa, si esclude l’esistenza di verita, leggi, valori immutabili e si afferma che tutto e eroso, corroso, disgregato dalla storia, che tutto quello che oggi e vero domani potrebbe essere falso.
Un percorso contro la ragione per rendere schiava la ragione stessa, sedata e alterata, incapace di confrontarsi col mondo per come è. Questa, in ultima analisi è la sfida della droga ed è la sfida che chi abbia a cuore società e la democrazia stessa deve battersi per fermare o per lo meno ostacolare questa deriva. Il libro “Libertà dalla droga” è un utile manuale, di agile lettura pronto per argomentare e comprendere i termini di questa sfida che non è medica, non è giuridica ma culturale.