Il sud-est asiatico rischia di adottare la pericolosa ideologia wahhabita, afferma Dennis IgnatiusIl tipo di terrorismo islamico che sta causando distruzione in Iraq, Siria, Nigeria e in altri Paesi potrebbe gettare radici nel sud-est asiatico? Dennis Ignatius, ex diplomatico malese, pensa che sia perfettamente possibile, e se succedesse darebbe la colpa al regno dell'Arabia Saudita.
A suo avviso, ci sono già segnali inquietanti di un crescente estremismo nella sua Malesia natale e in altri Paesi della regione: musulmani finora moderati che adottano una visione più rigida dell'islam nei confronti del mondo, dibattiti sull'adozione della sharia (la legge islamica, n.d.t.) e maggiori restrizioni alle manifestazioni pubbliche della religione tra i non musulmani.
Da dove deriva questo trend?
“Gli esperti di sicurezza puntano sempre più all'ideologia wahhabita esportata in modo aggressivo dall'Arabia Saudita come causa principale dell'estremismo nella regione”, ha scritto di recente Ignatius su The Malaysian Insider.
Ignatius, che ha lavorato in vari luoghi, tra i quali Londra, Pechino e Washington, ha parlato con Aleteia della minaccia mondiale rappresentata dal wahhabismo e di cosa si può fare al riguardo.
Nel corso dell'anno passato, un gruppo che si è definito Stato Islamico si è guadagnato i titoli dei giornali per la sua rapida conquista di parti dell'Iraq e della Siria e per il trattamento brutale riservato ai cristiani e ad altri non musulmani. Questa brutalità è una caratteristica dell'islam, come molti in Occidente potrebbero pensare?
Non credo che sia un indice dell'islam di per sé, ma di un'interpretazione molto ristretta, fondamentalista ed estremista dell'islam nota come wahhabismo, a volte come wahhabi-salafismo.
L'islam wahhabita, la religione ufficiale del regno dell'Arabia Saudita, è un'interpretazione realmente virulenta dell'islam che promuove disprezzo, odio, intolleranza e sospetto nei confronti delle altre fedi, delle altre culture e degli altri sistemi di Governo. È una visione del mondo basata su una lotta esistenziale tra l'islam e il resto del mondo, e non c'è posto per il compromesso o l'adattamento. I wahhabiti insistono sul fatto che solo l'islam – e un'interpretazione molto ristretta di questo – è valido, e non c'è spazio per nient'altro. Bernard Lewis, il grande studioso dell'islam, lo ha definito una forma fanaticamente distruttiva di islam. Ed è quello che è. L'ammiraglio James Woolsey, ex direttore della CIA, ha detto che il wahhabismo rappresenta “una minaccia ideologica straordinariamente seria, un movimento totalitario mascherato da religione”.
A mio avviso, questa ideologia è la base di buona parte dell'estremismo islamico che si può vedere nel mondo oggi, ed è il principale responsabile dell'odio e della violenza contro i cristiani, gli ebrei e altri gruppi, e potrei aggiungere anche contro altri musulmani che non condividono la stessa ideologia. Non dimentichiamo che gruppi come lo Stato Islamico e i talebani hanno ucciso più musulmani di chiunque altro. E molti musulmani nel mondo inorridiscono giustamente di fronte a questa interpretazione ristretta, un'interpretazione che ritengono contraria all'essenza della loro fede.
Nel suo articolo, lei ha parlato di “esportazione” dell'ideologia wahhabita in Malesia. Chi c'è dietro questa mossa?
Penso che sia ben chiaro che l'ideologia wahhabita è finanziata, sostenuta ed esportata soprattutto dall'Arabia Saudita. Si stima che dal 1975 i sauditi abbiano investito almeno 100 miliardi di dollari nella loro avventura wahhabita. Mi sono imbattuto in alcune dichiarazioni di studiosi che parlano addirittura di 200 miliardi di dollari. Il wahhabismo viene esportato non solo in Malesia, ma in tutto il mondo. Alcuni resoconti suggeriscono che ad esempio l'80% delle scuole religiose in Pakistan, che hanno fornito molte reclute ai talebani e ad altri gruppi jihadisti, è sostenuto e finanziato dall'Arabia Saudita. I wahhabiti sauditi hanno anche investito in modo consistente per costruire moschee e centri islamici, istituire associazioni studentesche universitarie musulmane, forme di assistenza in carcere ecc. negli Stati Uniti. L'Arabia Saudita ha fondato o cofondato centri islamici in varie grandi città, e ovviamente questi promuovono tutti l'estremismo wahhabita.
E a questo bisogna aggiungere le migliaia e migliaia di studenti di tutto il mondo che frequentano una rete di scuole e università religiose supportate e fondate dai sauditi in cui vengono influenzati ad adottare la visione del mondo wahhabita per essere poi rispediti nei propri Paesi a diffonderla – significa diffondere odio ed estremismo su scala globale.
La dimensione di questo fenomeno è inimmaginabile. Non si è mai visto niente del genere prima. Ed è tutto ben documentato. Ci sono letteralmente centinaia di rapporti di giornali, studi di esperti, dichiarazioni governative e documenti parlamentari al riguardo. Il Congresso degli Stati Uniti, ad esempio, ha realizzato varie audizioni, non solo sulla crescente minaccia wahhabita al mondo, ma anche sull'influenza crescente del wahhabismo negli Stati Uniti. E tutti hanno collegato l'Arabia Saudita a questo fatto.
Il Governo dell'Arabia Saudita è dunque responsabile di questo?
Penso che il Governo dell'Arabia Saudita debba essere ritenuto responsabile. C'è già un chiaro consenso sul fatto che non cambierà nulla – sicuramente non la cultura dell'intolleranza che sta provocando tanta violenza e distruzione associate all'estremismo islamico – fino a che i sauditi stessi non smetteranno di finanziare e sostenere il wahhabismo. In Arabia Saudita non ci sono realtà come le ONG. Sono tutte affiliate o legate al Governo. È quindi un'iniziativa supportata, se non approvata, dal Governo.
Alcuni americani di spicco e altri leader sono stati piuttosto categorici sul legame tra l'Arabia Saudita, il wahhabismo e l'esportazione dell'estremismo: si dice che il generale Wesley Clark, ex comandante alleato in Europa, abbia detto che “i sauditi hanno finanziato per anni l'estremismo”. Hillary Clinton, quando era Segretario di Stato, nel cablogramma del Wikileaks del 2009 parla dei sauditi come della “fonte più significativa di finanziamento dei gruppi terroristici sunniti nel mondo”. Il generale Jonathan Shaw, ex assistente capo alla Difesa delle forze armate del Regno Unito, ha identificato il wahhabismo come la causa principale dell'estremismo islamico, definendolo “la bomba a orologeria finanziata dal denaro saudita”, mentre sempre l'ammiraglio James Woolsey, riferendosi al wahhabismo sostenuto e finanziato dall'Arabia Saudita, lo ha definito “il terreno nel quale sta crescendo il terrorismo islamico”.
Anche le ambasciate saudite sono state direttamente coinvolte nella diffusione in tutto il mondo di alcuni degli esempi di letteratura più estremisti e astiosi, come dimostrano gli studi della Freedom House negli Stati Uniti e della Newcastle University in Gran Bretagna. Credo che ciò a cui stiamo assistendo sia un'alleanza saudita-wahhabita per promuovere questa interpretazione molto ristretta ed estremista dell'islam che, come ha affermato l'ammiraglio Woolsey, è il terreno in cui sta crescendo il terrorismo islamico.
I sauditi sono quindi responsabili? Assolutamente sì. Tutto ciò è già ben documentato, per cui non dovrebbe sorprendere. Ciò che è sorprendente, e perfino scioccante, penso, è che malgrado tutte le prove, malgrado tutte le dichiarazioni da parte di leader di spicco, nonostante tutta la ricerca accademica, i resoconti dei giornali e le audizioni politiche, sia stato fatto ben poco per affrontare i sauditi e mettere un freno alla loro sponsorizzazione ed esportazione dell'estremismo, e questo mi stupisce molto. Tutto quello che posso dire è che suppongo che i sauditi siano ritenuti troppo influenti per opporvisi, ma allo stesso tempo sono diventati anche troppo pericolosi per essere ignorati.
Mi può fare un esempio di come questo si applichi a un caso individuale, locale? Come fa una località a diventare “infetta”?
Tradizionalmente, l'islam in Paesi come Indonesia, Brunei e Malesia è stato sempre moderato, aperto, molto tollerante nei confronti delle altre culture e delle altre fedi. Mi ricordo che da bambino in Malesia uscivo con amici musulmani, induisti, buddisti, cristiani, e non c'era mai alcun problema. Oggi, però, dopo anni di infiltrazioni wahhabite, dopo centinaia di insegnanti, predicatori, esperti di religione formati dai wahhabiti che diffondono la loro ideologia estremista, ci troviamo in una regione assai diversa. Ai musulmani, ad esempio, viene detto di non mischiarsi con i non musulmani, di non augurare nemmeno ai cristiani buon Natale perché ora è ritenuto non islamico. E improvvisamente le croci sui campanili delle chiese sono troppo alti, le luci di Natale sono troppo brillanti, i servizi ecclesiali troppo rumorosi, le Bibbie ritenute sovversive, i gruppi religiosi minoritari sono disprezzati. E allo stesso tempo vediamo l'abbigliamento e la cultura essenzialmente arabi sostituire gradualmente le ricche tradizioni culturali e i ricchi costumi della regione in nome dell'islam. A mio avviso si è vicini a una “saudizzazione” della regione, e questo è distruttivo.
Il Brunei si è già dichiarato uno Stato islamico completo di legge islamica. La Malesia è in preda a un acceso dibattito sull'implementazione della sharia, includendo pene come amputazione, lapidazione e perfino crocifissione. Il fatto che in una Nazione una volta moderata come la Malesia sia in atto una discussione di questo tipo colpisce ed è indicativo dei vasti cambiamenti apportati da oltre trent'anni di infiltrazione wahhabita.
E ovviamente ci sono tutti i gruppi islamici della regione, come Jemmah Islamiyah, Abu Sayyaf, Laskar Jihad e Kumpulun Mujahidin Malaysia, tutti legati al wahhabismo. Abbiamo anche centinaia di giovani musulmani della regione che si recano in Medio Oriente per unirsi ai gruppi jihadisti come lo Stato Islamico. Penso che sia un disastro per la regione, e onestamente temo che se non si farà qualcosa piuttosto urgentemente l'Asia sud-orientale nella quale sono cresciuto, con la sua ricca storia, le tradizioni, le culture e la diversità, diventerà un altro Medio Oriente, pieno di estremismo, violenza e instabilità. Come un cancro, l'estremismo crescerà e aumenterà, consumando tutto ciò che trova sul suo cammino fino a che non verrà fermato.
Vorrei sottolineare, però, che la maggior parte dei musulmani della regione è inorridita da questi sviluppi, e molti lo dicono apertamente e cercano con coraggio di reclamare la neutralità per la loro fede. Devono però affrontare forze molto potenti, e penso che i Governi occidentali, incluso quello degli Stati Uniti, non facciano a se stessi e ai musulmani moderati alcun favore fingendo che il problema non esista o assecondando gli estremisti.
Cos'altro si può fare di fronte a questo problema?
Penso che la maggior parte degli esperti di sicurezza concordi sul fatto che il passo più importante è far sì che i sauditi smettano di finanziare l'estremismo. Senza questo finanziamento, penso che il wahhabismo e la cultura dell'estremismo che diffonde diminuirebbero in modo significativo.
In secondo luogo, i sauditi devono collaborare con la comunità internazionale e con i gruppi islamici moderati per smantellare l'infrastruttura di estremismo che hanno costruito nel corso degli anni. Devono fare cose come modificare il curriculum e i libri di testo, smettere di diffondere questa ideologia estremista, smettere di dare potere all'estremismo.
Il monarca saudita, come custode dei due luoghi più sacri dell'islam, ha una grande influenza, e penso che ora abbia il dovere di assumere la guida nel promuovere l'islam pacifico, moderato e tollerante che lui e molti altri leader musulmani insistono rappresenti la loro religione.
Di tanto in tanto ci sono resoconti di tentativi di permettere la sharia in alcune giurisdizioni negli Stati Uniti e in altri Paesi occidentali. Quale dovrebbe essere la nostra risposta?
Nella provincia dell'Ontario, in Canada, c'era una proposta di sperimentare la sharia, per cui è una questione alla quale bisogna pensare. Dal mio punto di vista, sarebbe assolutamente folle accogliere una simile proposta. Non ci sbagliamo: la sharia, e il sistema di valori che sta dietro, è del tutto incompatibile con i valori democratici, i diritti umani e la dignità umana. Mette la società alla mercè di uomini bigotti e dalla mente ristretta, affermando di interpretare concetti vaghi, mal definiti e altamente discutibili su cui perfino gli studiosi musulmani non possono concordare.
Credo che gli americani e altri farebbero bene a fare attenzione a ciò che ha da dire Paul Marshall della Freedom House sulla sharia – e Marshall ha studiato tutto questo in modo piuttosto approfondito. La sua conclusione è che la sharia porta a una mancanza di giusto processo, a leggi vaghe e confuse e ad applicazione extragiudiziale, punizioni crudeli e inusuali, negazione di uguali diritti per le donne, negazione di uguali diritti per i non musulmani. Marshall ha anche avvertito del fatto che il più grande pericolo di queste leggi è per i principi e i sistemi democratici stessi.
E non dimentichiamo che perfino nei Paesi musulmani i musulmani moderati stanno resistendo coraggiosamente all'imposizione della sharia perché sanno quanto possa essere distruttiva per chiunque. In Malesia un gruppo di musulmani moderati – dipendenti civili, avvocati e leader della società civile in pensione – si è riunito per opporsi all'imposizione della sharia. Penso che sia del tutto inutile, quindi, che le democrazie occidentali accolgano l'idea della sharia in base a qualche nozione errata di favorire i diritti delle minoranze o qualcosa del genere.
A proposito, chiederei una cosa a quanti rivendicano la sharia: avete notato che i Paesi che hanno implementato la sharia sono Stati falliti, Stati deboli o Stati corrotti e autoritari? La sharia, lungi dall'aiutare, ha fatto sprofondare ancor di più quegli Stati nell'abisso dell'intolleranza, dell'odio, della disunione, dell'instabilità e del caos. La mia domanda sarebbe quindi questa: perché un Paese qualsiasi potrebbe voler attirare su di sé un simile disastro?
Credo che lei concordi sul fatto che il wahhabismo si inserisce nella categoria di “islam radicale”, una definizione che usiamo spesso. Ci sono altri tipi di islam radicale che dovrebbero preoccuparci?
Penso che sia preoccupante anche il tipo di estremismo e di intolleranza nei confronti delle altre fedi promosso dai mullah in Iran. Mentre parliamo, molti pastori stanno languendo nelle prigioni iraniane. Anche la comunità Baha'i è stata trattata in modo terribile. Tutto questo, ovviamente, è contrario all'ingiunzione coranica per cui nella religione non ci dovrebbe essere coercizione.
Ad ogni modo, condivido il punto di vista dell'ammiraglio Woolsey e di altri che hanno affermato che il wahhabismo è un pericolo ben più grande di qualsiasi altro perché i sauditi hanno dato potere a questa forma estrema di islam radicale con milioni di dollari e una massiccia infrastruttura.
Vorrei sottolineare ancora una volta che non dobbiamo commettere l'errore di pensare che tutti i musulmani siano radicali e che tutte le moschee siano centri di estremismo. Anche i musulmani moderati sono minacciati dall'estremismo wahhabita e stanno lottando coraggiosamente per reclamare l'interpretazione pacifica e tollerante della loro fede che ritengono sia l'essenza della loro religione.
E penso che dobbiamo sostenerli e stare attenti a non isolarli in alcuna reazione istintiva ai veri estremisti. Concentriamoci sugli estremisti reali, quelli che stanno facendo più danno, quelli che stanno danneggiando le democrazie e le società, ovvero la forma estrema di islam chiamata wahhabismo, sostenuta dall'Arabia Saudita.
[Traduzione dall'inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]