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Spiare di soppiatto il risveglio delle cose

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Paola Belletti - La Croce - Quotidiano - pubblicato il 17/04/15
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Se da quell’oblò contemplassimo il ritmo del nostro tempo che riparte…C'è un momento al mattino che canta. Che incanta. Un momento che, se sei gentile e aspetti un poco, ti fa vedere le cose sussurrate.

Te le mostra sospese e potenti. Prima, prima che ti ricordi di essere un corpo pesante e ti tocca alzarlo. Prima che inizi la sequenza ininterrotta di “Dai bimbe è tardi” fino all'uscita di casa col papà, che le accompagna a scuola.

Prima che mi ricordi e assuma quella posa di afflitta perché il figlio piccolo è ammalato.

Lo sento gorgheggiare dal suo lettino. Ha un timbro di voce così dolce! E quindi soprattutto, sopra a tutto grazie bimbo bello che ci sei!

Il cielo che ora, alle nove, con la casa tornata più quieta, si è fatto opaco, alle sei circa era nitido e canterino, la luce fresca squillava.

E anche se la Marghe era a dormire dai nonni sono quasi sicura avrebbe detto “mamma, c'è un'alba meravigliosa”.

Isabella alle cinque è fuggita dal suo caldo lettuccio ed è arrivata da noi. C'era un orologio nuovo in camera loro e il ticchettio l'ha disturbata. Si è infilata leggera e silenziosa sotto le nostre coperte e mi ha schiaffeggiato con i suoi riccioli biondi – “mamma io li voglio lisci i capelli” protesta di solito da sveglia, ma dormicchiando li lascia splendere così come sono. Biondi, ricci, un po' arruffati. E mi coccola inconsapevole con il suo abbandono di bimba bella e serena.

Prima che sia tardi per temporeggiare, prima di dover obbedire al tempo oggettivo e maschile ci si può abbandonare un poco a quello carnale, femminile e primitivo. Le cose sono lì, sfacciate, e puoi sorriderne.

Dopo, dopo, anche se a breve, ma non ora, dovrai maneggiarle, riordinarle mettere mano ai molti doveri.

Però prima, c'è un prima che così spesso mi lascio sfuggire. Siamo sopravvissuti alla notte, respirando. Inermi in mano a Dio. Siamo stati lì tante o poche ore. La notte, il sonno. Doversi arrendere perché stanchi ha una giustizia che imparo e ricordo, ora.

Siamo sopravvissuti come le cose.

Il sole è sorto ed è lì a compiere il suo giro. Il marito è qui, sonnecchia con me. Poi le sveglie di tutta la casa si fanno insistenti e prima noi adulti poi i più piccoli ci arrendiamo. Bisogna alzarsi.

I movimenti incerti della bimba grande, più che fanciulla, sono come i miei di mamma e come quelli di papà. Spiando me e loro provo tenerezza.

La grande macchina ormai cammina con i contributi vari e collaudati di tutti.

A piano terra ci aspettano pure i gattini, vecchi di soli nove giorni e la loro mamma ragazzina che le prime ore non trovava pace e li trasportava da un nascondiglio all'altro fino al lettino di Ludo. Lì mi sento sicura, diceva con le fusa; e li allattava.

Ora segue noi, ci vuole vicini il più possibile. I micetti sono quattro e si accoppiano per colore; dormono a mucchietti di due. Un mucchietto bianco e arancio e uno bianco e grigio, tigrato.

La vita cammina, la vita insiste, la vita è semplice.

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