Salvatore Mellone ha 38 anni e un male incurabile diagnosticato cinque anni fadi Mauro Pianta
Fede, fame di Dio, fiducia nell'uomo. Salvatore Mellone ha 38 anni, un male incurabile diagnosticato cinque anni fa e ora in fase terminale. Un paradosso tutto umano: bene e male convivono nello stesso corpo, in maniera così forte e resistente che l'uno non riesce a sconfiggere l'altro. Ma una vittoria ieri pomeriggio c'è stata, quella del desiderio più grande di Salvatore Mellone, essere ordinato sacerdote. E così, dopo aver ricevuto i ministeri del Lettorato e dell'Accolitato martedì e l'ordine sacro del Diaconato mercoledì, ieri il seminarista barlettano ha ricevuto il Presbiterato nel corso di celebrazioni eucaristiche nella propria abitazione, in cui ha pronunciato la sua prima benedizione, rivolta a Papa Francesco (che gli aveva telefonato nei giorni scorsi, chiedendogli di rivolgere a lui la sua prima benedizione ndr).
Hanno assistito alla celebrazione quasi 600 persone, accorse nella Chiesa del SS. Crocifisso, dove è stato installato un maxi-schermo. A prendere la decisione dell'ordine presbiterale l'arcivescovo Giovanni Battista Pichierri, il quale ha spiegato che «Salvatore, anche nella malattia, ha vissuto intensamente la sua preparazione al sacerdozio, per cui abbiamo ritenuto opportuno di ordinarlo presbitero, per dare gloria alla SS. Trinità e per l'edificazione del nostro presbiterio e del popolo di Dio. Abbiamo ottenuto il parere favorevole della Congregazione del Clero e del Rettore del Seminario Regionale di Molfetta; i presbiteri diocesani che ho potuto sentire mi hanno confortato con il loro beneplacito. Il sacerdozio ministeriale è un dono. Il diacono Salvatore è stato scelto da Gesù Cristo e secondo il giudizio di coloro che hanno attestato la sua formazione. Il presbitero è il buon pastore del gregge».
La vita di Salvatore Mellone, che lo ha visto anche giornalista e poeta, è giunta così all'apice vocazionale; Don Salvatore è uscito dai territori della sofferenza e ha cominciato un percorso sereno verso la fine della vita terrena, quella a cui ogni essere umano è chiamato a prepararsi ineluttabilmente. Realizzato il progetto di Dio sulla sua persona, Don Salvatore chiude recitando un passo di San Paolo: «Sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né presente, né avvenire, né altezza, né profondità potrà mai separarci dall'amore di Dio». Un amore incondizionato che permea l'essere terreno nella sua perfettibilità; un amore costitutivo della vita celeste, sostanziale e saziante. E così ieri Salvatore, Don Salvatore, ha saziato la sua anima, accompagnato da un'intera comunità che si è commossa con e per lui.