I media amano le storie che contrappongono il bene e il maleNel programma MediaBuzz andato in onda il 5 aprile ci sono stati rari momenti di onestà. Un membro del gruppo dei rappresentanti dei media ha ammesso che se è vero che il 50% del pubblico si considera composto da cristiani, solamente il 10% di coloro che lavorano nel campo dei media si etichetterebbe come tale.
Quasi tutti i partecipanti hanno ammesso di non comprendere i cristiani. Il 10% di credenti probabilmente non è sempre sincero sui propri sentimenti. Anche quando personaggi di spicco ammettono di essere spinti da motivazioni religiose, vengono sempre trattati con scetticismo. Ad esempio, quando Bill O’Reilly ha detto di essere stato ispirato dallo Spirito Santo a scrivere Killing Jesus, la sua intervistatrice Nora O’Donnell di 60 Minutes si è detta incredula. Gli ha chiesto se pensava di essere “il prescelto”, ed è sicuramente inconsapevole del fatto che la media dei cristiani è spesso convinta di essere ispirata dallo Spirito Santo nelle decisioni da prendere.
Questa totale mancanza di comprensione influisce direttamente sul come viene raccontato a livello mediatico il dibattito riguardante il matrimonio e altre questioni che coinvolgono la comunità LGBTQ. Non pensano al fatto che i cristiani potrebbero ascoltare un'autorità più alta rispetto alla sempre mutevole opinione pubblica.
Uno dei relatori ha spiegato che l'approccio al dibattito sul matrimonio è modellato dal desiderio dei colleghi di riferire un “momento Selma” (marcia degli afroamericani per i diritti civili, n.d.t.). Vogliono che nella discussione emerga una chiara battaglia tra il bene e il male. Guardano indietro con invidia al giorno del 1965 in cui su un ponte di Selma, in Alabama (Stati Uniti), le vittime nere di decenni di vita nel degrado delle leggi di Jim Crow hanno sfidato i gas lacrimogeni, i cani e i fucili della polizia razzista. Dato che le telecamere e i fotografi erano lì per registrare tutto, il mondo è cambiato in meglio.
È comprensibile che la generazione di reporter venuti dopo abbia aspirato alla stessa certezza morale, alla stessa chiamata elevata. “Incapace di capire perché alcuni si oppongano alla ridefinizione del matrimonio, hanno deciso di riferire la controversia sul matrimonio come un confronto tra poveri, discriminati della comunità LGBTQ e cristiani bigotti omofobi. Chiudono un occhio sul fatto che nella battaglia attuale sono i proprietari cristiani di piccole attività ad essere stati multati ed esclusi dal business, mentre le coppie dello stesso sesso non hanno avuto problemi a trovare fotografi, fioristi e pasticcieri desiderosi di partecipare alle loro cerimonie.
I cristiani non odiano le persone LGBTQ. La maggior parte di loro ha parenti, conoscenti, colleghi o amici che appartengono a quella comunità, e non negherebbero loro nulla che serva al loro bene ultimo. Credono, tuttavia, che definire una relazione tra persone dello stesso sesso “matrimonio” non promuova il bene ultimo della società in generale o delle coppie in particolare.
Non è che una coppia dello stesso sesso non potrebbe sposarsi (ovvero che non le è permesso), ma non può farlo (non ne ha i requisiti). Gli attivisti LGBTQ non chiedono un vero e propprio matrimonio, ma che la definizione di matrimonio venga modificata, e cambiando la definizione di matrimonio cambia tutto.
Il matrimonio non riguarda solo le parole pronunciate davanti ai testimoni. Per essere valido, deve essere consumato attraverso l'atto maritale. È l'unico atto di intimità che rende i due una sola carne. È l'atto che può portare al concepimento di un bambino che è il prodotto dell'amore dei coniugi e appartiene naturalmente a entrambi.
Due persone dello stesso sesso mancano della complementarietà fisica necessaria per consumare il proprio matrimonio.
Se gli attivisti LGBTQ ritengono che sia ingiusto definire il matrimonio in modo da escluderli necessariamente, non possiamo che obiettare che è la natura stabilire i parametri. Lo Stato può ordinare che i certificati di nascita parlino di “genitore 1” e “genitore 2” anziché di “madre” e “padre”, per cui le coppie omosessuali fingono che un bambino concepito in modo surrogato o con un donatore sia il figlio di due persone dello stesso sesso. Questo non cambia, ad ogni modo, il fatto che da qualche parte il bambino abbia un vero padre biologico o una vera madre biologica. Il bambino saprà di essere stato privato di una relazione con quel genitore, e saprà che questa privazione non è stata provocata dalla tragedia del divorzio, dell'abbandono o della morte, ma dall'atto pianificato, deciso e premeditato delle persone che dovrebbero avere a cuore i suoi migliori interessi.
L'amore vuole ciò che è meglio per le persone amate. Sarebbe facile dire “Lasciate che facciano ciò che vogliono, cosa mi cambia?”, ma i cristiani sono convinti che fingere che due persone dello stesso si possano sposare sia un'illusione che non è nel migliore interesse delle coppie.
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Dale O’Leary è una scrittrice freelance, autrice di The Gender Agenda: Redefining Equality (disponibile in italiano e in spagnolo) e One Man, One Woman. Scrive per numerose pubblicazioni e ha tenuto conferenze in tutto il mondo.
[Traduzione dall'inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]