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I cinque rimpianti più frequenti sul letto di morte

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LaFamilia.info - pubblicato il 14/04/15
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Testimonianza di un’infermiera e scrittrice australianaBonnie Ware è un’infermiera e scrittrice australiana che ha trascorso vari anni della sua vita prendendosi cura dei malati terminali. Di recente ha scritto un libro sulle cinque cose che le persone lamentano maggiormente sul letto di morte. Si tratta delle memorie della sua vita e di come questa sia stata trasformata attraverso gli episodi di pentimento dei malati che ha assistito.

“Per molti anni ho lavorato nel campo delle cure palliative. I miei pazienti erano quelli che erano stati rimandati a casa a morire. Sono stati condivisi alcuni momenti incredibilmente speciali. Sono stata con loro tra le ultime tre e le ultime dodici settimane della loro vita”.

“La gente matura molto quando affronta la propria mortalità. Ho imparato a non sottovalutare mai la capacità di crescita di una persona. Alcuni cambiamenti sono stati fenomenali. Ciascuno di loro ha sperimentato una varietà di emozioni, come era da aspettarsi: negazione, paura, fastidio, rimorso, altra negazione e finalmente accettazione. Ogni paziente, ad ogni modo, ha trovato la sua pace prima di partire, ciascuno di loro”, ha osservato la Ware.

Interpellata sui desideri e sui pentimenti che le persone avevano al momento della morte, ha rivelato sul suo blog i più comuni e quelli che l’hanno colpita maggiormente:

1. Vorrei aver avuto il coraggio di vivere una vita fedele a me stesso, non quella che gli altri si aspettavano da me. Questa è stata la lamentela più comune. Quando le persone si rendono conto che la loro vita sta per terminare e guardano indietro con chiarezza, è facile vedere quanti sogni non si sono realizzati. La maggior parte della gente non aveva realizzato neanche la metà dei propri sogni e doveva morire sapendo che era a causa delle scelte che aveva compiuto, o che non aveva compiuto.

2. Vorrei non aver lavorato tanto. “È una cosa che ho sentito dire da ogni paziente di sesso maschile che ho curato”, ha riferito l’infermiera. “Si sono persi la giovinezza dei figli e la compagnia del partner. Anche le donne hanno parlato di questo rimorso, ma visto che nella maggior parte dei casi appartenevano a una generazione precedente, molte delle pazienti di sesso femminile non erano state la fonte di sostentamento della famiglia. Tutti gli uomini che ho curato hanno lamentato profondamente il fatto di aver trascorso tanta parte della propria vita lavorando”.

3. Vorrei aver avuto il coraggio di esprimere i miei sentimenti. Molte persone hanno soppresso i propri sentimenti per mantenere la pace con gli altri. Come risultato, si sono adattate a un’esistenza mediocre e non sono mai diventate quello che erano capaci di essere. Molte malattie si sviluppano come un risultato collegato all’amarezza e al risentimento che si provano.

4. Mi sarebbe piaciuto essere rimasto in contatto con i miei amici. Spesso le persone non si rendono conto dei benefici dei vecchi amici fino a dopo aver trascorso settimane di convalescenza, e non sempre è stato possibile localizzarli. Molti di loro erano diventati talmente presi dalla propria vita da lasciare che amicizie preziose svanissero con il passare degli anni.

5. Mi sarebbe piaciuto di essermi permesso di essere più felice. È un punto in comune sorprendente. Molte persone non si sono rese conto fino alla fine che la felicità è una scelta. Erano rimaste legate a standard e abitudini antichi. La paura del cambiamento le ha fatte vivere fingendo con gli altri, e con se stessi, di essere felici.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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