Una coalizione di associazioni femministe e di collettivi di lesbiche contro la maternità surrogataUna coalizione di associazioni femministe provenienti da tutta l’Europa, tra cui anche diverse sigle che rappresentano collettivi lesbici, si è formata per portare alla Conferenza dell’AIA un documento molto dettagliato e altrettanto critico sulla pratica dell’utero in affitto e della maternità surrogata. L’associazione capofila arriva dalla Svezia ed è la Swedish Women’s Lobby che ha coinvolto le altre realtà femministe nel tentativo di cercare di arginare la legiferazione di questa pratica considerata dalla varie sigle come una forma di sfruttamento del corpo della donna e una violazione dei diritti umani.
Le obiezioni all’utero in affitto sono molteplici e si basano sulla convenzione della Cedaw ( convenzione Onu contro la discriminazione delle donne ) che già dal 1979 è stata adottata dalle nazioni membro.
Tutte le problematiche riguardo la maternità surrogata e tutte le sue declinazioni , vengono esposte in un documento, in cui si analizzano punto per punto le criticità di questa realtà e che noi abbiamo riassunto in questi 4 punti:
Squilibrio sociale ed economico: presupposti per lo sfruttamento delle donne
Il mercato occidentale si rivolge principalmente alle donne di paesi più poveri per effettuare queste pratiche. Uno studio citato nel dossier, rivela come il 50% delle donne che si mette a disposizione per una maternità surrogata sia completamente analfabeta e si affidi a mediatori pronti ad interpretare per loro i termini legali del contratto, che spesso sono firmati inconsapevolmente. Tutto questo non fa altro che aumentare l’enorme squilibrio che esiste tra compratori e madri surrogate che, accettando queste condizioni, rinunciano di fatto al rispetto dei diritti delle donne sulla maternità.
Maternità surrogata tra altruismo e commercio
Il rapporto mostra che in alcuni paesi quali ad esempio il Regno Unito e gli Stati Uniti, sia legale effettuare questa tecnica grazie alla libera disponibilità delle donne, ma non è possibile dimostrare se dietro questa scelta ci siano pressioni di natura sociale o economica. Per lo più si tratta comunque di persone con una certa disponibilità economica che affittano l’utero di persone meno abbienti.
Conseguenze mediche della pratica
Nel documento vengono analizzate le pericolosità dal punto di vista medico, come il rischio di depressione, incontinenza ed altri gravi disagi. Inoltre viene evidenziato come la pericolosità di alcune pratiche utilizzate per partorire in paesi come l’Indi , metta ancor più in pericolo la vita delle madri e dei nascituri.
Il corpo femminile ridotto a un incubatore
Come associazioni femministe rifiutano fortemente l'idea che porta con se il concetto di utero in affitto: ovvero che le donne possano essere utilizzate come contenitori e incubatori e che la loro capacità riproduttiva possa essere acquistata così come, di fatto, vengono acquistati i bambini appena partoriti.
L’industria delle madri surrogate e l’impatto sul corpo femminile
L’associazione svedese considera inoltre l’impossibilità di stipulare un contratto su una materia di fatto chiaramente illegale poiché sfrutta il corpo femminile e i suoi organi riproduttivi a vantaggio di altri, e si pone inoltre interrogativi sulle decisioni da prendere nel caso in cui la madre surrogata decidesse di recedere dal contratto. Infine le femministe sottolineano l’esistenza di un vero e proprio mercato che gira intorno alla maternità surrogata , creando un volume d’affari sempre maggiore. Tutto ciò contribuisce, secondo il documento firmato da Gertud Astrom (Presidente della Sweedish Women’s Lobby) a rendere il corpo femminile un ‘’contenitore” utile solo ad incrementare le casse di questa nuova industria. I dati sull’utilizzo di questa pratica non sono del tutto chiari dal momento che è impossibile quantificare le cliniche che attuano la tecnica dell’utero in affitto ma, grazie ad uno studio dell’Università di Aberdeen che ha coordinato alcune agenzie internazionali, si è visto come dal 2006 al 2010 sono registrati dati in forte crescita.
Alla confusione sui dati corrisponde una situazione poco chiara anche a livello legislativo nei vari paesi della comunità internazionale , per questo il gruppo European women’s lobby, che coordina le organizzazioni femministe di tutti gli stati membri dell’Ue e conta più di 2000 partner, propone spesso al Parlamento Europeo interrogazioni sulla giungla legislativa a cui si rischia di andare incontro.
La posizione sembra chiara e la gran parte delle organizzazioni appoggia la mozione dell’UE adottata nel 2011 contro lo sfruttamento del corpo della donna .
Proprio grazie a questa costante vicinanza alle istituzioni una lunga serie di associazioni femministe e per i diritti civili tra cui la già citata associazione svedese, la Romanian Women’s Lobby, il CADAC , la Lune (associazione di lesbiche francesi) e il CBC (centro per la bioetica e la cultura) , ha redatto un dossier di 24 pagine in cui si spiega perchè la maternità surrogata dovrebbe essere considerata come una pratica non conforme al rispetto dei diritti umani.
Il documento punta a far capire come questa tecnica si avvicini moltissimo ad una forma moderna di schiavitù e analizza i pericoli psicologici a cui si va incontro utilizzando questa forma di maternità (per esempio il fatto che i bambini appena nati siano oggetto di contratti o che in nessun documento o accordo internazionale si parli di diritto ad avere un figlio). Cerca inoltre di mettere in luce le numerose diseguaglianze, sia di natura economica che di natura psico-fisica che questa pratica comporta.