Crisi della secolarizzazione secondo Ian McEwanLa crisi della secolarizzazione, che prende per molte persone la forma di un forte senso di solitudine e di una perdita di senso della vita, oggi è percepita e narrata — in certi casi quasi gridata — dalla letteratura. Mentre due scrittori francesi di grande successo — Michel Houellebecq ed Emmanuel Carrère — raccontano nella loro ultima opera due casi di ritorno alla fede cattolica falliti, lo scrittore inglese Ian McEwan urla — letteralmente — la sua angoscia in un bellissimo romanzo, La ballata di Adam Henry (Torino, Einaudi, 2014, pagine 208, euro 20).
Il caso è quello classico, una questione biogiuridica di quelle che cominciano a ripresentarsi con sempre maggiore frequenza, e che impongono la scelta fra scienza e religione. Un ragazzo — ancora per poco minorenne — sta morendo di leucemia. Una trasfusione potrebbe salvargli la vita, permettendo la prosecuzione della terapia, ma i genitori la rifiutano per motivi religiosi. Chiamata a decidere della sorte del ragazzo, Adam, è una magistrata in carriera, tanto appassionata del suo lavoro da rinunciare alla maternità e trascurare il suo matrimonio.
Il caso del ragazzo si snoda contemporaneamente alla crisi matrimoniale che lei sta vivendo, e che apre una crepa improvvisa nella sua tranquilla vita di donna benestante e affermata. Si svolge anche contemporaneamente alla sua normale attività di giudice che si occupa di diritto di famiglia, che vede sfilare davanti ai suoi occhi sempre più numerose crisi matrimoniali che la mettono di fronte «alla perversa assurdità delle coppie in fase di divorzio». La sua recente impressione era che le separazioni avessero registrato «un picco delle proporzioni di un’onda anomala, che aveva travolto intere famiglie, disperso proprietà e sogni luminosi, annegato chiunque non fosse provvisto di un poderoso istinto di sopravvivenza. Promesse d’amore abiurate o riscritte, compagni un tempo sereni che si trasformavano in astuti combattenti acquattati dietro i rispettivi avvocati, senza badare ai costi».
Accanto a questa disfatta, il problema di Adam è la sua famiglia unita e amorosa, che aveva ritrovato un senso alla vita e al matrimonio grazie alla conversione a una setta religiosa, i Testimoni di Geova. Salvare la vita del giovane a tutti i costi significa, per il ragazzo e per i suoi familiari, mettere in dubbio questo forte riferimento esistenziale.
Non si tratta di superstizione o tanto meno di circonvenzione da parte degli anziani della setta, ma della fedeltà a chi ha risposto a un bisogno profondo: questo la giudice lo capisce benissimo, e quindi le è chiaro che non bastano le ragioni scientifiche per trovare una sentenza che imponga di scardinare questa convinzione. Proprio per quello vuole incontrare personalmente il ragazzo, e si reca in ospedale, dove trova un punto di contatto profondo con lui — poeta e aspirante musicista — attraverso la musica e la poesia. Sono la musica, e le strofe cantate insieme, che rivelano al ragazzo stesso la sua voglia di vivere, e a lei la ragione per cui deve obbligarlo alla trasfusione.
Nell’inquietudine che lo insegue dopo la guarigione, Adam cercherà insistentemente delle risposte dalla giudice che, salvandolo, ai suoi occhi si è resa interamente responsabile della sua vita. La donna, pur affascinata dal giovane, che riapre nel suo cuore la ferita della maternità negata, fugge da questa responsabilità. Anche perché lei stessa non saprebbe quale risposta dare a una domanda di senso così esigente e profonda.
Si tratta di un romanzo denso di spessore morale: da una parte, l’autore mette in luce il peso che porta chi prende importanti decisioni sulla vita degli altri, cioè decisioni nel campo della bioetica. Dall’altra, rivela il dramma di una società che sa solo distruggere la fede, ma poi non ha risposte da dare alle vere domande che l’esistere come esseri umani ci pone.