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Niente santi, siam francesi

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Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 03/04/15
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La strategia laicista in Francia si arricchisce di nuovi tasselliLa nuova priorità della sinistra francese è “normalizzare” la toponomastica dei comuni di Francia a causa di quel detestabile contrattempo chiamato “storia” e di quella pietra di inciampo chiamata “cristianità”.

L'obiettivo è l'eliminazione di tutti i riferimenti alla cristianità dai Comuni francesi, sono quasi 5000, che nel loro nome hanno il termine “saint”, santo, o “sainte”. A chiedere lo “sbattezzo” è il gruppo di riflessione “Laïcité et République moderne” e curato dal deputato socialista Yann Galut, leader del collettivo “La Gauche forte”, e dalla senatrice ecologista Esther Benbassa, alla guida del microscopico ma influente partito “Pari(s) du Vivre-Ensemble”. Insieme hanno firmato un rapporto e lo hanno inviato al premier socialista Manuel Valls (La Nuova Bussola Quotidiana, 3 aprile).

A rompere meritoriamente il silenzio mediatico è il settimanale Minute, tribuna di riferimento dei milieu identitari francesi di cui Patrick Buisson, il consigliere ombra di Sarkozy durante la campagna muscolare del 2012, fu per anni il direttore.

Come riportato da Il Foglio, il rapporto è il primo atto della “lotta contro l’apartheid territoriale, sociale, etnico” evocata da Valls nel gennaio scorso, che tra le altre cose aveva anche parlato di “frattura semantica” in riferimento a quelle persone, il cui numero secondo il premier sarebbe in perenne aumento, “che non capiscono a cosa rimandano i nomi dei comuni”. E così gli abitanti di Pont-l’Abbé, in Bretagna (Abbé significa abate, NdR), potrebbero sentirsi “insultati”, secondo i difensori della laicità del governo.

Il rapporto – dopo un iniziale cautela – spiega che “Una frazione crescente della popolazione di origine musulmana è scossa dalle appellazioni toponomiche che rappresentano un’epoca arcaica dove l’identità della Francia, tutt’altro che plurale, si definiva esclusivamente sotto il segno di una cristianità trionfante e totalitaria” (Il Foglio, 1 aprile).

Il costo dell'operazione è stimato in circa tre miliardi di euro, ma per l'onore della République e della Revolution, cosa volete che sia?

Ma l'ondata laicista nel paese che fu sì di Voltaire ma anche “figlia primogenita della Chiesa” non è soltanto nelle stanze di governo e parlamento, anche in spazi più profani come quelli della metropolitana di Parigi, che – come spiega La Stampa – ha scelto di censurare l’annuncio di un concerto (nel prestigioso teatro Olympia) di un trio di sacerdoti cattolici. Il manifesto originale recava questa scritta: «Au profit des chrétiens d’Orient». Noi avremmo detto: l’incasso sarà devoluto per aiutare le comunità cristiane d’Oriente. Il manifesto è stato affisso e il concerto è in programma il 14 giugno, ma è scomparsa la scritta con la destinazione dell’incasso. Per quale motivo? Facile: la «regie» pubblicitaria della Ratp, la società che gestisce la metropolitana, ha burocraticamente spiegato che «il metrò è uno spazio laico, dove non sono ammesse prese di posizione né politiche né religiose» (La Stampa, 3 aprile).

Non solo la storia, ma anche un mal concepito senso della convivenza e dell'ospitalità che tende ad annullare unilateralmente il sacro, sì, ma con particolare attenzione e costanza proprio il cristianesimo sta attraversando l'Europa in generale e la Francia – spesso avanguardia di questi movimenti – in particolare, con effetti e fini ancora poco chiari, ma fanno riecheggiare nella memoria pagine molto buie della storia.

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