Il pontefice polacco aveva un progetto pratico per la ChiesaAi commentatori spesso sfugge ciò che ha reso Giovanni Paolo II un genio che ha cambiato il mondo: ha fatto quello che molti ritengono impossibile – ha cambiato la vita quotidiana dell’oltre un miliardo di cattolici che guidava e ha regolato la traiettoria della Chiesa.
Ci è riuscito creando “fatti”, pratiche concrete che hanno trasformato i suoi desideri in realtà. Ecco qualche rapido esempio:
• Non si è limitato a esortare i giovani a riscoprire la propria fede – ha inaugurato le Giornate Mondiali della Gioventù e ha messo in pratica il suo invito.
• Non si è limitato a chiedere alle istituzioni cattoliche di seguire il magistero – ha promulgato un nuovo Catechismo universale, rendendo difficile non farlo.
• Non si è limitato a dire che siamo tutti parti integranti della Chiesa – ha viaggiato in tutto il mondo per dimostrarlo.
• Non si è limitato a chiederci di riscoprire Cristo – ha fatto del 2000 un Anno Giubilare dedicato a Gesù.
Nulla mostra questo stile di leadership più chiaramente dei suoi ultimi cinque anni di vita. Nel 2001 ha riassunto il Grande Giubileo nella sua lettera apostolica Novo Millennio Ineunte (All’inizio del nuovo millennio) e poi ha esortato “vivamente” la Chiesa a seguire la “programmazione” per ricominciare in Cristo.
Non ha chiesto solo un programma. Il pontefice anziano e sofferente ha trasformato instancabilmente le sue richieste in “fatti”. Ecco quattro desideri che ha perseguito negli ultimi anni della sua vita con il suo stile inimitabile.
1) Il papa ha chiesto alla Chiesa di promuovere l’Eucaristia domenicale
La massima priorità di Giovanni Paolo II per la Chiesa era l’Eucaristia domenicale. Non la Messa quotidiana, non il Primo Venerdì, né l’adorazione eucaristica. Per quanto splendide e benefiche siano tutte queste realtà, Giovanni Paolo II considerava la Messa domenicale la chiave di tutto.
Sapeva che l’atto di impegnarsi nella Messa domenicale trasforma. Quando una famiglia decide di andare a Messa la domenica ogni settimana, Dio diventa il suo centro e la sua identità, il suo unico appuntamento non negoziabile, il suo collegamento settimanale al prossimo. Per una famiglia che va a Messa la domenica, Dio è il punto fermo e il vincolo che lega.
Giovanni Paolo II non si è limitato a chiederlo, trascorrendo cinque anni a creare “fatti” per metterlo in pratica. Ha proclamato un Anno dell’Eucaristia, ha scritto un’enciclica e per gli anglofoni ha supervisionato un processo che ha riformato il Messale Romano e ha ritradotto la Messa, attirando i cattolici con novità e autenticità allo stesso tempo.
2) La Confessione
Giovanni Paolo II ha quindi chiesto ai vescovi di avere “fiducia, creatività e perseveranza” per ristabilire il sacramento della riconciliazione nelle loro diocesi.
Quando ha parlato della crisi nella Chiesa nel 2001, intendeva l’abbandono della confessione da parte di molti cattolici, ritenendolo la causa di una crisi del senso del peccato nel mondo. Nella lettera inviata il Giovedì Santo del 2002 ai sacerdoti, ha collegato questo fatto agli scandali che hanno avuto come protagonisti i presbiteri: se un sacerdote vuole offrire l’Eucaristia al suo gregge senza offrire la confessione, è diventato desensibilizzato nei confronti del peccato mortale, e questo comporta un grave pericolo.
Nella sua enciclica eucaristica del 2003, il papa usava un linguaggio formale per chiedere che la regola della Chiesa venisse applicata, sottolineando che “al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale”.
Faceva quindi seguire la sua richiesta da un “fatto”. La seconda Domenica di Pasqua è la domenica in cui il Vangelo racconta la storia dell’istituzione del sacramento della Riconciliazione. Nel 2001 il pontefice ha dichiarato quel giorno Domenica della Divina Misericordia, con un’indulgenza per chi l’osserva e si confessa. Dio e la Chiesa hanno ratificato la sua decisione: è morto la Domenica della Divina Misericordia del 2005, è stato beatificato quel giorno del 2011 e canonizzato quel giorno del 2014.
3) Più preghiera
Nella sezione della lettera dedicata al primato della grazia, San Giovanni Paolo II affermava: “Consentite al Successore di Pietro, in questo inizio di millennio, di invitare tutta la Chiesa a questo atto di fede, che s’esprime in un rinnovato impegno di preghiera”. “Senza Cristo non possiamo fare nulla”, ricordava; non è la “capacità di fare e di programmare” che può trasformare la Chiesa, ma Cristo stesso trovato nella preghiera.
Il papa chiedeva specificatamente la preghiera della Lectio Divina basata sulla Scrittura, promossa anche dal suo successore. “Se si promuove questa pratica con efficacia, sono convinto che produrrà una nuova primavera spirituale nella Chiesa”, ha detto infatti papa Benedetto XVI parlando della Lectio Divina.
Giovanni Paolo II ha poi proseguito con una serie di udienze generali sui Salmi, ma soprattutto ha promosso il Rosario.
Quando gli attentati dell’11 settembre hanno attirato l’attenzione mondiale, il pontefice ha chiesto a tutti i cattolici di recitare ogni giorno il Rosario per la pace.
Poi è arrivato uno dei suoi “fatti” più distintivi: ha creato cinque nuovi misteri del Rosario, suscitando curiosità e iniettando nuovo vigore a questa antica preghiera. Insieme ai nuovi misteri è arrivato l’Anno del Rosario, nel quale ha ripetuto e formalizzato il suo appello a recitarlo quotidianamente.
Ha funzionato: la mia famiglia è una di quelle che si sono impegnate nel Rosario quotidiano per la prima volta in risposta a queste misure papali straordinarie.
4) Servire i poveri
Citando il giudizio universale di cui si legge nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo, Giovanni Paolo II ha chiesto ai cattolici di “scommettere sulla carità”, esortando a “fare in modo che i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana, come a casa loro”. Ha legato questo fatto alla Nuova Evangelizzazione, affermando che “la carità delle opere assicura una forza inequivocabile alla carità delle parole”.
Ancora una volta ha fatto seguire un fatto: ha beatificato Madre Teresa di Calcutta nel 2003, nella domenica dedicata alle Missioni, chiedendo ai cattolici di seguire l’esempio della religiosa, che ha definito “un’icona del Buon Samaritano”. Il papa è morto nel 2005, lasciando degli scritti che sono diventati l’enciclica Deus Caritas Est di papa Benedetto XVI, proponendo Madre Teresa come modello di servizio cristiano e di preghiera.
Nel documento ci sono altre richieste che ha fatto seguire da “fatti” – uno importante è l’ecumenismo -, ma questi quattro sono desideri che noi cattolici laici in particolare possiamo realizzare.
La bellezza di questo “programma” è la sua semplicità. Non serve nulla di complicato. Convincere la gente che la Messa domenicale (il terzo comandamento, dopo tutto) aiuterà la sua famiglia, condividere quale potere di guarigione abbia la confessione, chiedere di recitare il Rosario per la pace nella nostra epoca travagliata e iniziare a servire i poveri.
Queste pratiche di base sono semplici da spiegare, e quando vengono seguite trasformano la vita. Se lo facciamo, diffonderemo un grande rinnovamento religioso.
Quale modo migliore per onorare San Giovanni Paolo il Grande?
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]