Chissà se una gran quantità di solitudine è dovuta all’assenza di poesia?di Robert Morneau*
John Adams (1735-1826), secondo presidente degli Stati Uniti, aveva questa convinzione: “Non sarete mai soli se avrete in tasca un poeta”. Chissà se una gran quantità di solitudine è dovuta all'assenza di poesia, al non aver messo un poeta in tasca nel viaggio della nostra vita rischiosa? E chissà se, giorno dopo giorno, questi bravi scrittori, questi versificatori, non ci sussurrano perle di saggezza ed espressioni di senso, saggezza e umorismo?
Ogni mese, mi metto in tasca un poeta, per paura di essere troppo afflitto dalla solitudine o di perdermi nel cosmo. Loro, quei nobili poeti, indicano la via verso un po' di verità, di bontà e di bellezza. Devo loro tanta gratitudine.
Il mio poeta di gennaio era la Bella di Amherst, Emily Dickinson. Nella sua poesia “If I can stop one heart from breaking” (Se potrò impedire ad un cuore di spezzarsi) (1), trovo un'intera filosofia (o teologia, se volete) di vita: essere per gli altri. Le nostre vite non saranno vane se offriamo quel bicchiere d'acqua fresca, se offriamo ad altri consolazione, se tendiamo le braccia contro il male.
In febbraio, ecco Denise Levertov con la sua poesia “Primary Wonder” (miracoli elementari). Confessa sinceramente che troppo spesso dimentica il mistero della presenza provvidenziale di Dio, distratta da tanti problemi e attività mondane. Ma poi, quando subentra la calma, il mistero riemerge, ed è colma di meraviglia e di stupore per quanto vede con gli occhi dell'anima.
Gerard Manely Hopkins è il mio mentore di marzo. La sua poesia “God's Grandeur” (La magnificenza di Dio) e quella frase potente – “There lives the dearest freshness deep down things” (Nel profondo delle cose vive l'energia più cara) – è una delle righe più grandi della letteratura. E, naturalmente, quella cosa nel fondo più profondo delle cose, è l'amore, il cuore della realtà, la presenza e il dono dello Spirito Santo che porta alla vita.
Il mese di aprile porta sempre alla mente il poeta Edward Estlin Cummings, e, per me, la seconda più bella espressione di tutta la poesia: “The sweet small clumsy feet of April came / into the ragged meadow of my soul” (i dolci piccoli impacciati piedi di aprile sono venuti nell'ombra strappata della mia anima). Per buona parte della mia vita, non pensavo che aprile avesse i piedi e che ci fosse un'ombra strappata nella mia anima. Adesso lo so, e mi rallegro per questo.
Nel gioioso mese di maggio, non c'è di meglio da fare che invitare Mary Oliver a prendere il tè e a farle recitare “The Summer Day” (la giornata estiva). Prima di andarsene, porrà una domanda su di voi, non retorica, una domanda su che cosa pensate di fare delle vostra vita, così selvaggia e così preziosa.
Poi viene l'estate, un tempo per prendersi una pausa dal nostro tempo superoccupato, per sentire il profumo dei fiori e per godere di lunghe, pigre giornate estive. Langston Hughes vi racconterà in “A Negro Speaks of Rivers” (Un nero parla di fiumi) come l'Eufrate, il Congo, il Nilo e il Mississipi hanno reso profonda la sua anima. La suora carmelitana Jessica Powers ci assicura nella sua “The House at Rest” (La casa in riposo) che conquistiamo la nostra libertà con una vita virtuosa, che ci rende capaci di trovare la beatitudine e la pace con abitudini di bontà. Poi, Dorothy Donnelly spiega la magia del sale e delle parole, portando sapore e arguzia nella nostra travagliata condizione umana. “Domestic Magic” (Magia domestica) è una vera sorpresa.
Il poeta di settembre, R.S. Thomas, ci guida nel nostro cammino attraverso la brughiera. Se restiamo in silenzio, sperimenteremo la presenza di Dio nel vento e nei nitidi colori di quel paesaggio. “The Moor” (la brughiera) ci chiama a venerazione e silenzio. Ci offre anche grazie inattese, come pane spezzato che scende su di noi.
La nostra anima cerca la pace. Dove la si può trovare? Wendell Berry, nella sua “The Peace of Wild Things” (la pace delle cose selvagge) la scopre nella creazione di Dio, nella foresta, nei laghi e nelle stelle. L'autunno è una stagione ricca di colori e di bellezza; l'autunno è un momento per tornare in contatto con la natura e con tutte le cose selvagge della creazione. Non possiamo permetterci di attraversare ottobre senza qualche verso.
Poi ci sono i giorni sempre più brevi e deprimenti di novembre. Troppo facilmente ci sentiamo persi e disorientati in questo viaggio umano. C'è qualche segreto che ci aiuti a ritrovare il nostro cammino? David Wagoner ci parla potentemente di “standing still” (restare fermi), di lasciarci trovare piuttosto che girare intorno freneticamente in cerchi disperati. Il segreto sta nel qui e ora. “Lost” (perduto) è una poesia da tenere in tasca.
Ogni dicembre, corro dal mio ex maestro, padre Gordon Gilsdof, che non solo mi ha istruito su come scrivere, ma anche come leggere la poesia. Anzi, lui stesso ha messo mano alla penna e ha scritto una poesia “Lyrics for the Christian”. Ecco l'ultima strofa: I searched God's lexicon To fathom “Bethlehem” And “Calvary”. It simply said: See “Love.” Ho cercato / il lessico di Dio / per tentare di capire “Betlemme” / e “Calvario”. Diceva semplicemente: / Vedi “Amore”. Una poesia in tasca significa che saremo accompagnati ovunque andremo.
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Robert Morneau è stato vescovo ausiliare nella diocesi di Green Bay, Wisconsin, dal 1978 fino alla pensione nel 2013. È autore di diversi libri di poesia, compreso The Color of Gratitude. (1)
If I can stop one heart from breaking Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi
I shall not live in vain non avrò vissuto invano
If I can ease one Life the Aching Se allevierò il dolore di una vita
Or cool one Pain o guarirò una pena
Or help one fainting Robin o aiuterò un pettirosso caduto
Unto his Nest again a rientrare nel nido
I shall not live in Vain non avrò vissuto invano
[Tratto da “ncronline,org” del 24 marzo 2015 (traduzione: www.finesettimana.org)]