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La regina di Francia è lei

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Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 24/03/15
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Il primo turno delle amministrative ha consolidato i risultati di Marine Le Pen e del FN. Ma la paura del fascismo è ancora forte
Domenica 22 si è svolto in Francia il primo turno delle amministrative: l’ex Presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy, che ha riconquistato la presidenza del suo partito nel novembre scorso, ha così vinto le sue scommesse: riportare l’Ump in testa, legittimare la sua posizione di leader del partito di fronte agli sfidanti alle primarie per le presidenziali del 2017, e strappare alla sinistra la maggioranza dei dipartimenti, l’equivalente delle ex province italiane.

L’UMP è giunto infatti in testa con circa il 29% dei suffragi a livello nazionale, grazie all’alleanza elettorale con i centristi dell’Union des Démocrates et Indépendants (UDI); in generale in Francia il blocco delle destre sale al 36% se si considerano le liste “Divers Droite” che si sono presentate separatamente nelle varie circoscrizioni. Il Partito Socialista di François Hollande e Manuel Valls, maggioritario in 61 Dipartimenti (e accompagnato al piccolo Parti de Gauche), è invece sceso al 21% (a fronte del 24 ottenuto nel 2011, ma 14% alle Europee del 2014) alla luce altresì del mancato accordo con il resto della sinistra, Front de Gauche e Verdi in testa, che però hanno fatto flop. Ma la “regina di Francia” è di nuovo Marine Le Pen: il Front National si ferma in seconda posizione con il 25,7%, risultato che le permette di ritoccare al rialzo il precedente risultato delle Europee (24%) ma che smentisce il boom predetto alla vigilia, quando i sondaggi la davano addirittura al 30% proprio davanti all’odiato UMP (Termometro Politico, 23 marzo).

Proprio questa ipotesi messa in campo dai sondaggisti, il primato in Francia di un partito neofascista come il Fronte Nazionale, ha scatenato paure e ansie. Il sistema francese ha nel doppio turno l’antidoto contro gli estremismi e già in queste ore è stata invocata la “soluzione repubblicana”: ai ballottaggi dove è in vantaggio la destra moderata la sinistra voti l’UMP, dove la sinistra è in vantaggio, la destra voti PS. E’ uno schema da sempre in uso Oltralpe, ma finora ha escluso una estrema destra attorno al 10-12% su base nazionale, ormai in Francia il tripartitismo è la regola, con tre forze politiche stabilmente sopra il 20%.

Come diceva del resto, sulle colonne del quotidiano dei vescovi francesi (La Croix, 20 marzo), alla vigilia delle elezioni,
Roger Cukierman è presidente del Conseil représentatif des instituzione juives de France (Crif), cioé l’unione delle comunità ebraiche francesi:
 

La situazione è inedita anche perché la vita politica francese è ormai strutturata in tre poli e perché è sempre più difficile posizionare questi tre poli su un continuum lineare che andrebbe dall’estrema sinistra all’estrema destra. I dirigenti del FN confondono le acque. Acquisiscono e ripetono come dei cucù delle parole, ad esempio laicità. Le strumentalizzano e ne stravolgono il significato. In maniera molto giusta, il segretario di Stato Jean-Marie Le Guen parla a proposito del FN di un progetto “antiliberale” e di un posizionamento “socializzante”. È lucido e onesto. In una Francia irritata, arrabbiata, il FN è un aggregatore di scontenti. Capita che i dirigenti accanto a Marine Le Pen esprimano, sullo stesso argomento, delle posizioni diverse gli uni dagli altri. I simpatizzanti non glielo imputano: ognuno ascolta il messaggio che desidera ascoltare e poco importa se un altro dirigente del FN dice il contrario. Invece di indebolirlo, le incoerenze lo rafforzano e gli permettono di raccogliere più ampi consensi. Il FN non è più un agitatore o una valvola di sfogo, a differenza di quello del XX secolo. Vuole accedere ai vertici dello Stato. Per questo, corteggia diverse categorie di elettori. Gli ebrei francesi sono uno di questi target, non per il loro peso elettorale, che è molto debole, ma perché il loro voto consacrerebbe la sua de-stigmatizzazione, la sua rottura con l’antisemitismo, la sua attenzione democratica per le minoranze all’interno della comunità nazionale.

Abbiamo quindi sentito Marine Le Pen dichiarare nel giugno 2014 a Valeurs actuelles (rivolgendosi agli ebrei francesi) che “il FN sarebbe senza dubbio in futuro la migliore difesa per proteggerli”. So che una minoranza di ebrei è sensibile a questi ammiccamenti. Per quanto mi riguarda, non cambiano niente: il FN è non solo un partito da evitare, ma anche un partito da combattere. C’è un’altra cosa che non è cambiata. Il FN del 2015, come quello del XX secolo, è un partito estremista: vuole una trasformazione radicale della società e dell’economia. Che la loro ispirazione sia nazionalista o marxista o religiosa, tali trasformazioni sono sempre violente, usano dei capri espiatori, riducono le libertà e finiscono in catastrofi.

Ribadendo inoltre che il FN ha il più alto numero di xenofobi e antisemiti tra i propri elettori e soprattuto tra i propri dirigenti ed eletti.

 

 

Nel caso del FN, una vittoria alle elezioni nazionali impoverirebbe la Francia e tutti i francesi, perché chiuderebbe il nostro paese, lo staccherebbe dai suoi partner, lo isolerebbe nel mondo, lo priverebbe di molte esportazioni, allontanerebbe gli investitori e porterebbe ad una distruzione massiccia di posti di lavoro. Nel migliore dei casi, Marine Le Pen si rinnegherebbe, proprio come Alexis Tsipras sta facendo in Grecia, dopo aver promesso la luna. Nel peggiore dei casi, manterrebbe la sua parola, farebbe uscire la Francia dall’euro e la farebbe sprofondare a livelli mai raggiunti.

 

E ribadiva:
 

 

In attesa di progetti, e come fa da tempo alla vigilia delle elezioni, il CRIF invita i francesi ad andare alle urne e a non votare né per il FN né per gli altri partiti estremisti.

 

Ma cosa ne pensano le chiese cristiane in Francia? Una risposta ci viene di nuovo da La Croix che appunto si domanda: Il Front National è diventato un partito come gli altri per le Chiese cristiane?

 

Non per quanto riguarda i contenuti, risponde la maggior parte dei loro responsabili, che ricordano – come François Clavairoly, presidente della Fédération protestante de France (FPF) – che “certi valori sostenuti dal partito di estrema destra non corrispondono ai principi del Vangelo”. Vescovo di Le Havre e presidente del Consiglio famiglia e società della Conferenza episcopale francese, Mons. Jean-Luc Brunin mette in un’unica categoria “tutto ciò che è in contrasto con il bene comune, divide la società e, in fondo, contesta la solidarietà e la fraternità”. “Non si può essere cristiani se si pensa che non si possano avere dei concittadini musulmani”, aggiunge Mons. Michel Dubost, a Évry, presidente del Consiglio per le relazioni interreligiose. Però questi stessi responsabili vedono che il voto per l’estrema destra aumenta tra i loro fedeli. Mentre nel 1985, l’indomani delle elezioni europee in cui il FN aveva raggiunto l’11%, molti vescovi avevano alzato la voce di fronte alle dichiarazioni razziste di Jean-Marie Le Pen – arrivando a condannarle esplicitamente -, oggi alcuni fanno una scelta diversa. “Non dico più niente, perché sarebbe controproducente. Dopo tutto, non siamo noi a fare la legge”, ricorda uno di loro a chi sarebbe tentato di chiedere alle Chiese maggiore fermezza di quanta non ne mostrino i partiti politici o i media. Più che una condanna, alcuni vescovi preferiscono, come Mons. Dubost, “prendere posizione su determinati temi e ricordare ciò che è fondamentale per i cristiani”. “Il FN non ha l’appannaggio dei provvedimenti contrari alla visione evangelica dell’uomo e della società”, rincara poi Mons. Brunin. Il Consiglio da lui presieduto si è chiesto se fosse opportuno intervenire prima della campagna elettorale, ma “la Chiesa non desidera interferire nel gioco politico” (La Croix, 23 marzo).

E in Italia? Siamo in una situazione simile a quella francese?

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