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Ero uno schiavo cristiano dell’ISIS

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John Burger - Aleteia - pubblicato il 24/03/15
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Un ex ostaggio siriano racconta le sue traversie e mette in guardia su un futuro sconfortanteHanno capito subito che era cristiano dal suo nome. Era tutto ciò di cui avevano bisogno per decidere di rapirlo.

“Il tuo nome è molto strano”, ha detto l'uomo musulmano vestito di nero mentre analizzava la carta d'identità dell'uomo. “E allora mi reso conto che avevano capito che ero cristiano”.

L'uomo ha raccontato in forma anonima la sua terribile vicenda a Sulome Anderson del New York Magazine, figlia del giornalista Terry Anderson, che è stato ostaggio in Libano per sette anni.

Nato in Siria, stava tornando a casa dal Libano per far visita alla sua famiglia e ha attraversato 15 checkpoint dell'esercito siriano senza alcun problema, ma quando ha incontrato il Mujahideen Shura Council, un gruppo che poi si è unito all'ISIS, la sua fortuna è finita. Insieme ad altre persone è stato bendato, incatenato, torturato e fulminato. Ad alcuni hanno sparato. Altri, come questo ex prigioniero anonimo, sono stati usati come parte del progetto del gruppo di incrementare la propria ricchezza chiedendo un riscatto alla famiglia.

A suo avviso, gli ostaggi cristiani erano stati apparentemente presi di mira proprio per la loro religione.

“Hanno fatto loro il lavaggio del cervello”, ha detto alla Anderson. “Non sanno niente tranne il fatto che c'è un uomo chiamato emiro, un uomo che è al di sopra di loro. Non Baghdadi [il leader dell'ISIS]; ci sono molti livelli di emiri. Tutto ciò che questi uomini dicono, loro credono sia vero”.

“Gli emiri dicono loro: 'Dio vuole che tu vada e uccida'. Visto che eravamo cristiani, mi hanno detto: 'Avete ucciso dei musulmani nelle crociate'. Un altro mi ha detto che appartenevo all'esercito del papa e che avevo ucciso dei musulmani in Spagna. Abbiamo cercato di dire loro che non era vero, che non eravamo persone del genere. Abbiamo sempre vissuto vicino ai musulmani in pace. Lavoriamo insieme, ci apprezziamo a vicenda. Ma queste persone vogliono che il mondo sia come loro, e uccidono chiunque sia diverso”.

La famiglia dell'uomo alla fine ha raccolto 80.000 dollari per liberarlo, e quando i rapitori “ci hanno buttati nelle strade di Aleppo è stato il sentimento più stupendo che abbia mai provato”.

“C'erano dei soldati dell'Esercito Siriano Libero. Siamo andati da loro e ci hanno portati in una chiesa. Ho visto la croce e ho pensato 'Sono vivo'”.

Ciò che l'uomo ha raccontato alla Anderson sulla situazione attuale nel suo Paese è significativo e triste.

“Non sembra che tutto questo possa avere fine. Non credo che Bashar al-Assad vada da nessuna parte. Sono passati quattro anni ed è ancora lì. Non mi interessa di Assad. Non è un brav'uomo. Ma prima che avvenisse tutto questo, la Siria era bellissima. Lei, come donna, poteva viaggiare per il Paese giorno e notte e passare ogni checkpoint, e nessuno l'avrebbe importunata. Questo non potrebbe mai accadere ora. Siamo diventati come l'Iraq. Saddam non era buono, ma era migliore di quello che è venuto dopo. E nessuno può riportare l'Iraq alla sua situazione precedente. Il popolo siriano ha detto che voleva la libertà. Questa non è libertà. Questo è caos”.

[Traduzione dall'inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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