Essere omosessuali o essere attratti da persone dello stesso sesso non è materia di confessione, mentre lo sono le mancanze contro la castitàSpesso nel nostro rapporto con Dio appaiono sentimenti di indegnità nei suoi confronti. La sensazione immediata è quella di trovarci di fronte alla maestà di un amore incomprensibile per la grandezza e la perfezione che possiede. La nostra piccolezza, la nostra miseria ma soprattutto il peso dei nostri peccati fanno sì che pieghiamo la testa per ripetere come il pubblicano che pregava nel tempio “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Non stupisce, allora, che questo sentimento diventi più evidente e profondo in quei momenti in cui, consapevoli e realmente contriti, ci accostiamo al sacramento della riconciliazione per dire al Padre del cielo: “Signore, ho peccato, abbi misericordia di me…”
Ma cosa succede quando accanto a questi peccati quotidiani si somma una condizione sessuale di carattere particolare e spesso disprezzata dalla maggior parte delle persone? Come agire come penitenti e confessori di fronte a chi si riconosce come omosessuale e, credendo fermamente nella misericordia del Signore, lo vuole ricevere con tutto il cuore e con tutta l'anima?
In primo luogo serve la verità – non solo quella epistemologica, anche quella esistenziale. Dire le cose chiaramente comprendendo ciò che si è senza disprezzo né autoumiliazione per questa condizione. È importante riconoscere che la condizione di figlio di Dio non si perde per via dell'orientamento sessuale, visto che tutto ciò che passa per la nostra natura umana è stato assunto dalla morte di Gesù sulla croce.
Conta anche ciò che si vuole dalla propria vita, quali sono le risorse umane a disposizione per raggiungere i propri obiettivi e come si vede il futuro. Ogni cosa deve essere chiamata con il suo nome, senza volerne cambiare il significato, ma soprattutto senza giustificarsi; questo vale per qualsiasi confessione. Non è necessario dire: “Sono… ma…”. Bisogna riconoscere che la giustificazione viene da Cristo, è lui che lo ha già fatto.
Come confessori siamo chiamati a esercitare la misericordia in modo incondizionato. Chi arriva cerca una parola di incoraggiamento, un'esortazione amorevole e un'accoglienza umana che gli faccia credere che l'amore di Dio è tangibile sulla terra quando siamo capaci di COMPRENDERE; amare è comprendere senza dare giudizi sulle persone.
Come invitiamo qualsiasi eterosessuale a rispettare il proprio corpo come tempio vivo di Dio e a vivere la castità intendendo la sessualità come un dono di Dio che non si condivide con chiunque come se fosse un gioco di intrattenimento, invitiamo chi si accosta al sacramento a vivere castamente la sua vita.
È indispensabile che il penitente, come il confessore, capisca che c'è una differenza tra l'orientamento sessuale, l'identità sessuale e l'esercizio sessuale. L'orientamento (che tipo di persone attrae) e l'identità (come ci si vede, se come uomo o come donna) non sono temi di confessione perché non c'è peccato in essi. L'omosessualità “di per sé” non è un peccato, lo è il suo esercizio. Come ogni eterosessuale è chiamato alla castità, lo è anche l'omosessuale.
A ogni penitente in ogni confessione, qualunque essa sia, si chiede sempre la stessa cosa: che ci sia un desiderio sincero di lottare contro tutto ciò che lega, che almeno quella frase che pronunciamo nell'Atto di dolore – “Propongo, col tuo santo aiuto, di non offenderti più” – sia la frase di lotta spirituale, accettando che nella lotta non si è soli, ma accompagnati dalla Grazia di Dio.
La castità è un dono di Dio e uno sforzo umano, e come tale deve essere chiesta umilmente a Lui, sapendo che se si ricadesse Dio sarà sempre con le braccia aperte per un figlio che cade camminando e lottando. Bisogna aprirsi alla misericordia del Signore, accettare che da soli non si può, che abbiamo bisogno di lui ma soprattutto che ci ama per come siamo e ci invita ad amarci allo stesso modo.
Un buon confessore ascolta con amore, corregge con tenerezza, ma parla sempre con la verità. La condiscendenza e la falsa comprensione non ci possono portare a ingannare questi figli né nessun altro. Dio non giudica l'omosessualità, ma l'esercizio inadeguato della bellezza della sessualità umana.
Se provi un'attrazione per le persone del tuo stesso sesso, non sentirti discriminato né odiato, perché Dio ti ama e ti invita ad aprire le braccia a Lui. Accostati al sacramento e ricevi l'assoluzione.
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]