Persecuzione senza precedenti. Usata in modo strumentale la legge anti-conversione per soffocare le minoranze religiose
In India non si ferma la persecuzione contro i cristiani e non mancano le cariche della polizia contro coloro che protestano nei confronti di questo genere di violenze.
A Haldad, nel Rajasthan, i militanti hanno fatto irruzione nell’abitazione di un cittadino cristiano accusando i presenti di conversioni forzate. Arrestati il pastore pentecostale e il proprietario di casa che sono stati rilasciati solo dopo ore di interrogatorio (In Terris, 13 marzo).
PENE PER LE CONVERSIONI FORZATE
Dal 2008 il Paese è in attesa di ratifica finale una legge anti-conversione, che vorrebbe proibire le conversioni che avvengono “tramite forza, coercizione o frode” e condanna chi le pratica a cinque anni di prigione e ad una sanzione pecuniaria. Tuttavia, questi provvedimenti, già in vigore in Madhya Pradesh, Gujarat, Chhattisgarh e Himanachal Pradesh, vengono usati come strumento politico contro le minoranze, in particolare per frenare le conversioni dall’induismo al cristianesimo.
PRESI A CINGHIATE SU MANI E PIEDI
A fine febbraio, un gruppo di 20 fedeli cristiani di Hyderabad (Telangana) si trovava a Jaipur, in Rajasthan, a distribuire volantini nella Mansarowar Colony. Alcune persone hanno chiamato la polizia, che ha preso i cristiani e li ha portati nella stazione di polizia. Una volta lì, gli agenti li hanno allineati contro un muro e li hanno presi a cinghiate sulle mani e sui polsi (Asianews, 4 marzo).
L’IRRUZIONE DEGLI ESTREMISTI
Sempre a fine febbraio, denuncia Asianews, un altro episodio è avvenuto nel villaggio Kasba Jobat (Alirajpur, Madhya Pradesh). Il reverendo Nobel Emmanuel, pastore pentecostale della comunità locale, stava celebrando il servizio domenicale, quando attivisti dell’Hindu Jagran Manch (Hjm, organizzazione della destra indù) hanno fatto irruzione. Il gruppo radicale ha interrotto il raduno, accusando i presenti di praticare conversioni forzate.
I PERICOLOSI PROGRAMMI DI GHAR WAPSI
Un altro gruppo radicale indù, Vishwa Hindu Parishad (Vhp), attraverso il suo leader Praveen Togadia ha annunciato battaglia: «Continueremo con i programmi di ghar wapsi [riconversioni all’induismo], a meno che il governo non introduca leggi anticonversione a livello nazionale». Le parole di Togadia sembrano ignorare le recenti dichiarazioni rese dal Primo ministro Narendra Modi a difesa della libertà religiosa. Al contrario, si aggiungono alla serie di azioni intraprese dagli ultranazionalisti indù contro le minoranze del Paese: le cerimonie di "ritorno a casa", i ghar wapsi; gli attacchi alle chiese di Delhi.
ACCUSE AI MISSIONARI A DELHI
Come se non bastasse, nei giorni scorsi il Vhp ha attaccato anche i missionari cristiani di Delhi, accusandoli di «presentare false denunce di aggressioni alle chiese. È noto a tutti che i missionari cristiani, sotto il precedente governo, hanno portato avanti campagne maligne e aggressive».
NEL MIRINO ANCHE MADRE TERESA
Non ultime sono piovute da Mohan Bhagwat, leader estremista indù a capo del movimento “Rashtriya Swayamsevak Sangh” (RSS) accuse e disprezzo per l’opera di Madre Teresa di Calcutta, accusandola di «fare proselitismo attraverso il servizio ai poveri». Come appreso da Fides (10 marzo), migliaia di fedeli cristiani hanno reagito marciando in difesa della suora dal sari bianco, invocando la libertà di culto e il “diritto di credere”. Padre M. Chinappa, sacerdote cattolico, ha rimarcato all’agenzia del Vaticano, che «la accuse mosse a Madre Teresa sono false: la suora serviva i poveri per amore verso gli emarginati e i malati, in cui riconosceva il volto di Cristo sofferente, e senza alcun secondo fine».