Le posizioni del mondo cattolico circa il processo Ruby e la condotta morale dell’ex presidente del consiglioCosa dice la CEI
«La legge arriva fino a un certo punto ma il discorso morale è un altro»: lo ha detto il segretario generale della Conferenza episcopale italianae, monsignor Nunzio Galantino, commentando l'assoluzione di Silvio Berlusconi sul caso Ruby. In giornata tuttavia già il giornale dei vescovi con una lettera del suo direttore aveva già messo il quotidiano su una linea di distanza dall'ex Cavaliere. Galantino l'ha difesa: «Avvenire ha preso una posizione coraggiosa che va sostenuta e confermata».
Il segretario dei vescovi, parlando a margine di un convegno sul servizio civile, ha spiegato che la questione non riguarda «solo Berlusconi. Tutte le volte in cui c’è una assoluzione bisogna andare a leggere le motivazioni». Galantino ha citato come esempio la legge sull’aborto per far presente che «se un fatto è legale non è detto che sia morale».
La posizione di Avvenire
Così il direttore Marco Tarquinio rispondendo alle lettere di due lettori del suo quotidiano spiega il punto di vista suo e del giornale:
Un punto che ci sta a cuore da cittadini italiani, e che è stato illuminato, in diverse occasioni, dalle parole alte e chiare dei nostri vescovi sul senso sociale, politico e istituzionale di quanto è venuto via via alla luce in quella vicenda, e sul suo rilievo morale. Parole significativamente (e laicamente) ancorate al dovere sancito dall’art. 54 della Costituzione repubblicana di «adempiere con disciplina e onore» a ogni pubblico ufficio e tanto più al massimo ruolo di governo. Certo, oggi, quest’assoluzione dell’ex-Cavaliere fa riflettere sulle modalità con cui è stato imbastito un processo accompagnato da grandi clamori (anche internazionali) e che ha avuto conseguenze serissime. Ma anche solo per il fatto che un simile processo sia stato possibile, cari amici lettori, è evidente che un’assoluzione con le motivazioni sinora conosciute non coincide con un diploma di benemerenza politica e di approvazione morale (12 marzo).
Ma non è la prima volta che i vescovi censurano l'ex Presidente del Consiglio…
"I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie – diceva il Cardinal Angelo Bagnasco – sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà. Ammorbano l'aria e appesantiscono il cammino comune". "Mortifica dover prendere atto di comportamenti non solo contrari al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui", dice il numero uno dei vescovi. "Non è la prima volta – continua – che ci occorre di annotarlo: chiunque sceglie la militanza politica, deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell'onore che comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda". E ancora: "Si rincorrono, con mesta sollecitudine, racconti che, se comprovati, a livelli diversi rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica". Infine l'affondo: "La collettività guarda con sgomento gli attori della scena pubblica e l'immagine del Paese all'esterno ne viene pericolosamente fiaccata". "Quando le congiunture si rivelano oggettivamente gravi – conclude Bagnasco – e sono rese ancor più complicate da dinamiche e rapporti cristallizzati e insolubili, tanto da inibire seriamente il bene generale, allora non ci sono nè vincitori nè vinti: ognuno è chiamato a comportamenti responsabili e nobili. La storia ne darà atto" (Repubblica, 26 settembre 2011)
Altri commenti
Don Aldo Antonelli, parroco di Antrosano sul suo blog sull'Huffington Post non lascia spazio a dubbi o interpretazioni e attacca frontalmente l'esito processuale e soprattutto le resposabilità morali di Silvio Berlusconi:
“Non fu reato… Ma restano, comunque, i fatti delittuosi e vergognosi per uno statista. Così come resta il ciarpame denunciato dall'allora moglie Veronica Lario: incontri sessuali con giovani ragazze (minorenni e non) e telefonate abusive. E tuttavia mancano le prove della consapevolezza dell'età minorile (come se le si dovessero declamare ai quattro venti….) e l'arma dell'intimidazione e della concussione (come se una telefonata dovesse presentarsi armata di pistola). […] Da parte sua, Silvio Berlusconi confessa di "essersi tolto un macigno dalla coscienza". Evidentemente, per una coscienza formattata sull'onda breve dell'immagine più che sulla lunghezza d'onda dell'essere non contano gli "atti" compiuti ma i "reati" riconosciuti (11 marzo).
Invece Tempi, il settimanale vicino a CL, si concentra sull'aspetto giudiziario, seguendo un atteggiamento garantista, specie nei confronti di una magistratura da tempo considerata politicizzata e partigiana come sarebbe quella della procura di Milano da ormai vent'anni in guerra con Berlusconi:
Silvio Berlusconi ha vinto, ma in realtà ha perso. La VI sezione della Cassazione ha sì confermato l’assoluzione nel processo Ruby, ma, come l’ex presidente del Consiglio è sbottato quando è stato raggiunto dalla notizia, il risultato vero è un altro: «Adesso chi mi risarcisce di questi anni? Della sofferenza e dei danni politici che ho subito?». È stato il Rubygate, infatti, molto più che il processo Mediaset che pure ha portato alla sua decadenza da senatore, a influire sulla sua carriera politica (12 marzo).
Così come c'è chi si pone questo interrogativo…
Sul caso #Ruby i #vescovi gelano #Berlusconi. Ma il giudizio morale su chi fece saltare l'ultimo governo legittimamente eletto, quello no?
— Omar Kamal (@omykamal) 12 Marzo 2015