Le donne nella teologia: l’armonia è tenere insieme il carisma “mariano” con quello “petrino”L'idea di celebrare una giornata della donna si fece strada nel partito socialista americano e si
concretizzò per la prima volta nel febbraio 1909 negli Usa.
L'anno seguente l'iniziativa venne rilanciata a livello mondiale da Clara Zetkin, militante tedesca attivamente impegnata per i diritti delle donne, durante la Conferenza internazionale delle donne socialiste a Copenaghen. Anche se non ci sono documenti aprovarlo, sembra che la data dell'8 marzo sia stata scelta in riferimento a un episodio tragico avvenuto nel i857 inAmerica, quando alcune operaie, chiuse in fabbrica dal padrone perché non partecipassero a uno sciopero, persero la vita a causa di un incendio. Per altri l'origine della data sarebbe da collegarsi a un rogo avvenuto in
una fabbrica di camicie a New York, nel quale persero la vita 134 donne, l'8 marzo 1911. Nel loro libro 8 marzo, una storia lunga un secolo, Tilde Capomazza e Marisa Ombra hanno ricostruito il lungo cammino dell'impegno in vista della promozione della dignità femminile, restituendo importanza a quella data, spesso ridotta a rito celebrativo, e dimostrando in base a una ricca documentazione come a fissare la giornata delle donne all'8 marzo sia stata la Conferenza internazionale delle donne comuniste nel 1921 «per ricordare una manifestazione di donne con cui
si era avviata la prima fase della rivoluzione russa» e che aveva avuto luogo a San Pietroburgo nel 1917. Quali che siano l'origine e la motivazione della scelta, la data dell'8 marzo è divenuta un appuntamento significativo a livello internazionale per far memoria del contributo delle donne alla costruzione di un mondo più umano e civile, pagato a prezzo di innumerevoli sacrifici, e per focalizzare l'attenzione sulla promozione e il rispetto dei loro diritti, spesso oscurati e calpestati, specialmente in alcune aree geografiche e culturali.
L'emancipazione della donna è, in effetti, uno degli aspetti di maggior rilievo del più generale processo emancipatorio dell'età moderna: essa ha investito tanto la sfera sociale, sollecitando il passaggio dal privato al pubblico della partecipazione e della creatività femminile, quanto la sfera personale, rivendicando una gestione della parola e un rapporto con la propria identità anche corporea da parte della donna, che siano retti da un principio di autonomia e non condizionati da situazioni di dipendenza. Nelle sue realizzazioni storiche questo progetto ha non solo prodotto
l'ampliamento effettivo degli spazi di presenza e di partecipazione attiva delle donne nelle diverse espressioni della vita culturale, sociale e politica, ma ha anche avviato processi di nuova consapevolezza in rapporto alle situazioni di oppressione esistenti e alle urgenze di liberazione ad esse connesse.
L'emergenza del «femminile» a livello di coscienza critica e di progettualità trasformatoria si è a sua volta tradotta in prassi liberatrici, che si collegano al più generale processo storico di liberazione degli oppressi. Di particolare interesse è stata la recezione di questo processo in ambito ecclesiale, dove la rinnovata coscienza del femminile si è espressa nelle varie forme della «teologia femminista», proposta come una «teologia dell'integralità» umana e non solo femminile. Si è andata riscoprendo la reciprocità (e non la complementarità, che potrebbe ambiguamente supporre una minore dignità femminile) fra l'uomo e la donna, vista come condizione fondante dell'armonica formazione della persona, e si è sviluppata la denuncia di ogni atteggiamento che releghi la donna a un ruolo regressivo e subordinato. In campo teologico, si è focalizzata l'attenzione su Maria, la madre di Gesù, vista come donna «tutt'altro che passivamente
remissiva o di una religiosità alienante, ma donna che non dubitò di proclamare che Dio è vindice degli umili e degli oppressi e rovescia dai loro troni i potenti del mondo» (Paolo VI). In questa luce, la storia del protagonismo femminile all'interno della comunità cristiana è venuta emergendo in tutta la sua forza: e il ruolo che la donna potrebbe esercitare, tanto a livello di vita consacrata, quanto nelle più diverse espressioni della vita familiare e sociale, si è profilato nella decisiva rilevanza delle sue potenzialità. Grandi figure di teologi hanno sottolineato il bisogno di dare maggior rilievo al «carisma mariano» nella Chiesa, che integra e alimenta lo stesso «carisma petrino» dei pastori (H. Urs von Balthasar).
Questa nuova coscienza ha trovato espressione nella Mulieris dignitatem di Giovanni Paolo II, coraggioso manifesto della dignità e dell'emancipazione femminile, di cui ha offerto una lettura fortemente positiva ad esempio Maria Antonietta Macciocchi, autrice di testi forti e provocatori, quale il suo volume Pour Marx. Ciò che urge è che questa presa di coscienza si traduca in effettivi spazi di partecipazione della donna alla responsabilità e alla decisionalità nella vita tanto della società, quanto della comunità ecclesiale, non in alternativa ad altri ruoli, ma in comunione di reciprocità autentica e feconda. Su quest'orizzonte la strada è aperta ed esige l'audacia di nuovi passi, la cui individuazione spetta
anzitutto alle donne, non senza però un apporto creativo e solidale di tutte le componenti della realtà civile ed ecclesiale. A stimolo di questo impegno si è posto più volte Papa Francesco, non in base a formule ideologiche, ma in nome della ricchezza del mistero cristiano, nel quale il protagonismo femminile è decisivo e centrale, come risulta anche solo dalla considerazione della rilevanza della figura di Maria, la madre di Gesù, donna icona dell'intero mistero cristiano. Il teologo ortodosso Pavel Evdokimov, nel suo libro La donna e la salvezza del mondo (Jaca Book, Milano 1980), offre
un criterio ermeneutico che apre alla ricerca nella forma anche più audace: «Non è la conoscenza che illumina il mistero, è il mistero che illumina la conoscenza. Noi possiamo conoscere solo grazie alle cose che non conosceremo mai» (13). Quanto rivelato dall'Eterno nel suo comunicarsi agli uomini conterrebbe, cioè, molto più di quanto sia stato esplicitato, anche riguardo alla dignità e alla responsabilità femminile. Una voce poetica quale quella di Alda Merini evoca questo abisso in parole di grande intensità..
«Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso / … spaccarono la tua
bellezza / e rimane uno scheletro d'amore/ che però grida ancora vendetta/ e soltanto tu riesci/
ancora a piangere, /poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli, / poi ti volti e non sai ancora dire / e taci
meravigliata / e allora diventi grande come la terra/ e innalzi il tuo canto d'amore»
(A tutte le donne).