Le conclusioni del celebre psichiatra austriaco Rudolf AllersL’austriaco Rudolf Allers è stato un celebre psicologo e psichiatra del secolo scorso, da molti definito “l’anti-Freud” (termine affibbiatogli dal filosofo Louis Jugnet) dato che mantenne sempre verso di lui e verso la psicoanalisi una posizione radicalmente critica. Lavorò per anni con Emil Kraepelin, padre della psicopatologia nonché con Alfred Adler, uno dei fondatori della psicodinamica che inizialmente fu collaboratore di Freud dal quale si separò nel 1912 a causa del dogmatismo estremo del creatore della psicoanalisi e del pansessualismo che in quell’epoca sosteneva.
Allers fu docente di psichiatria nella Scuola di Medicina dell’Università di Monaco, docente di psicologia alla Scuola di Medicina dell’Università di Vienna, dove divenne direttore del Centro di psicologia medica e di Psicologia della sensazione dell’Istituto di Fisiologia, insegnò alla Georgetown University e alla Catholic University of America. Infatti lo psicologo austriaco fu sempre un devoto cattolico, sul blog “Psicologia e cattolicesimo” si può trovare un’ottima biografia e sintesi del suo pensiero.
Proprio in questi giorni, come ha annunciato “Avvenire”, è uscito un libro a lui dedicato: “Rudolf Allers psichiatra dell’umano“ (D’Ettoris 2015), la stessa casa editrice ha già pubblicato “Rudolf Allers. Psicologia e cattolicesimo”. Secondo Roberto Marchesini, autore della prefazione di entrambi i libri, lo studioso austriaco è il più grande psicologo cattolico, superiore anche al connazionale Viktor Frankl (1905-1997), e fu un protagonista della vita culturale del Novecento: entrò in contatto con i maggiori esponenti della filosofia e della psicologia del tempo, ebbe una brillante carriera accademica e conseguì una serie di prestigiosi riconoscimenti.
Allers era fermamente convinto che la psicologia e la psichiatria per essere davvero efficaci dovevano avere una solida base metafisica, fu mentore del teologo Hans Urs von Balthasar e amico di santa Edith Stein. Negli ultimi anni, malato, visse nella casa di cura dell’arcidiocesi di Washington dove le suore trasformarono il solarium in un’aula nella quale gli studenti si accalcavano per seguire ancora le sue lezioni. Morì a Georgetown il 14 dicembre del 1963 all’età di 80 anni con il desiderio irrealizzato di promuovere in America un istituto cattolico di psicologia medica. Un’opera da affidare a «scienziati cattolici laici» che, come confidò all’amico padre Agostino Gemelli, favorissero l’ascesa di un pensiero capace di «opporsi a tutte le tendenze anticattoliche, fra le quali quelle nel campo della psicologia sono particolarmente importanti».
La critica a Freud verteva sulla nevrosi, riteneva infatti che non si trattasse dello scontro tra diversi istinti o tra la pulsione e l’impossibilità di realizzarla come invece sosteneva Freud. Bensì ciò che causava la nevrosi per Allers è l’atteggiamento dell’uomo dinanzi a questo conflitto. La nevrosi, diceva, è la «forma di malattia e aberrazione derivante dalla conseguenza della rivolta della creatura contro la sua naturale mortalità e impotenza». Compito quindi della psicoterapia è quello di farci prendere coscienza della nostra finitezza, rinunciando a un’ingiustificata superbia in nome dell’umile accettazione della realtà, anche quando essa si mostra diversa da come la vorremmo. «Non mi sono sino ad ora mai imbattuto in un caso di nevrosi, che non rivelasse in fondo, un problema metafisico non risolto, come conflitto e problema finale», disse.
E difatti secondo Allers «l’unica persona che possa essere interamente libera dalla nevrosi è quella che passa la vita in una sincera dedizione ai doveri naturali e soprannaturali e che ha costantemente affermato la sua posizione come creatura e il suo posto nell’ordine del creato; in altre parole, al di là del nevrotico c’è solo il santo». Eppure, ripeteva, la strada per battere la nevrosi è meno lontana di quanto si pensi: «Per guarire una nevrosi non è necessaria un’analisi che discenda fino alle profondità dell’inconscio, per tirare fuori chi sa quali reminiscenze, né un’interpretazione che veda le modificazioni o maschere dell’istinto nei nostri pensieri, sogni e atti. Per guarire una nevrosi è necessaria una vera metanoia, una rivoluzione interiore che sostituisca l’umiltà all’orgoglio, l’abbandono all’egocentrismo. Se diventiamo semplici, possiamo vincere l’istinto con l’amore, che costituisce – se gli è veramente dato di svilupparsi – una forza meravigliosa e invincibile».