Il neo-presidente dell’Ucoii, la maggiore organizzazione di musulmani in Italia, in una intervista in cui emerge la sua fede conciliante.
di Roberto Catalano
Incontro
Izzedin Elzir, neo-presidente dell’
Ucoii, a Livorno, a pochi giorni dalla sua elezione. Nativo di Hebron, in Palestina, ma fiorentino di adozione parla con un accento piacevolissimo. E’ davvero,un piacere ascoltarlo. Altro dettaglio significativo, che non può sfuggire, sono i “noi” e “nostra” con le quali sottolinea sempre il suo essere italiano ed il suo appartenere a questo Paese. Da anni
imam di Firenze, leader moderato, molto attento al dialogo interreligioso, si presta con grande disponibilità a rispondere ad alcune domande per
Città Nuova.
Molti in Italia sentono parlare di Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche d’Italia, nata ad Ancona nel 1990; ma forse non si sono mai chiesti cosa davvero essa rappresenti.
«L’Ucoii ha il compito di unire moschee, associazioni, gruppi e centri culturali islamici attivi nel nostro Paese per un coordinamento della realtà islamica a livello nazionale. Lo scopo principale è quello di arrivare ad un’intesa reale a fattiva con lo Stato italiano che, secondo quanto dice la Costituzione e secondo quanto prevede il Concordato, dovrebbe assicurare gli stessi diritti a tutti i cittadini del nostro Paese. Sono previsti, infatti, accordi anche con comunità che professano altre espressioni religiose, che non siano quella cristiana, di larghissima maggioranza in Italia. Noi ci sentiamo parte integrante della società italiana e siamo cittadini italiani, ma abbiamo una fede diversa da quella di moltissimi nostri connazionali.Desideriamo essere cittadini di questo Paese, a tutti gli effetti, come italiani di fede musulmana».
E’ stata una sorpresa essere eletto presidente nazionale dell’Ucoii?
«Devo essere sincero. No! C’era la possibilità concreta di una mia elezione, non posso nasconderlo. Fra l’altro ero già responsabile del Dipartimento informazione e rapporti con la stampa. Ciò che però non mi aspettavo è la convergenza quasi totale sulla mia persona. Non avrei mai pensato di avere un indice di gradimento così alto, che è arrivato da comunità e moschee del Nord e del Sud, dell’Est e dell’Ovest. Ovviamente, questo mi ha fatto un grande piacere anche perchè lo considero come un riconoscimento non solo alla mia persona e al lavoro fatto da me, ma al modello di dialogo che abbiamo aperto qui in Toscana».
Ci può dire di più di questo che lei spesso definisce “modello fiorentino”?
«Si tratta di un’esperienza iniziata ormai da vari anni e molto ben avviata. Abbiamo un colloquio aperto e regolare con la Chiesa cattolica e con la comunità ebraica. Da tempo, ormai, svolgiamo incontri di carattere culturale e religioso per una conoscenza reciproca. Alterniamo il luogo di svolgimento, passando dalla moschea alla sinagoga e ad una chiesa. Ma in Toscana e nel capoluogo l’impegno al dialogo è molto visibile anche a livello istituzionale e civile. Come comunità, per esempio, partecipiamo attivamente alle giornate per la donazione del sangue o a iniziative come “Puliamo il mondo”. Ci teniamo a dare visibilità e consistenza al fatto che siamo cittadini italiani a tutti gli effetti».
Un modello esportabile su scala nazionale?
«C’è la speranza ed anche il desiderio. D’altra parte, non posso nascondere che il terreno toscano è particolarmente fertile in quanto a far nascere e crescere un dialogo fra culture e religioni. Altre zone dell’Italia presentano situazioni senza dubbio più problematiche. A questo punto è chiaro che tocca a noi rimboccarci le maniche, bussare alle porte, lavorare di più. Non dobbiamo aver timore ad essere aperti, partecipando a convegni culturali e civili, facendo notare la nostra presenza ed il nostro impegno. Dobbiamo assicurare una maggiore visibilità che renda credibile i nostri veri obiettivi».
Si può parlare di priorità nella sua presidenza?
«Senza dubbio, penso, dobbiamo lavorare per una ristrutturazione dell’Ucoii e dei membri ed associazioni che vi aderiscono. Si tratta di acquisire maggiore efficacia e, soprattutto, maggiore trasparenza, sia all’interno che all’esterno. Per far questo dobbiamo essere sempre più impegnati sia nel civile che nel sociale ed anche a livello politico. E, ci tengo a sottolinearlo ancora, dobbiamo farlo come cittadini italiani di fede islamica».
Lei è noto per essere vicino anche a movimenti ecclesiali impegnati nel dialogo, come vede il loro ruolo nelle priorità della sua presidenza?
«Nella nostra esperienza fiorentina un aiuto notevole è stato dato fin dall’inizio dai movimenti ecclesiali che sono impegnati sulla linea del dialogo: in particolare
Sant’Egidio e i
Focolari. Con loro abbiamo sempre lavorato in sintonia di intenti e di spirito. Questi movimenti ed altre associazioni possono fare molto nello spirito della fratellanza e dell’amicizia. Tra l’altro queste realtà ecclesiali hanno un impegno a livello mondiale in questo settore. Possono, quindi, contribuire anche all’interno della Chiesa cattolica italiana, che è già molto attiva, ma che può strutturare il suo impegno sempre meglio e con un respiro sempre più ampio».
Sant’Egidio e i
Focolari. Con loro abbiamo sempre lavorato in sintonia di intenti e di spirito. Questi movimenti ed altre associazioni possono fare molto nello spirito della fratellanza e dell’amicizia. Tra l’altro queste realtà ecclesiali hanno un impegno a livello mondiale in questo settore. Possono, quindi, contribuire anche all’interno della Chiesa cattolica italiana, che è già molto attiva, ma che può strutturare il suo impegno sempre meglio e con un respiro sempre più ampio».