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I 12 passi di orgoglio da deplorare secondo un monaco medievale

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mons. Charles Pope - pubblicato il 06/03/15
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A quale passo stai?ensate che l’idea dei 12 passi sia nuova? Se credete di aver avuto un’idea nuova, andate a vedere come la declinavano i greci, o in questo caso guardate come lo facevano i medievali. Nella sua opera I gradi dell’umiltà e dell’orgoglio, San Bernardo di Chiaravalle identificava 12 passi verso il monte dell’orgoglio.

Nel contributo di oggi vorrei concentrarmi sui Dodici Passi dell’Orgoglio. Poi passeremo ai Dodici Passi dell’Umiltà (dalla regola di San Benedetto). Di seguito, elenco brevemente i Dodici Passi dell’Orgoglio offrendo qualche commento (i commenti sono opera mia, non prendetevela con San Bernardo).

Notate come i dodici passi diventino progressivamente più seri e portino allla fine alla schiavitù del peccato. I passi tendono a costruirsi l’uno sull’altro, iniziando dalla mente, spostandosi verso il comportamento e poi agli atteggiamenti sempre più gravi dell’arroganza, finendo per produrre ribellione e schiavitù. Perché se non si serve Dio, si serve Satana.

Dodici sono i passi che portano al monte dell’orgoglio. Considerateli come sintomi in escalation:

1. Curiosità: Anche se c’è una curiosità sana, spesso scaviamo in cose alle quali non dovremmo avvicinarci: questioni personali di altre persone, fatti privati, situazioni peccaminose e così via. Ciò che collega questa curiosità all’orgoglio è il fatto che spesso pensiamo erroneamente di avere il diritto di sapere certe cose, e quindi guardiamo in modo superbo e indiscreto a cose che non ci riguardano: cose che non dovremmo sapere o che sono inopportune e ci distraggono da noi stessi, o che forse non sappiamo gestire in modo adeguato. Ma mettendo da parte tutta la cautela, e con un certo senso di orgoglio e privilegio, carpiamo, ci intromettiamo e guardiamo a cose che non ci riguardano, come se avessimo il diritto di farlo. Questa è una curiosità riprovevole.

2. Frivolezza: Occupare la mente con pensieri inappropriati è un’abitudine che tende ad aumentare, e alla fine trattiamo con leggerezza anche questioni più importanti. Anche in questo caso, sono importanti un ragionevole senso dell’umorismo e qualche stacco ricreativo. Una piccola canzonatura sullo sport o sulla cultura pop può fornire un diversivo momentaneo rilassante.

Troppo spesso, però, quello che facciamo è solo questo, e mettiamo orgogliosamente da parte questioni sulle quali dovremmo essere seri perseguendo solo cose passeggere. Ignorando cose serie che appartengono all’eternità e gettandoci solo in cose divertenti e passeggere, ignoriamo orgogliosamente cose a cui dovremmo fare attenzione. Guardare in televisione per ore sit com e reality show senza avere tempo per la preghiera, lo studio, la formazione dei figli nella fede, la cura dei poveri e così via mostra una mancanza di serietà che manifesta l’orgoglio. Mettiamo da parte ciò che è importante per Dio e lo sostituiamo con le nostre piccole priorità. Questo è orgoglio.

3. Stoltezza: Qui ci spostiamo dalla leggerezza mentale ai comportamenti frivoli che produce, comportamenti in cui sopravvalutiamo esperienze o situazioni di poco conto a scapito di cose più importanti. Comportamenti stupidi, vani e capricciosi indicano un orgoglio in cui una persona non è ricca di ciò che conta per Dio. Massimizziamo orgogliosamente il minimo e minimizziamo il massimo. Troviamo moltissimo tempo per la frivolezza ma non abbiamo tempo per la preghiera o lo studio della Santa Verità.

4. Vanità: Sempre più chiusi nel nostro piccolo mondo di intelletto oscurato e comportamento sciocco, iniziamo a esultare per attività carnali e a considerarle un segno di grandezza; iniziamo a vantarci di cose sciocche; a vantarci e a parlare e pensare di noi in modo più elevato di quanto sia vero o ragionevole. È vero che dovremmo imparare ad apprezzare i doni che abbiamo, ma dovremmo anche ricordare che SONO doni che Dio ci ha dato e che spesso vengono sviluppati con l’aiuto di altri. San Paolo dice: “Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come non l’avessi ricevuto?” (1 Cor 4,7) Chi si vanta ha un’opinione troppo elevata di sé, strombazzando doni che non ha o dimenticando che ciò che ha è una grazia, un dono. Questo è orgoglio. Oltre a ciò, come abbiamo visto, tendiamo a vantarci di cose stupide e passeggere.

5. Singolarità: Il nostro mondo diventa sempre più piccolo ma noi ci riteniamo sempre più grandi. Siamo re, va bene, re di un formicaio, governatori di un piccolo granello di polvere che si propaga nell’immensità dello spazio. Ma man mano che il nostro orgoglio aumenta, ci dimentichiamo troppo facilmente della nostra dipendenza da Dio e dagli altri per chi e cosa siamo. Non esiste il self-made man. Siamo tutti esseri contingenti, che dipendono da Dio e dagli altri. Oltre a questo, ci ritiriamo troppo facilmente nel nostro piccolo mondo, tendendo a pensare che una cosa sia in un certo modo solo perché pensiamo che debba essere così. Rimettendoci solo al nostro parere, non teniamo conto dell’evidenza della realtà e smettiamo di cercare informazioni e consigli dagli altri. La singolarità è orgoglio. E questo orgoglio ci gonfia man mano che il nostro mondo diventa sempre più piccolo e più singolare, sempre più concentrato solo sul nostro io.

6. Presunzione: È un’opinione ingiustamente favorevole ed eccessivamente elevata delle proprie capacità o del proprio valore.

Mentre il nostro mondo diventa sempre più piccolo e il nostro orgoglio sempre più grande, il nostro concentrarci su di noi e la nostra delusione aumentano e diventiamo sempre più autoreferenziali. Una cosa è così solo perché io dico che è così. Vado bene perché dico così. Non importa che tutti noi siamo un misto di forze e debolezze, santità e peccaminosità. Troppo facilmente siamo ciechi nei confronti di quanto possa essere difficile vivere con noi. Troppo spesso troviamo mancanze negli altri ma non riusciamo a vederle in noi stessi. Oltre a questo, cerchiamo troppo facilmente di paragonarci agli altri in modo favorevole, pensando “Beh, almeno non sono come quella prostituta o come quello spacciatore lì”. Ma essere migliori di una prostituta o di uno spacciatore non è lo standard al quale dobbiamo rapportarci. Il nostro standard è Gesù. Più che paragonarci a Gesù e cercare misericordia, ci paragoniamo ad altri che guardiamo dall’alto in basso, e lasciamo via libera all’orgoglio.

7. Arroganza: A questo stadio, perfino i giudizi di Dio devono cedere ai nostri. Io vado bene e sarò salvato perché dico così. È un peccato contro la speranza, in cui diamo semplicemente la salvezza per scontata e a noi dovuta indipendentemente da ciò che facciamo. Affermiamo di possedere già ciò che non abbiamo. È giusto sperare con fiducia nell’aiuto di Dio per raggiungere la vita eterna; è la virtù teologica della speranza, ma è l’orgoglio che ci fa pensare di aver già compiuto e di possedere quello che in realtà ancora non abbiamo. È ancora l’orgoglio che ci fa mettere da parte la Parola di Dio, che ci insegna continuamente a camminare nella speranza e a cercare l’aiuto di Dio come mendicanti più che come possessori o come persone legittimate alla gloria in Cielo. L’arroganza è orgoglio.

8. Autogiustificazione: Gesù deve ora liberare il posto del giudice perché lo rivendico io. Non solo, Egli deve anche scendere dalla Croce perché in realtà non ho bisogno del suo sacrificio. Posso salvarmi da solo, e francamente non ho un gran bisogno di essere salvato. L’autogiustificazione è l’atteggiamento che dice “Sono capace, con il mio potere, di giustificare (ovvero di salvare) me stesso”. È anche un atteggiamento che fa dire “Farò ciò che voglio e deciderò se è giusto o sbagliato”. San Paolo afferma: “Io neppure giudico me stesso, perché anche se non sono consapevole di colpa alcuna non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore!” (1 Cor 4,3-4). La persona orgogliosa cura solo la sua visione di se stesso e rifiuta di essere responsabile, anche di fronte a Dio. La persona orgogliosa dimentica che nessuno è giudice nel proprio caso.

9. Confessione ipocrita: In greco, la parola ipocrita significa attore. In alcune situazioni, un po’ di umiltà e di consapevolezza delle proprie mancanze è proficua. Si può ottenere un “credito” per il fatto di riconoscere umilmente certe mancanze e definirsi un “peccatore”. L’uomo orgoglioso è solo un attore. Sta soltanto ricoprendo un ruolo e interpretando la sua parte, più per credito sociale che per reale contrizione o pentimento. Dopo tutto, non è così male… Se interpretare il ruolo del peccatore umile e contrito lo porterà da qualche parte, reciterà il ruolo e sembrerà santo, ma solo se sarà disponibile l’applauso del pubblico…

10. Ribellione: L’orgoglio inizia realmente a diventare fuori controllo quando ci si ribella contro Dio e i Suoi legittimi rappresentanti. Rivoltarsi significa rinunciare alla fedeltà o a qualsiasi senso di responsabilità o di obbedienza a Dio, alla Sua Parola o alla Sua Chiesa. Ribellarsi è un tentativo di rovesciare l’autorità altrui, in questo caso di Dio e della Sua Chiesa. È segno di orgoglio rifiutare di sottostare a qualsiasi autorità e agire in modi che sono direttamente contrari a ciò che afferma correttamente l’autorità legittima.

11. Libertà dal peccato: In questo caso, l’orgoglio raggiunge il suo apice, affermando e celebrando in modo arrogante di essere totalmente libero di fare ciò che vuole. L’uomo orgoglioso rifiuta in modo crescente qualsiasi restrizione o limite.

Ma la libertà dell’uomo orgoglioso non è affatto libertà. Gesù dice: “Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato” (Gv 8, 34). Il Catechismo gli fa eco: “Quanto più si fa il bene, tanto più si diventa liberi. Non c’è vera libertà se non al servizio del bene e della giustizia. La scelta della disobbedienza e del male è un abuso della libertà e conduce alla schiavitù del peccato” (n. 1733). L’uomo orgoglioso sostiene con arroganza la sua libertà di fare ciò che vuole, anche quando sprofonda sempre più nella dipendenza e nella schiavitù.

12. L’abitudine di peccare: In questo caso vediamo il frutto più pieno e più brutto dell’orgoglio: il peccato abituale e la schiavitù nei suoi confronti. Come dice Sant’Agostino, “Dalla volontà perversa si genera la passione, e l’ubbidienza alla passione genera l’abitudine, e l’acquiescenza all’abitudine genera la necessità” (Conf 8.5.10).

E così abbiamo ripercorso i dodici passi del monte dell’orgoglio. Inizia nella mente con una mancanza di sobrietà, radicata nella curiosità peccaminosa e nella preoccupazione frivola. Poi vengono il comportamento frivolo e gli atteggiamenti di scusa, presuntuosi, sbrigativi. Infine vengono la ribellione totale e la schiavitù nei confronti del peccato. La schiavitù deriva dal fatto che se si rifiuta di servire Dio per orgoglio, si servirà Satana. L’orgoglio ora ha dato il suo frutto più pieno.

Abbiamo assistito a un’escalation in questi passi che non è lontana da una vecchia ammonizione: semina un pensiero e raccoglierai un’azione, semina un’azione e raccoglierai un’abitudine, semina un’abitudine e raccogliera un carattere, semina un carattere e raccoglierai un destino.

C’è un modo per scendere da questo monte dell’orgoglio? Rimanete sintonizzati…

Monsignor Charles Pope è parroco della parrocchia Holy Comforter-St. Cyprian di Washington, D.C. Ha frequentato il Mount Saint Mary’s Seminary ed è laureato in Divinità e Teologia Morale. È stato ordinato nel 1989 e nominato monsignore nel 2005. Ha condotto uno Studio Biblico settimanale al Congresso degli Stati Uniti e alla Casa Bianca, rispettivamente per due e quattro anni. Questo articolo è stato pubblicato originariamente sul blog di monsignor Pope sul sito web dell’arcidiocesi cattolica di Washington.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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