Arriva dagli usa tramite i social network una proposta per le famiglie che non possono permettersi la retta del nido o della scuola materna. Praticabile anche in Italia?di Chiara Andreola
Uno degli ostacoli più pesanti che i neogenitori si trovano ad affrontare dal punto di vista economico è la retta degli asili nido e delle scuole materne: che molto spesso equivalgono ad uno stipendio, tanto da indurre uno dei due – generalmente la madre – a lasciare il lavoro per rimanere a casa col piccolo. Magari faticando a ritrovarlo quando il piccolo non sarà più tale; senza contare la perdita della dimensione sociale del lavoro per la madre, e di quella del rapporto con i coetanei per il bambino.
La questione non è sentita soltanto in Italia, ma anche negli Stati Uniti; dove, a fronte dell'assenza di un sistema statale di scuole materne e dell'impraticabilità su larga scala di sussidi – che pure esistono – per le famiglie meno abbienti, è prassi comune ricorrere a prestiti così come si fa anche per l'istruzione elementare, superiore e soprattutto universitaria. E dato che, come per tutti i dibattiti nell'era di internet, una delle principali piazze di discussione sono i social network, è da un gruppo Facebook del Wisconsin che è nata una proposta. «Le necessità di credito per le famiglie a questo scopo sono basse e altamente strutturate – scrive Karl -: una rata mensile distribuita su circa quattro anni, forse un caso unico nel mercato del credito. Perché quindi non pensare ad un modello altrettanto unico di prestare il denaro?». L'idea è quella di appoggiarsi alla comunità: parrocchie, enti, associazioni, famiglie che possono mettere a disposizione mensilmente la somma necessaria potrebbero mettere in moto una sorta di microcredito, dato l'ammontare relativamente limitato della spesa e della sua durata nel tempo. Questi «prestatori» potrebbero a loro volta praticare un piccolo tasso di interesse – minore di quello delle banche – che contribuisca alle entrate familiari: proposta che potrebbe essere rivolta in primo luogo alle famiglie che già hanno usufruito di questi prestiti nel passato e che ora, migliorata la loro situazione economica e ripagati i debiti, avranno verosimilmente bisogno di denaro per far proseguire gli studi al figlio. Certo, osservano diversi membri del gruppo, ancor più convenienti sarebbero soluzioni come cooperative otagesmutter – donne che si mettono a disposizione per fare sostanzialmente da babysitter in casa propria ad un gruppo di bambini, sul modello tedesco -: ma in mancanza di queste opzioni, il microcredito è meglio di niente.
Un modello valido anche in Italia? Innanzitutto, precisa il direttore di Banca Etica Stanislao Di Piazza, nel caso degli Usa – dove le rette vanno dagli 800 ai 1000 dollari al mese – «non si potrebbe nemmeno parlare propriamente di microcredito, trattandosi di cifre già importanti»; diverso è il caso del nostro Paese, in cui un prestito di 500 euro al mese potrebbe essere sufficiente. «In tal caso – prosegue Di Piazza – diventa ragionevole pensare che, se non posso permettermi questa somma, la restituisca in maniera dilazionata – poniamo 100 o 200 euro al mese: e in questo senso, gli istituti che erogano microcredito possono essere un valido aiuto per i soggetti «non bancabili», che non potrebbero cioè accedere ad un prestito bancario perché non considerate in grado di offrire sufficienti garanzie». Anche il fatto di coinvolgere le famiglie come soggetto prestatore può essere valido, però «ci vuole sempre un soggetto che faccia da mediatore e che verifichi e garantisca che il denaro prestato vada a buon fine». Più al largo però, precisa Di Piazza, «è necessario un ragionamento più complesso che anche noi come Banca Etica stiamo iniziando a fare, nell'ambito di quel «nuovo welfare State» che anche alcuni economisti come Stefano Zamagni propongono: uno Stato in cui ci sia una collaborazione tra enti pubblici ed istituti di microcredito, così che – nel caso ad esempio delle rette per gli asili nido e le scuole materne – si possa pensare ad un modello in cui parte del denaro venga garantito dalle famiglie anche tramite questa forma di finanziamento, e il resto dall'ente locale».