Sesta tappa del percorso di don Vittorio FortiniNel quinto appuntamento delle "riflessioni sull'amore" in occasione di San Valentino, Don Vittorio Fortini ci parla dei peccati nell'amore. E' bene comprendere prima cosa si intende per "peccato" al fine di non rimanere attaccati ad un'idea del peccato come ciò che la chiesa "dice essere un male".
Da qui si può cominicare un cammino, volto a identificare quegli atteggiamenti e concezioni della vita che allontanano dal bene e decidere, se si vuole, di cambiare direzione per raggungere un bene più grande – per sé e per la coppia – del piacere immediato che solitamente caratterizza tali "peccati".
I peccati dell’amore
Senza fatica e di comune accordo, possiamo interpretare l’amore come il bene e il peccato come il male. Sono le facce opposte della stessa medaglia, che è la vita. Sono realtà strettamente correlate fra loro come la luce e le tenebre: una non può esistere senza l’altra.
Per sua natura l’amore è la forza che spinge uno ad uscire da sé per arricchire l’altro con tutto ciò che è e che ha; il peccato è la scelta libera e cosciente di chiusura all’altro per godere in pace se stesso e quanto si possiede.
L’espressione massima della fecondità è il dare stesso del tutto e per sempre fino al massimo, che è dare la propria vita e generare la vita. Il peccato, al contrario, è il ripiegamento su sé di chi si considera come un bene assoluto, ma da solo è incapace di fecondità.
Peccato: amore senza Dio (= limitato e incompleto)
Anche ciò che definiamo “peccato” si manifesta come realtà buona e appetibile. Infatti non è pensabile che l’uomo, orientato al bene, liberamente cerchi e persegua il suo male. Sarebbe “pazzia”, la condizione di vita nella quale vengono sconvolti i parametri dell’essere a favore di una provvisorietà, fine a se stessa, perciò limitata, senza storia e incapace di futuro perché non feconda!
Questa situazione può invadere anche il campo dell’amore, nelle sue varie forme: in famiglia, con gli amici, ma anche verso gli animali, la natura, l’arte. Ora nessuno nega che queste cose siano buone, ma occorre precisare che per sé stesse non sono “il bene”, non sono un “valore assoluto”. Accoglierle come bene relativo non c’è nulla di male, renderle un assoluto è umiliante e impoverente per la dignità della persona.
Ciò che comunemente chiamiamo “peccato” sono le scelte o i gesti che manifestano negazione o povertà di vita, non accogliere le forze più alte del suo essere perché si ferma a ciò che è più facile e comodo, alla ricerca di un benessere immediato. La Scrittura definisce questa condizione tipica dell’uomo come “il peccato del mondo”(Gv.1,29), che è tutto “posto nel maligno” (1Gv. 5,19) e da cui Gesù ci ha liberato.
A noi credenti la Rivelazione ha fatto conoscere la nostra vera identità e dignità: siamo stati resi “nuova creatura” cioè figli di Dio, restando esseri umani, perciò in perenne conflitto fra la sublimità a cui siamo stati chiamati e la povertà creaturale.
Dio, ci ha messi a parte del suo mistero di amore e, nello stesso tempo, ci ha lasciati liberi di scegliere perché la nostra fede e il nostro amore siano autentici! Non c’è amore se non c’è libertà!
Tutto ciò che chiamiamo “peccato” non è altro che il vivere l’amore del “secondo me” al posto di un amore “secondo Dio”. E’ un amore “senza Dio” che porta a scambiare per bene ciò che invece appaga solo se stesso, non riconoscendo che il vero bene è la volontà di dare gioia e pienezza di vita all’altro.
Gli ambiti del peccato nell’amore
Nel tentativo di aiutare, portando il discorso ad una maggiore concretezza, indico alcuni ambiti nei quali si manifesta maggiormente la realtà del peccato.
a) Il rapporto con Dio (= esclusione di Dio)
In questo settore desidero riferirmi a coloro che separano Dio dal loro amore, quasi che la vita sia una cosa e l’amore un’altra. Si aprono a gerarchie nelle quali Dio (=il bene) non è al primo posto, ma loro stessi.
Ne è segno la frase che evidenzia la scala di valori: “non ho tempo perché devo studiare, lavorare, giocare…”, ma, in psicologia, si dice che “il tempo è la misura delle cose che premono”! Primato non è alle cose della fede, ma ai sentimenti e Dio passa in secondo ordine al punto che, quanto più si cresce nella relazione di coppia, tanto più si trascurano o si riducono le cose della fede: preghiera, sacramenti, spiritualità… Hanno scelto liberamente, ma in pratica hanno separato Dio e l’amore.
b. La dipendenza dalle emozioni
Per lei /lui si trova sempre un po’ di tempo, mentre le altre cose possono attendere: “ farò dopo” ma quando? Con facilità si impoveriscono i vincoli di affetto familiare (la famiglia viene dopo il proprio amore…), per cui aumentano le occasioni di scontro e le incomprensioni in casa; si assottigliano le amicizie (= è più bello stare da soli), non raramente si entra in compromesso con la verità (la paura di essere giudicato male) e si ammanta di “rispetto” il calcolo delle proprie convenienze! Il male sta nel fatto che si privilegiano le sensazioni a danno di una vera accoglienza
c. La sessualità
E’ l’ambito nel quale si manifesta in maniera più forte la forza (=pulsione) delle energie fisiche ed emotive che totalizzano la persona. Il sesso è sempre più importante, fino a diventare un dogma: “Se non c’è sesso non c’è amore”!
Lo si carica di un compito che non gli appartiene perché l’amore non è il sesso e il sesso senza amore è lo svuotamento del cuore dell’uomo. Quando sembra “vuoto” un incontro di coppia perché “non si è fatto niente” significa che il proprio amore vive in questa logica! E’ scomparso il progetto di Dio in cui il sesso deve essere relativo all’amore e alla vita
Questi sono tre ambiti, ma poi: dove sta il vero male in queste cose? E se uno non è credente, può essere obbligato a questi vincoli? Solo il credente sa e può rispondere a tutto ciò che concerne il bene e l’amore?
Peccato, male contro l’uomo
La Chiesa definisce male (=peccato) una cosa o realtà perchè in se stessa non è buona e non solo in relazione a Dio, ma anche in relazione all’uomo. Come detto all’inizio: è buono ciò che porta vita e male ciò che la calpesta…, considerando ovviamente la vita come il bene più grande per l’uomo e la morte come il male assoluto, perché è la perdita della propria identità di uomo, di essere libero e pensante!
Perciò il “peccato” non è una cosa riservata solo ai credenti i quali “poverini” sono obbligati a comportarsi in un certo modo mentre i non-credenti sono più “fortunati” perché più liberi! Le leggi del bene e del male valgono per tutti, credenti e non! Non è Dio che condanna queste cose, rendendole un male, ma quelle cose sono male perché in se stesse non portano a ciò che è vero bene. Mancano di verità ( verità = bene!).
Primo male: esaltazione di sé
Se è vero che l’uomo per sua natura cerca il bene e l’appagamento dei suoi desideri più profondi, intesi come via di realizzazione di se stesso, il primo male è mettere se stesso il centro di tutto. Il segno esterno più frequente è la facilità di spazientirsi, di giudicare gli altri, la rabbia profonda del cuore, fino a forme di aggressività violenta… Si è posto al centro di tutto, e nessuno è come lui!
Anche nella coppia dei fidanzati può manifestarsi questa situazione: quando uno sente su di sé leadership di coppia, giudica l’altro con facilità; cede facilmente alla gelosia, ai sospetti, alla passione e poco alla volta perde la fiducia nel futuro.
Chi ha fede riconosce che Dio è il centro di tutto e accoglie le parole di Gesù come vera scuola di vita. A immagine del suo Signore si impegna ad ascoltare, ad incontrare e ad accogliere l’altro per quello che è a costruire con lui ciò che serve al bene di tutti due. Pur nei limiti e nelle difficoltà, si apre all’amore e diventa con l’altro costruttore di vita.
Secondo male: ideali come "campioni senza valore"
Chi non sta con Dio investe su ciò che considera valore e dedica le sue energie al suo raggiungimento. Il campionario è molto vasto: c’è chi privilegia la salute (salutisti), il lavoro, il divertimento, il piacere, i soldi… e, per chi ha ambizioni più alte: la cultura, la conoscenza, la ricerca dei valori considerati tali dalla opinione generale (sport, viaggi, allargamento del virtuale…)
Queste cose non sono il “male”, ma lo diventano se ridotte a fine di se stesse, perchè incapaci di colmare il cuore dell’uomo. Anche tra fidanzati ci si adagia in un dialogo piatto, vuoto di contenuti perché non si sa cosa dire o perché si preferisce tenere dentro; a quel punto si vive insieme, ma con tendenza a prendere dall’altro il massimo di ciò che piace, sorvolando o rifiutando ciò che invece impegna. Questa mancanza di totalità è segno di poco amore e non costruisce un futuro di coppia certo.
Terzo male: rifugio nel piacere del cibo e della sessualità
Il cibo dice “vita” e così pure il sesso. C’è fame di vita, ma troppe volte per saziare questa fame si percorre la via di ciò che riempie la pancia e non il cuore. Il piacere è una realtà personale e ingannevole, che porta a considerare buono ciò che soddisfa; le frasi solite: “una cosa se piace, va bene …” “ se piace, non c’è nulla di male!” , ma ci si dimentica che la legge fondamentale del piacere è di tendere a ripetersi Quando il piacere ha la meglio, arriva a condizionare pesantemente la vita. Ci si dimentica che il piacere, se non è dominato, domina la persona e la uccide! Il proverbio è eloquente: ne uccide più la gola che la spada”.
Il sesso: è una forza di vita, ma se domina, distrugge l’amore e la bellezza della vita! Nel campo dell’amore questa spinta è veramente dannosa: si definisce “amore” l’attrazione reciproca e si fa di tutto perché il piacere sia sempre al massimo. Basta vedere la continua ricerca e diffusione dei mezzi per un “sesso sicuro” e infecondo, perché al centro ci deve sempre essere il piacere e il godimento libero della persona! Anche le esperienze più forti e belle in questo campo, esauriscono la loro carica di novità e attrazione. E allora? Si cambia persona per ricominciare…, ma anche questo non è sempre possibile.
A livello di fidanzati il discorso è molto semplice: più ci si apre alla dimensione fisica, più è ostacolato il percorso dell’amore, perché si ascolta più la voce dei sensi che del cuore. Non è a caso che il segno più grande dell’amore è la castità e la verginità, non per sterile paura o rifiuto del corpo, ma come capacità di privilegiare la persona alle sensazione fisiche. La scelta della persona fa crescere l’amore, riconoscendo e accogliendo anche l’apporto del corpo.
Dio ha donato il corpo perché sia segno e luogo nel quale perfezionare la sua immagine nell’uomo mediante il dono della reciproca consegna e appartenenza dell’uno all’altro, diventando insieme costruttori di amore e di vita nel mondo.