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Papa Francesco e la dottrina sociale

September 22,2013: Pope Francis wearing a helmet miners during the meeting with the workers in Largo Carlo Felice in Cagliari.

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Giuseppe Rusconi - Rossoporpora - pubblicato il 10/02/15
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Intervista ad Andrea Tornielli sul libro “Papa Francesco: Questa economia uccide”, scritto con Giacomo Galeazzi e le tante balle su FrancescoAndrea Tornielli è uno tra i vaticanisti più conosciuti. Nato a Chioggia nel 1964, lavora dapprima per il settimanale ciellino “Il Sabato”, poi per il ciellino-andreottiano ‘30 giorni” (1992-96) e per il quotidiano di centro-destra “il Giornale” (1996-2011). Da più di tre anni è coordinatore di ‘Vatican Insider’, il noto ‘contenitore’ di informazione religiosa del quotidiano di centro-sinistra “la Stampa’ di Torino. E’ stato direttore responsabile del quotidiano cattolico online “La Bussola quotidiana” e collaboratore regolare del mensile, pure cattolico, “Il Timone”. Ha scritto una cinquantina di libri su temi attinenti al mondo cattolico: si va dai libri su Gesù a quelli su diversi Papi (Paolo VI, Giovanni Paolo II, Francesco in particolare, oltre a Pio IX, Pio XII, Giovanni XXIII e Benedetto XVI), passando per padre Pio, Lourdes, Fatima, la Sindone, i cardinali Martini, Tettamanzi e Scola per non citarne che alcuni. La sua conoscenza del futuro papa Francesco risale ai primi Anni Duemila, attraverso gli amici comuni del gruppo di “30 Giorni”. Un’amicizia, quella con Jorge Mario Bergoglio, perdurata nel tempo pure dopo l’elezione papale del 13 marzo 2013. Tornielli ha intervistato il pontefice argentino nel dicembre 2013 ed anche nel libro “Papa Francesco: Questa economia uccide” (edizioni Piemme), scritto con il collega de “la Stampa” Giacomo Galeazzi. E’ proprio sui contenuti del libro e sulla loro interpretazione che si sviluppa la nostra vivace conversazione, in cui entreranno più o meno spontaneamente anche altri argomenti connessi al magistero di papa Francesco.  
 
Andrea, su quali documenti pontifici si fondano principalmente le riflessioni che emergono in “Papa Francesco: Questa economia uccide”, che hai scritto con Giacomo Galeazzi e in cui appare anche un’intervista in materia allo stesso Jorge Mario Bergoglio? Come sai, c’è indubbiamente una forte differenza di autorità magisteriale tra un’esortazione apostolica e le risposte a interviste volanti, nel senso che sono fatte a 8000 metri di quota e sono soggette a un forte rischio di infortunio…
Gran parte del magistero cui ci riferiamo nel libro risale a interventi scritti, anche se con qualche eccezione come le parole improvvisate a Cagliari, durante l’incontro con i lavoratori sardi. Certo alla base del nostro lavoro sta l’esortazione ‘Evangelii gaudium’, che si può ben considerare il documento programmatico del Pontificato. Abbiamo voluto mostrare come il Papa, attraverso i suoi molteplici interventi,  intenda rivisitare tutta la dottrina sociale della Chiesa. Sono prese di posizione che si inseriscono in un cammino preciso e presentano anche pagine che non abbiamo esitato a definire dirompenti, anche se molto dimenticate…
 
LA DOTTRINA SOCIALE VA VALORIZZATA INTEGRALMENTE

Perché hai parlato della rivisitazione di ‘tutta’ la dottrina sociale della Chiesa? Non bastava dire ‘la dottrina sociale’? Mi è sembrato che quel ‘tutta’ sulle tue labbra non sia per niente casuale…
Infatti non è casuale. Fino al 1989 abbiamo vissuto in un mondo diviso tra due blocchi e caratterizzato da parte dell’Occidente dalla lotta al comunismo. Nelle prese di posizione dei diversi papi c’era dunque anche la preoccupazione di non dar adito con espressioni ambigue all’accusa di portare acqua al mulino comunista. D’altra parte non si può dimenticare che una parte del mondo cattolico ha cercato negli Anni Settanta e Ottanta di correggere per certi versi il tiro della dottrina sociale della Chiesa,..

Correggere il tiro”: puoi spiegare che ha significato in tale contesto storico?
Faccio un esempio illuminante: lo studioso statunitense Michael Nowak dice chiaramente che, siccome Giovanni Paolo II veniva dalla Polonia, gli si è dovuta insegnare un po’ di economia perché scrivesse nel 1991 l’enciclica ‘Centesimus Annus’, che correggeva un po’ il tiro rispetto alle precedenti ‘Sollicitudo rei socialis’ e ‘Laborem exercens’.
 
PAGINE PROFETICHE DI PIO XI

All’inizio di ogni capitolo del libro si leggono citazioni di dottrina sociale della Chiesa, espresse perlopiù da Papi. In particolare più volte appaiono brani  dall’enciclica ‘Quadragesimo Anno’ scritta da Pio XI a quarant’anni dalla ‘Rerum Novarum’ di Leone XIII. Eccone un esempio che sembra assai attuale: “E in primo luogo ciò che ferisce gli occhi è che ai nostri tempi non vi è solo concentrazione della ricchezza, ma l’accumularsi altresì di una potenza enorme, di una dispotica padronanza dell’economia in mano di pochi, e questi sovente neppure proprietari, ma solo depositari e amministratori del capitale, di cui essi però dispongono a loro grado e piacimento”…
Ci sono pagine della dottrina sociale della Chiesa cadute quasi completamente nel dimenticatoio. L’enciclica ‘Quadragesimo Anno’ è un ottimo esempio di ciò: venne scritta nel 1931, poco dopo il crollo di Wall Street e in essa Pio XI assume posizioni molto forti. Mi sorprende che, trovandoci noi in un periodo di crisi economico-finanziario molto simile per le sue conseguenze a quanto accadde nel 1929, queste pagine profetiche non siano riscoperte e valorizzate. Non solo: ancora di più mi stupisce che non ci siano cattolici che operino in modo che i contenuti di tali pagine divengano programmi sociali e politici. In effetti certe pagine di Pio XI oggi – e mi riferisco alla situazione italiana – sono più ‘a sinistra’ di quanto propone la sinistra politica nella sua variegata configurazione. Vedi ad esempio le pagine sullo strapotere dei mercati. Papa Francesco nei suoi interventi ci aiuta proprio ad illuminare pagine di dottrina sociale che erano state oscurate.
 
'AVANTI E INDRE' SUI VALORI 'NON NEGOZIABILI'?

Secondo alcuni cattolici le ‘illumina’ anche troppo, a detrimento fin qui di altri aspetti della dottrina sociale, come quelli riguardanti i ‘principi non negoziabili’…
Sinceramente non mi sembra si possa dire questo. Certo è che papa Francesco pone l’accento anche su altri aspetti che, bisogna riconoscerlo, erano stati forse troppo trascurati…

Si osserva da qualche parte che sui ‘principi non negoziabili’ papa Francesco va pubblicamente un po’ a corrente alternata: a un’affermazione categorica di principio seguono a volte parole e gesti enfatizzati in senso ‘aperturista’ da tanti media.  Sembra, si osserva, una sorta di un avanti e indré e si cita ad esempio qualche conferenza-stampa aerea associata a una forte puntualizzazione successiva…
Al di là delle battute in conferenza-stampa – che possono essere più o meno infelici – credo che chiunque abbia l’onestà intellettuale di leggere le risposte intere date alle domande dei giornalisti comprenda benissimo il pensiero del Papa in materia.

Però siamo realisti: che cosa resta di tutto il discorso nelle menti di chi legge i giornali e guarda la televisione? Parole come ‘conigli’… Sai benissimo come funziona il sistema dei media… e allora ecco tutto un necessario accorrere di pompieri ‘vaticani’ per cercare di ripristinare il vero pensiero papale…
Certamente c’è la possibilità di essere fraintesi parlando a braccio, rispondendo spontaneamente a delle domande. E vorrei aggiungere che non mi sembra una novità di questo Pontificato…

Rinunciamo ad indagare ulteriormente e torniamo al tema principale di questa intervista. Tra le osservazioni, i rimproveri che vengono fatti – specie da Oltreoceano- agli interventi sull’economia di papa Francesco, ce n’è uno particolarmente drastico: “Abbiamo un Papa marxista”, anche nella variante peggiorativa “Abbiamo un papa comunista”…
E’ il rimprovero per certi versi più innocuo, perché è proprio oggettivamente grezzo, grossolano. E’ fatto evidentemente da chi conosce poco la dottrina sociale della Chiesa, come il commentatore radiofonico statunitense Rush Limbaugh. Il Papa ha peraltro risposto – anche nell’intervista riprodotta alla fine del libro – che non si sentiva offeso: in ogni caso l’ideologia marxista resta inaccettabile.  
 
CHIESA RICCA E CHIESA POVERA

Limbaugh rileva tra l’altro che la Chiesa “ha un sacco di soldi. Raccoglie un sacco di soldi. Non potrebbe operare come fa, senza un sacco di soldi. (…) Sono stato varie volte in Vaticano: non esisterebbe, senza tonnellate di soldi”…
E’ chiaro che i soldi servono. Il Papa, pure nell’intervista appena citata, ribadisce che il messaggio di Gesù non è contro i ricchi, ma contro chi idolatra il denaro. E’ lo stesso Papa che ha anche detto che gli piacerebbe tanto “una Chiesa povera per i poveri”…

C’eravamo anche noi quel 16 marzo 2013 in Aula Nervi: l’espressione stupì e diede subito luogo ad accese controversie in Sala Stampa vaticana… in effetti quel “Chiesa povera” è stato un po’ equivocato e forse significava più “Chiesa sobria”…
Sobria, sono d’accordo. La Chiesa deve essere sobria. Bisogna distinguere tra la ricchezza – chiamiamola così – della bellezza del culto a Dio (chiese, mosaici, opere d’arte, paramenti, ecc..) e la ricchezza che con il culto non c’entra nulla come le macchine di ultimo modello e di grossa cilindrata e certi mega-appartamenti. Per mantenere la struttura servono i soldi: e qui ci si può anche chiedere se la struttura debba essere così grande come quella odierna…anche per questo sono in corso lavori di ristrutturazione…

Torniamo ai rimproveri riguardanti quella che viene definita una critica dura del Papa al capitalismo…
Quella del Papa non è una critica al capitalismo tout court, è una critica a un certo tipo di capitalismo che ha prodotto il sistema economico in cui viviamo. E’ un sistema che forse non ha più niente a che fare con il capitalismo, dominato com’è dallo strapotere dei mercati, fondato su gente che scommette su quanto potrà guadagnare entro un paio di secondi, totalmente staccato dall’economia reale. Poche oscillazioni di Borsa possono far lievitare in un attimo i prezzi dei beni di prima necessità e far sprofondare nella povertà e anche sotto intere fasce di popolazione: sono fenomeni che gridano vendetta al cospetto di Dio e i cristiani dovrebbero chiedersi se il sistema economico attuale non debba essere profondamente riformato. 
 
UN PAPA UN PO ‘DESCAMISADO’, ‘TROPPO’ ARGENTINO?

Un altro rimprovero che, in genere da Oltreoceano, si fa a papa Francesco è che, non conoscendo il sistema economico mondiale ma solo quello argentino o al massimo quello latino-americano, non ha i titoli per criticarlo. Lo fa ad esempio anche il già citato Michael Nowak, che afferma tra l’altro come in Argentina non ci sia mai stato un vero capitalismo. Dunque quanto dice papa Francesco può calzare per l’Argentina o magari per l’intera America latina, ma non per tutto il mondo… Per il direttore dell’Acton Institute Kishore Jayabalan ricorda da parte sua che “l’esperienza di Francesco in Argentina e il tipo di cattiva gestione economica cui ha assistito in quella nazione è molto lontana da quello che i sostenitori del libero mercato vorrebbero vedere”…
Trovo che questa sia la critica più distruttiva e sprezzante che possa essere rivolta al Papa: “ Siccome viene dal Terzo Mondo, non pretenda di mettere bocca su temi che non conosce. E, se proprio vuole, si faccia consigliare da noi, che gliela spieghiamo noi l’economia così che possa scrivere delle belle encicliche, in cui si lodi l’impegno della Chiesa verso i poveri, ma si eviti il giudizio sul sistema”. Mi chiedo allora: questi signori sanno che esistono delle strutture economiche di peccato? L’ha detto anche san Giovanni Paolo II, non Ernesto Che Guevara. Qui siamo al grande punto di scontro con tanti ambienti statunitensi. Uno pensa che i grandi punti di frizione di questo pontificato si registrino sulle questioni dottrinali, sui ‘valori non negoziabili’, ecc…

Sicuramente sono punti importanti di frizione in seno all’opinione pubblica cattolica, non solo negli Stati Uniti…
Però io credo che sui punti ‘economici’ lo scontro sia molto duro. E’ vero che questo Papa viene dalla ‘fine del mondo’. E tuttavia tale ‘fine del mondo’ non era proprio fuori del mondo. L’Argentina ha conosciuto una grave crisi economica un decennio prima di noi, una secolarizzazione galoppante, la sfida pressante degli evangelici, le “nozze gay”…  Il Papa dunque viene dalla ‘fine del mondo’, però il mondo lo conosce molto bene. Dal punto di vista economico il Papa non ha presentato una teoria particolare, ma si è limitato a ridar voce alla dottrina sociale della Chiesa, così come valorizzata anche dai suoi predecessori.

Da alcuni si sottolinea quella che è ritenuta un’ascendenza ‘peronista’ di papa Francesco, un papa un po’ descamisado
Anche su questo non sono d’accordo…

Però in ogni caso almeno un po’ d’aria peronista l’ha respirata in gioventù…
Sarebbe come dire che anche Giovanni Paolo II era un po’ marxista avendo vissuto in Polonia…

Ma la Polonia restava cattolica, resisteva e rifiutava quell’aria. Per l’Argentina il discorso è diverso, essendo stata in maggioranza peronista…e l’esaltazione per Evita Peron era di una nazione (quasi) intera… 
E’ chiaro che Jorge Mario Bergoglio è stato pastore per vent’anni (vescovo ausiliare, coadiutore, arcivescovo dal 1998) a Buenos Aires, cioè in una metropoli in cui accanto ai quartieri lussuosi ci sono le baraccopoli. Parla perciò di poveri avendone una grande esperienza personale. Non capisco chi gli appioppa la qualifica di  descamisado… forse perché riceve in Vaticano persone che prima non erano ricevute o forse perché ha voluto i cartoneros in prima fila alla sua messa di inizio pontificato? Ma è nella piena tradizione della Chiesa avere una grande attenzione verso i poveri. Io non capisco certe reazioni, come quella della gente che si straccia le vesti perché ci saranno per i barboni tre docce e una barberia dentro il colonnato di piazza San Pietro: ma per duemila anni che cosa è stata Roma? Nell’atrio delle Basiliche dormivano i poveri… non è che le docce siano al di fuori della tradizione, sono anzi nella tradizione più vera della Chiesa di Roma!

Ritorniamo all’aspetto della situazione argentina che concerne i poveri. Ancora Michael Nowak evidenzia che in Argentina i poveri sono in una situazione “immobile, statica”, mentre invece in altri Paesi – come gli Stati Uniti e in genere quelli dell’Occidente e non solo – sono stati protagonisti di una benefica mobilità sociale. Il Papa però critica la teoria delle ‘ricadute favorevoli’ dell’attuale sistema economico…
La critica, rilevando che la realtà non è così rosea come la dipingono in alcuni ambienti d’Oltreoceano. Ci sono esempi positivi, ma anche molto negativi. Lo evidenzia drammaticamente l’odierna vita quotidiana anche in certi Paesi occidentali. Il Papa fotografa la realtà, vuole spronare i cattolici a tornare protagonisti della vita sociale come seppero fare mirabilmente in tempi passati, orgogliosi come erano del tesoro della dottrina sociale. 
 
PRONI ALLO ‘SPREAD’?

Un po’ dappertutto però – si insiste – la globalizzazione avrebbe portato a un miglioramento delle condizioni di vita di larghe fasce della popolazione…
Il Papa ha detto più volte chiaramente che la globalizzazione ha avuto aspetti positivi, ha permesso a tante persone di uscire dalla povertà. Però molte altre ci sono sprofondate: è un dato reale, non immaginato. Ci sono anche cattolici che sostengono che gli strumenti economici sono di per sé neutri: la loro bontà dipende dall’uso che l’uomo ne fa. Tale giudizio non tiene però conto che ci sono strutture, vere e proprie strutture portanti di questo sistema, che sono di peccato già di per sé. Il fatto che nei nostri Paesi l’indice di benessere sia lo spread e non la reale condizione della gente indica che nel nostro sistema non c’è più nulla di capitalistico, dato che il capitalismo era legato all’economia reale. Viviamo tempi in cui la politica si è consegnata mani e piedi a un sistema economico-finanziario basato su una bolla speculativa per la quale alcuni scommettitori decidono i nostri destini. L’unica urgenza è che lo spread sia sostenibile. Che poi ci sia gente, come succede in Italia, precipitata dalla classe media alla soglia di povertà, è considerato come un danno collaterale. Regna ormai, come ribadisce continuamente papa Francesco, la ‘cultura dello scarto’. Allora mettere in discussione il sistema, porsi delle domande, cercare di tradurre in programmi sociali e politici la dottrina sociale della Chiesa diventa un imperativo per ogni cristiano che come tale voglia vivere.
 
COMMERCIO DELLE ARMI: IL PAPA LA PENSA COME LENIN?

Perfino le parole del Papa contro il commercio delle armi e il suo rapporto con le guerre sono state paragonate da alcuni a quelle di Lenin sui legami tra capitalismo e imperialismo: lo ha scritto l’Economist
Pagine contro il commercio delle armi sono state scritte anche da Benedetto XVI: che sia pure lui un po’ leninista? ‘Marxista’ e ‘leninista’, poi, non sono di per sé delle parolacce: qualcosa di giusto potrebbero averlo scritto anche Marx e financo Lenin. Non vorrei passare io adesso per leninista, che certo non lo sono. Ma che le guerre nel mondo siano condotte soltanto per ragioni religiose o per la libertà e la democrazia lo possono credere solo i polli, del resto imbeccati da certo mondo mediatico. Che si facciano guerre anche per vendere armi è una pura e semplice constatazione.

Basta informarsi sul turpe commercio legato alla drammatica situazione mediorientale, cui ha dato una spinta decisiva l’invasione dell’Iraq, seguita poi dalla rivolta in Siria… con grande gioia dei mercanti d’armi che prosperano anche in certe più o meno compiute democrazie occidentali…
Da dove vengono le armi di ultima generazione oggi in possesso del Califfato?

La risposta è evidente.
Ha ragione il Papa. Noi occidentali dovremmo fare una forte autocritica: abbiamo sponsorizzato guerre che hanno destabilizzato l’intera regione mediorientale. Senza provare simpatia per dittatori come Saddam Hussein, bisogna pur rilevare che Giovanni Paolo II aveva mille volte ragione quando invitava gli Stati Uniti a non fare la sciagurata guerra all’Iraq. Si guardi un po’ a com’è ridotto oggi il Paese! Il discorso vale anche per la Siria. C’è chi continua a coprire le operazioni belliche col manto di alti e nobili ideali; e invece spesso servono per svuotare gli arsenali, in attesa di riempirli di nuovo. Come si fa a dire che il Papa non ha ragione quando evidenzia tale realtà di fatto?

Il sistema economico in cui viviamo, rileva spesso il Papa, ha delle ricadute importanti e negative anche in campo antropologico…
Ad esempio quella dell’imposizione di modelli che feriscono l’identità specifica  di interi popoli, cui sono imposti con un ricatto economico: “Ti presto il denaro, se fai un certo tipo di politica”. Una vera e propria ‘colonizzazione ideologica’, che il Papa ha denunciato anche nel corso del suo ultimo viaggio apostolico nello Sri Lanka e nelle Filippine. Tali imposizioni servono ad ‘asfaltare’ ogni diversità, ricchezza culturale, tradizioni religiose, omologando il tutto a livello mondiale. E’ una nuova forma di colonialismo non meno grave di quella storica di carattere politico: le nuove parole d’ordine sono denatalità, destrutturazione della famiglia, ideologia del gender, scuola in cui si educano i bambini al ‘politicamente corretto’…
 
“ODORATE DI QUARTIERE,  DI POPOLO, DI LOTTA!”

Veniamo al discorso, molto ben strutturato e combattivo, del Papa, pronunciato il 28 ottobre 2014 davanti a circa duecento rappresentanti dei ‘movimenti popolari’ soprattutto latino-americani, una sorta di trasposizione concreta vaticana del grande affresco del film ‘Novecento’…“Avete i piedi nel fango e le mani nella carne. Odorate di quartiere, di popolo, di lotta!” Qualcuno ha storto il naso, accusando Francesco di essere eversivo…
Quanto a tasso di eversione, mi sembra che la ‘Populorum Progressio’ di Paolo VI rimanga imbattibile. A me è molto piaciuto che il Papa abbia ricevuto tante persone attive in movimenti fin qui spesso messi in disparte, ignorati o presi poco sul serio da buona parte del mondo cattolico: dai cartoneros ai venditori ambulanti a tante altre persone escluse dai diritti dei lavoratori. Intendiamoci, non aveva di fronte a sé terroristi….

Non terroristi, ma persone vigorose nel loro dire e agire, sì…
In queste persone, in questi movimenti si esprime una volontà forte di resistere alla colonizzazione già citata, in difesa della comunità, della famiglia, dell’anima di un popolo.

Per concludere: che cosa ha spinto te e Galeazzi a scrivere questo libro?
L’aspirazione è quella di smuovere le acque, di far sì che il mondo cattolico si confronti maggiormente su un tema vitale come quello della dottrina sociale della Chiesa, tutta intera. Con la speranza che qualcuno riesca poi a tradurre il tutto in un programma concreto.

QUI L'ORIGINALE

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