Il capolavoro di Saint’Exupéry in una nuova traduzione e affiancato da commenti che ne svelano i costanti riferimenti bibliciAffiancare un classico della letteratura alla Bibbia per svelare i numerosi e sorprendenti riferimenti al testo sacro che si nascondono dietro ogni sua pagina. Questo l'obiettivo de “Il Piccolo Principe commentato con la Bibbia” (edizioni Ancora), in cui al testo integrale – con i disegni originali – del capolavoro di Antoine Saint-Exupéry, presentato in una nuova traduzione di Vincenzo Carella (fr. Agostino, fsc, religioso della Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane), si aggiungono commenti a fronte che rimandano al testo biblico.
Nell'introduzione e nella postfazione al testo, il vaticanista Enzo Romeo ricorda come l’autore francese non menzioni quasi mai Gesù nei suoi scritti, “ma la presenza del Nazareno è costantemente evocata e c’è chi legge la fiaba in chiave cristologica: il corpo del protagonista non è ritrovato dopo la sua morte, così come quello di Gesù sparito dal sepolcro dopo la crocifissione. E nella rosa che l’ometto ha lasciato, oltre alla figura della moglie o della madre dell’autore, si può intravedere la figura di Dio Padre, al quale il Figlio aspira a tornare al termine di tante tribolazioni in terra”.
Il pilota Saint-Exupéry scomparve il 31 luglio 1944, a 44 anni, precipitando nelle acque del Mediterraneo di fronte a Marsiglia. Il suo cadavere non venne mai ritrovato. Per Romeo, Il Piccolo Principe rappresenta nella sua letteratura “la fase del Dio rivelato, dove tutto diviene finalmente chiaro – anche 'l’invisibile essenziale' –, perché illuminato dall’Amore”.
“Con i racconti, le lettere, gli appunti e, naturalmente, con la favola dell’ometto giunto sul nostro pianeta dall’asteroide B 612, Saint-Exupéry ha scritto una sorta di 'Nuovissimo Testamento'”, commenta.
“Tutti noi, come Saint-Exupéry, ci poniamo ogni tanto domande sul dove, sul come, sul quando e sul perché della nostra esistenza. Ci sentiamo passeggeri clandestini in rotta verso l’infinito, abbagliati da un’evidenza che non riusciamo mai a trattenere. E sogniamo di incontrare un giorno un piccolo principe che ci indichi le stelle e ci apra il cuore”.
Nell'autore francese, a cominciare proprio dal Piccolo Principe, si può facilmente riconoscere un costante anelito all’assoluto. Interprete delle inquietudini, del nomadismo spirituale e della profonda nostalgia dell’inafferrabile che abita nell’uomo moderno, fa sì che ogni sua pagina trasudi del desiderio di staccarsi dalla banalità quotidiana e di proiettarsi in un altro mondo, su un pianeta ideale, come quello del protagonista del suo libro più famoso. Di qui l’attrazione verso il mondo religioso.
Un ruolo importante nel libro di Saint-Exupéry è assunto dal deserto, dove era precipitato durante un volo. “Il deserto è esigente e si offre a chi fa il primo passo verso di lui”, e “diviene allora un trampolino, una scala verso la perfezione, permette di assaporare la fragranza discreta e tenace del divino”, osserva Romeo. “Il deserto conduce naturalmente l’uomo alla poesia, all’elevazione verso l’ignoto o l’inconoscibile. La solitudine, interrotta da brevi periodi di cameratismo, è la condizione per raggiungere uno stato di grazia”.
Negli anni, Saint-Exupéry rimpiangerà la purezza del ritiro sahariano, che metterà a confronto con la decadenza della civiltà europea, nella quale si vanno rapidamente smarrendo i valori morali. Come i luoghi della sua infanzia, il Sahara è un rifugio di fantasia e di sogno. Ciò che vi cerca, sottolinea Romeo, “è la chiave che apra la cassaforte dello spirito. Una parabola che in qualche modo rimanda a Charles de Foucauld. Entrambi sono attratti da questo spazio che permette di risalire alle sorgenti dell’umanità. Il deserto, nella sua aridità terribile, è fonte di vitalità interiore per i due uomini. Nell’inabitata desertica desolazione si possono trovare le tracce dell’essenziale e percepire quell’invisibile bellezza di cui il cuore dell’uomo sente perennemente nostalgia”.
Quello di Saint-Exupéry e del piccolo principe, spiega Romeo, “non è un deserto che annienta e annichilisce; è un luogo dell’anima, dove ogni cosa, ogni pensiero sono trasfigurati, dove tutto è visto non in superficie (c’è solo un orizzonte di sabbia) ma in profondità. Il deserto è una sorta di grande macchina ai raggi X che consente di spingere lo sguardo anche dove in apparenza non si può vedere”.
Nella fiaba c’è anche il fascino per la morte purificatrice e il grande desiderio di una rinascita spirituale. “Sembrerò morto e non sarà vero”, dice il piccolo principe congedandosi dal pilota. Parole che assumeranno il tono di una profezia dopo la scomparsa di Saint-Exupéry e la vana ricerca del suo corpo.
“È tutto un grande mistero”, afferma l’aviatore nel concludere il racconto. In effetti, constata Romeo, “in ogni pagina della fiaba un che di misterioso affiora in maniera discreta ma costante. E, analogamente al grande mistero cristiano, non si può spiegare o comprendere fino in fondo”.
“Il Piccolo Principe, è stato giustamente osservato, 'affascina per il suo strano potere di far discendere per qualche istante l’assoluto sulla terra'”. Ecco allora che accostare il racconto di Saint'Exupéry al testo biblico aiuta a gettare nuova luce su un capolavoro della letteratura che può avere ancora molto da offrire.