Il liberalismo filosofico non è compatibile con l’affermazione della Verità nel cristianesimo
In un suo scritto domenicale su Repubblica, domenica 18 gennaio, Eugenio Scalfari si domanda se Papa Francesco sia liberale. Si domanda se un uomo di fede possa esserlo e risponde di si, rilevando però che un pontefice liberale, nella Chiesa di Roma, non c’è mai stato prima. Ma io credo che non possa esserci neppure ora. Cercherò di spiegare il perché.
Liberalismo è una dottrina che si oppone ad assolutismo e si coniuga con relativismo, agnosticismo, scetticismo, ecc. Il cristianesimo, invece, afferma valori di verità assoluta, trascendenti e soprannaturali, in Cristo, Verbo di Dio incarnato. Questa verità viene affermata e difesa dalla dottrina cristiana fin dalle origini, e questa stessa verità, che si è tradotta in etica comportamentale, si è, finora, opposta alla cultura liberale e immanentista del pensiero moderno, appunto relativistico. E per opporsi ha lavorato parecchio nei secoli.
La Chiesa ha affrontato la Riforma protestante quando affermava in campo religioso l’individualismo liberale (il libero esame). Ha affrontato la Rinascenza che affermava l’equivalenza di tutte le religioni positive svalutando in tal modo il cristianesimo verso le altre religioni più umanistiche, più celebrative dell’uomo e della natura-ambiente. Ha affrontato l’illuminismo che costituì il liberalismo quale concezione immanentistica e prassi di comportamento, confondendo il significato di libertà, uguaglianza e fraternità e, per di più, cercando di tacciare la morale cattolica di superstizione e togliendo al concetto di rivelazione ogni valore teoretico. Questo spiega perché finora, il cattolicesimo, consapevole della assolutezza dei valori umani e divini rifiuta il liberalismo, sia come dottrina filosofica che quale prassi politica. Ma è anche il liberalismo politico (formulato nella dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789) che nega se stesso e produce antinomia individuo-Stato. Risulta difficile accettare la tesi liberale che l’individuo è considerato unico valore e fine, ma la somma degli individui (attuato con il concetto di maggioranza) è superiore al singolo individuo.
Il liberalismo come dottrina fu condannato da vari Papi. A cominciare da Gregorio XVI (Enciclica Mirari vos, del 1832), da Pio IX (Enciclica Quanta cura del 1864 e nel Syllabus), da Leone XIII (Enciclica Immortale Dei del 1885). E tutto ciò senza negare la (supposta) laicità dello Stato. Ora, poiché il liberalismo ha prodotto uno stato “democratico”, fondato su concetti di rappresentanza e maggioranza, agnostico, non si può spogliare la Chiesa della direzione delle coscienze che produce la vera etica comportamentale da cui la società dovrebbe non volersi mai privare, per il bene degli stessi agnostici, laici e liberali, che l’abbiano capito o meno. Persino Voltaire lo aveva capito, continuando a combattere la religione e la Chiesa, ma auspicando, al fine di non esser tradito, ucciso e derubato, moglie, medico e cameriere religiosi.