La Corte europea dei diritti dell’uomo dà ragione ad una coppia a cui è stato allontanato il figlio nato in Russia con la pratica dell’utero in affittoCorte europea dei diritti dell'uomo contro la Cassazione. Per i giudici di Strasburgo l'Italia ha violato il diritto di una coppia sposata a poter riconoscere come proprio figlio un bambino che non ha nessun legame biologico con loro, nato in Russia da madre surrogata (Corriere della Sera, 27 gennaio).
UTERO IN AFFITTO LEGALE IN RUSSIA
Tale contratto di utero in affitto è legale in Russia, ma non in Italia. Per questo motivo le autorità italiane (anche in seguito a test del Dna che accertavano l'assenza di legame biologico tra padre e bimbo) hanno deciso per l'allontanamento del minore dalla coppia di genitori, che ovviamente non avevano svolto alcuna pratica per l'adozione del bambino, visto che ne erano genitori a tutti gli effetti in Russia.
NON RISPETTATA LA CARTA EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
Per la Corte, l'Italia non ha rispettato la Carta europea dei diritti dell'uomo visto che «l'allontanamento di un minore dal contesto familiare e' una misura estrema che non si giustifica in nessun modo se non con un rischio immediato per il minore». I giudici considerano che «queste condizioni non c'erano» nel caso specifico (Agi, 27 gennaio).
RISARCIMENTO AI GENITORI
I giudici di Strasburgo evidenziano tuttavia che la violazione subìta dai coniugi «non deve essere intesa come un obbligo dello Stato italiano a restituire il bambino alla coppia». Questo perché «il piccolo ha indubbiamente sviluppato dei legami emotivi con la famiglia d'accoglienza con cui vive dal 2013». L'unico obbligo per l'Italia è di pagare alla coppia 20mila euro per danni morali – loro ne avevano richiesti 100mila – e 10mila euro per le spese processuali sostenute (Ansa.it, 27 gennaio).
LA LINEA OPPOSTA DELLA CASSAZIONE
La sentenza della Corte Europea contrasta con quanto emesso dalla Corte di Cassazione che nel novembre 2014 si pronunciò per l'adozione del piccolo Tommaso, nato in Ucraina da madre surrogato. Tommaso fu tolto alla coppia di genitori 50enni che lo stava crescendo perché l’Italia, come riportava il Corriere (11 novembre 2014) non riconosce la pratica della maternità surrogata e, in base alle legge, è come se fosse figlio di nessuno.
UNA DOPPIA VIOLAZIONE
Si trattava di una doppia violazione, perché l’Italia non riconosce la madre surrogata ma è stata violata anche la legge Ucraina che richiede per gli «uteri» in affitto almeno il 50% del materiale genetico della coppia, mentre dall’esame del Dna è risultato che il figlio non ha tracce cromosomiche dei due cinquantenni cremaschi. L’aver in sostanza «comprato» un figlio è elemento — per i giudici — «di grave negligenza genitoriale».
UN DIRITTO AL FIGLIO?
La decisione della Corte europea di Strasburgo, come evidenzia Giuliano Guzzo su La Croce (28 gennaio), conferma anche l’ingresso di un elemento nuovo nel panorama giuridico contemporaneo: il “diritto al figlio”. Conferma, perché un anticipo della comparsa di questo nuovo “diritto” lo si era avuto recentemente in Italia con la sentenza n. 162/2014 con cui la Corte Costituzionale – dichiarando illegittimo il divieto di fecondazione eterologa stabilito dall’articolo 4 comma 3 Legge 40 del 2004 – aveva qualificato il “diventare genitori” ed il “formare una famiglia che abbia dei figli” come “espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi”.
CONFLITTO TRA EUROPA E ORDINAMENTO ITALIANO
Alberto Gambino, direttore del Dipartimento di Scienze Umane presso l'Università Europea di Roma, senza giri di parole sostiene che si apre «un conflitto tra Strasburgo e l’ordinamento italiano, perché la materia familiare è radicata negli ordinamenti con le loro tradizioni e con i loro principi, che non è detto coincidano in tutti i Paesi dell’Unione Europea. Normalmente, si lascia proprio una clausola di salvaguardia con riferimento alla materia familiare, proprio perché non c’è un comun denominatore con riferimento ai Paesi che partecipano all’Europa» (Radio Vaticana, 27 gennaio).
MATERNITA' SURROGATA E' UN CONTRATTO
Il tema della maternità surrogata – che alla fine è un contratto che si fa con una donna, la quale porterà nel suo grembo un bambino che poi all’atto della nascita verrà in realtà dato ad un’altra coppia – «anche da un punto di vista dell’ordine pubblico è qualcosa che contrasta». Quindi, conclude Gambino, «la maternità surrogata non è un tema teorico, ma è un tema molto concreto, fatto di contratti – e ovviamente fra i contratti c’è dietro anche un pagamento – che cozza decisamente con la dignità della donna, la dignità anche del nascituro e in particolare la concezione di famiglia civile – e non famiglia religiosa – che c’è all’interno del nostro ordinamento civilistico».