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La Chiesa non è solo il papa

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Thomas Reese - Finesettimana.org - pubblicato il 22/01/15
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La Chiesa è molto più di lui. Comprende tutti noi
Tutti coloro che leggono questo giornale sanno che sono un grande “fan” di papa Francesco. Non avevo mai pensato di poter vedere un papa come lui nel corso della mia vita. La sua semplicità, la sua compassione e il suo impegno per i poveri sono un genuino riflesso del messaggio evangelico di Gesù. Il suo sostegno per l’apertura e la discussione aperta e il dibattito nella Chiesa sono segni della sua fiducia nello Spirito. Il suo impegno per la giustizia e la pace, il suo interesse per l’ambiente mostrano la sua attenzione per temi cruciali del nostro XXI secolo.

Ciò detto, vorrei che sapesse come parlare delle donne in modo diverso, magari più accettabile per donne istruite. Vorrei che chiedesse di ritirarsi ai vescovi che hanno perso credibilità presso la propria gente eludendo le regole della Chiesa nei confronti di preti colpevoli di abusi.

Mi irrita sentire che la gente pone tutte le sue speranze e i suoi sogni per la Chiesa sulle spalle di Francesco. Il papa non è la Chiesa cattolica. Ha un ruolo molto importante nella Chiesa, ma la Chiesa è molto più di lui. Comprende tutti noi.

Ad esempio, molti giornalisti mi hanno posto domande sull’ “effetto Francesco”. Francesco sta riportando la gente verso la Chiesa?

A livello di aneddoti, sentiamo da genitori e nonni che i loro figli, che non vanno in Chiesa, amano il papa e dicono di avere un atteggiamento diverso nei confronti della Chiesa. Ma fino ad ora non abbiamo dati di studi che sostengano l’ipotesi di un effetto Francesco.

Una parte della spiegazione è che il papa non è la Chiesa cattolica. Tip O’Neil diceva che tutte le politiche sono locali. Io sosterrei che anche ogni religione è locale.

Dopo un’intervista televisiva, parlavo con una giovane produttrice che mi raccontava la sua esperienza. Era stata educata come cattolica, ma al college aveva smesso di andare in chiesa. Ora ha ripreso e viene incoraggiata dal suo fidanzato e da Francesco a dare alla Chiesa un’altra opportunità.

Dopo essere andata in chiesa alcune volte, si è sentita in dovere di accostarsi al sacramento della riconciliazione. È stato un disastro. Il prete l’ha rimproverata e le ha detto che tutto quello che le era capitato di brutto derivava dal fatto che per 10 anni non si era confessata.

Non ci sarà un “effetto Francesco” se, quando le persone tornano alla Chiesa, non incontrano qualcuno come Francesco nella loro parrocchia. Andare a confessarsi oggi è come giocare alla roulette russa. Non sai se incontrerai Gesù misericordioso o qualche moralista arrabbiato e strambo che pensa che il suo compito sia dire alla gente quanto è cattiva. Questa è una forma di abuso contro cui la Chiesa non ha fatto niente.

E non dovremmo limitare il nostro sguardo al clero. Anche il gruppo parrocchiale può essere tentato di clericalismo, e le comunità parrocchiali possono ignorare i nuovi parrocchiani che si sentono persi come tra la folla.

Provate a fare questo esperimento. Andate in una chiesa cattolica che non avete mai frequentato e osservate quanto tempo ci vuole prima che qualcuno cominci a rivolgervi la parola. Poi andate ad una chiesa evangelica e fate lo stesso esperimento. Gli evangelicali saranno sempre vincenti.

I teorici dell’organizzazione ci ricordano che riformare un’istituzione richiede molto più di un organigramma. Richiede un cambiamento di cultura, ossia quello che noi cristiani chiamiamo una conversione spirituale. Un papa può indicare l’orientamento tramite la parola e l’esempio, ma finché non ci coinvolgeremo personalmente non ci sarà alcun cambiamento permanente nella Chiesa.Per secoli, la Chiesa cattolica ha ritenuto che il clero dovesse avere un ruolo attivo e i laici un ruolo passivo. Il Concilio Vaticano II ha cercato di affossare quell’idea, ma i vecchi modelli muoiono molto lentamente.

In Brasile, Francesco ha portato i vescovi a fare un esame di coscienza che comprendeva questa domanda: “Diamo noi ai laici la libertà di continuare a discernere, in un modo confacente alla loro crescita in quanto discepoli, la missione che il Signore ha affidato loro? Li sosteniamo e li accompagniamo, superando la tentazione di manipolarli o di infantilizzarli?”.

Quando la conversazione tocca un tema come la diminuzione del numero dei preti, talvolta dico scherzando: “Forse Dio sa che cosa sta facendo. Forse è l’unico modo per porre fine al clericalismo nella Chiesa”.

Il lato positivo della diminuzione del numero dei preti e che i pochi preti (e le poche suore) rimasti non possono fare tutto e se la Chiesa deve sopravvivere, i laici devono fare un passo avanti e deve essere dato loro il potere di far prosperare la Chiesa. Un pastore che ammiravo ripeteva scherzando: “Più potere alla gente, meno lavoro per il padre”.

Francesco ci ha dato la speranza e ci ha mostrato la strada, ma spetta a noi assumerci le nostre responsabilità e portarle avanti. Non c’è posto nella Chiesa per osservatori passivi; siamo tutti chiamati ad essere il corpo di Cristo che agisce nel nostro mondo oggi. Questo significa partecipazione e sostegno ai programmi parrocchiali, che si tratti di musica liturgica, ospitalità, formazione continua, ascolto e discussione sulla Parola, ministero per i giovani, e giustizia sociale, per non citare che alcuni ambiti. Il desiderio di Francesco di una “Chiesa povera per i poveri” o di una Chiesa che sia “ospedale da campo” deve essere incarnato a livello parrocchiale, altrimenti non si realizzerà.

[Tratto da “ncronline.org” del 16 gennaio 2015, traduzione: www.finesettimana.org]

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