L’impegno delle diocesi cattoliche del nord Europa per la tutela degli immigrati contro i rigurgiti xenofobi dell’estrema destra. In Svezia 3 attentati contro le moschee
Papa Francesco all’Angelus del primo gennaio, guardando la piazza gremita di folla, ha mandato un saluto ai cattolici della Scandinavia. Un gruppo di loro erano in piazza con uno striscione. E’ stato un saluto assai apprezzato dalla piccola comunità cattolica dei Paesi all’estremo nord dell’Europa. La Conferenza episcopale scandinava, sette vescovi in tutto, raccoglie Svezia, Danimarca, Norvegia, Islanda e Finlandia per un totale di circa 270 mila cattolici in Paesi dove la maggioranza dei cristiani sono protestanti.
I cattolici rappresentano l’1 per cento della popolazione. Ma dalla metà degli anni Ottanta i cattolici sono in aumento a causa dell’immigrazione che viene soprattutto dal Medio Oriente. Negli ultimi anni gli arrivi sono stati sempre più consistenti. Al punto che nella periferia di Stoccolma, capitale della Svezia, ogni domenica si celebrano nelle chiese cattoliche messe in diversi riti: melchita, maronita, caldeo cattolico, armeno cattolico e siriaco cattolico. Addirittura alcuni preti svedesi sono stati ordinati secondo questi riti in Libano. L’immigrazione, tuttavia, sta provocando problemi anche nelle tolleranti società dell’estremo nord europeo, di solito conosciute per la loro accoglienza verso chi arriva da fuori. Le diocesi cattoliche di questi Paesi sono impegnate sul fronte dell’integrazione e della solidarietà, ma negli ultimi mesi sono sempre più criticate dei movimenti di estrema destra razzisti che ritengono spropositato l’aiuto che si dà agli immigrati. Per questo motivo il saluto di Papa Francesco agli “scandinavi” riveste ancor più importanza. E’ un incoraggiamento al loro lavoro.
Nella tollerante Svezia negli ultimi otto giorni vi sono stati ben tre attentati ad altrettante moschee. L’ultimo alla fine dell’anno alla moschea di Uppsala, città universitaria alle porte di Stoccolma, con una bomba incendiaria accompagnata da scritte razziste e ingiuriose verso l’Islam sui muri della moschea. Il giorno di Natale cinque persone sono rimaste ferite in un altro attentato incendiario alla moschea di Eskilstuna, nel centro della Svezia e tre giorni prima una bomba era scoppiata sulla porta della moschea di Eslov nel sud. Il portavoce della polizia di Uppsala ha esplicitamente denunciato il carattere “criminale, razzista e che incita all’odio” degli attentati (Agenzia France Presse, 1 gennaio). Si tratta di una escalation preoccupante. Nel 2014 sono stati oltre una decina di attacchi a moschee in Svezia. Il primo ministro Stefan Lofven ha condannato gli episodi: “Non tollereremo questo crimini. Le persone che vogliono praticare la propria religione devono avere il diritto di farlo” (The Guardian 26 dicembre 2014). Intervistato dalla radio pubblica Sr il leader dell’associazione dei musulmani svedesi Omar Mustafa ha confermato che “l’odio per gli stranieri è in aumento”, ricordando che scritte razziste e croci uncinate naziste sono apparse su diverse moschee del Paese.
La Chiesa cattolica è preoccupata dell’aumento di consenso al partito dei democratici svedesi (estrema destra) e ai movimenti populisti di matrice razzista. I democratici di Svezia alle ultime elezioni legislative svedesi a settembre sono diventati da terza forza politica del Paese e ormai la coalizione tra socialdemocratici e verdi traballa sotto le spinte nazionaliste, al punto che per il 10 gennaio sono già state annunciate elezioni politiche anticipate, le prime dal 1958. Sotto accusa da parte dell’estrema destra c’è proprio la politica di accoglienza degli immigrati, che è ritenuta troppo generosa. Così le elezioni rischiano di trasformarsi in un referendum pro o contro l’immigrazione. Anche i sondaggi preoccupano poiché quasi la metà della popolazione è contraria alle politiche del governo ed è pronta a punire la coalizione a causa del badget molto ampio destinato all’accoglienza degli immigrati soprattutto dal Medio Oriente. La Conferenza episcopale cattolica invece sostiene che i Paesi scandinavi devono fare ancora di più perché “possono permetterselo”.
I vescovi criticano anche la decisione di alcuni Paesi scandinavi di rimpatriare i profughi iracheni e chiedono che a loro sia concesso l’asilo permanente: “Chiediamo ai governi e ai popoli dei nostri Paesi la generosità di permettere alle persone di restare dove possono trovare sicurezza e di accogliere i rifugiati” (Agenzia Sir 17 settembre 2014). Ora anche un piccolo, breve, ma intenso e caloroso saluto di Papa Francesco li rafforza nella loro azione di solidarietà e può fare la differenza, vista l’autorevolezza globale di Bergoglio, nel consenso al populismo razzista sempre più diffuso e confermato in Svezia dagli attentati alle moschee.