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Esprimere la fede sul posto di lavoro aumenta la felicità

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Gaudium Press - pubblicato il 25/12/14
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Secondo uno studio dei ricercatori dell’Università del Kansas

Una delle principali preoccupazioni della Chiesa negli ultimi anni è stata l'emarginazione delle credenze religiose, relegate al contesto privato. Questo fenomeno si verifica in ambienti secolarizzati nei quali si limita la manifestazione pubblica della fede, dando luogo a situazioni che hanno provocato una notevole controversia o sono arrivate perfino in tribunale.
 
Limitare queste espressioni, però, vuol dire non solo non riconoscere la libertà, ma anche perdere l'opportunità di creare un clima lavorativo migliore, con più felicità e soddisfazione, secondo quanto hanno determinato i ricercatori dell'Università del Kansas (Stati Uniti).
 
Per giungere a questa conclusione, un gruppo di studenti di dottorato in Psicologia Clinica ha svolto una serie di interviste approfondite a impiegati degli Stati Uniti e della Corea del Sud, misurando l'impatto della loro fede sulla dimensione lavorativa.
 
Il titolo dello studio è “Applicare modelli di gestione di identità degli impiegati attraverso culture differenti: cristianesimo negli Stati uniti e in Corea del Sud”, ed è stato pubblicato sul Journal of Organizational Behavior, come ha reso noto Religión en Libertad.
 
Nello studio, i ricercatori ricordano che il fatto di tenere nascosta una parte importante della propria identità, come la dimensione religiosa, ha conseguenze indesiderabili a livello cognitivo ed emotivo, evita che si creino vincoli sociali forti e favorisce conflitti di identità.
 
“Il distanziamento dalla propria identità è stato collegato a bassi livelli di soddisfazione lavorativa, scarso benessere, maggiore probabilità di sintomi fisici collegati allo stress e maggiori livelli di ansia e depressione”, affermano citando studi precedenti sul tema.
 
La metodologia impiegata ha tenuto conto di una dozzina di variabili e si è concentrata sugli impiegati con un'identità cristiana. Circa le implicazioni pratiche dei risultati, i ricercatori hanno affermato che i dirigenti “dovrebbero promuovere contesti tolleranti in cui gli impiegati sentano di poter affermare la propria religione sul lavoro” ed evitare le strategie di distanziamento dell'identità religiosa, anche se consigliano di stabilire linee chiare per evitare conflitti tra gli impiegati di religioni diverse.
 
Nei contesti lavorativi statunitensi e sudcoreani, questa considerazione si vede rafforzata dall'ampia varietà di confessioni religiose.
 
In conclusione, i ricercatori affermano di poter dimostrare che “la cultura influisce sul modo in cui gli impiegati con un'identità cristiana gestiscono la propria identità sul lavoro”, così come “il ruolo fondamentale che l'identità religiosa gioca sull'influire su queste strategie di gestione dell'identità”.
 
Una delle conclusioni più interessanti dello studio e che si suggerisce di affrontare in futuri approfondimenti è che coloro che beneficiano maggiormente di strategie di affermazione dell'identità religiosa non sono necessariamente quelli che danno un alto valore alla religione nella propria identità, ma coloro che presentano un basso livello di questa centralità religiosa, perché è a questo gruppo di impiegati che esprimere apertamente la propria identità religiosa apporta un maggior indice di benessere. Al contrario, le strategie di distanziamento dall'identità religiosa danneggiano in modo uguale entrambi i gruppi.
 
 
 
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]
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