Todenhofer, primo giornalista occidentale nello Stato islamico avverte: i fanatici sono un pericolo sottovalutato. Papa Francesco scrive ai fedeli in Medio Oriente: sono accanto a voi!
«L’Isis? Pianifica la pulizia religiosa». Il reporter tedesco Juergen Todenhoefer è il primo giornalista occidentale "embedded" nello Stato islamico (Isis), e dal suo viaggio appena terminato in Siria e Iraq è tornato con alcune impressioni ben chiare in mente, come riporta il Corriere della Sera (24 dicembre). «L’occidente sottovaluta drammaticamente la dimensione del pericolo» posto dall’Isis, che tra l’altro «sembra funzionare bene come Stato, come altri Paesi totalitari della regione», ha scritto in un post sul suo sito.
UNO TSUNAMI NUCLEARE
Secondo Todenhoefe «i combattenti dell’Isis sono più intelligenti e pericolosi di quanto i nostri politici suppongano: in pochi mesi l’Isis ha conquistato un territorio grande come la Gran Bretagna. Al Qaeda in confronto è un nano». Per il giornalista tedesco l’Isis «è un movimento dell’1% (della popolazione di religione islamica nel mondo), ma capace di produrre l’effetto di uno tsunami nucleare». E che «non si potrà sconfiggere con le bombe e i missili: solo gli arabi sunniti moderati possono fermare l’Isis, non l’occidente», conclude Todenhoefer.
A MESSA CON 60 PERSONE
Le conseguenza delle rappresaglie targare Isis, scrive La Stampa (24 dicembre) si manifestano con lo svuotamento delle Chiese in Libano, in Giordania, nei Territori Palestinesi ma soprattutto in Siria e in Iraq. Nel 2013 il parroco di San Giorgio dei Caldei a Baghdad recitava la messa dell’Avvento per circa 400 cattolici: adesso padre Miyassir al Makhlasse ne ha di fronte al massimo una sessantina e, dice, «il futuro è un deserto».
SOLO 400 MILA CRISTIANI
Avanzando dal Nord del Paese a colpi di crocifissioni e sgozzamenti d’infedeli, gli uomini di Al Baghdadi mettono in fuga le estreme sentinelle della cristianità. Nel 2003 l’antichissima comunità irachena contava un milione di persone, oggi ne restano 400 mila ma sono spariti del tutto nella Piana di Ninive e a Mosul dove la sharia lascia loro poche chance: convertirsi, pagare una tassa per essere «protetti» o scappare.
TERRORISTI BRUTALI
E’ per questo che Papa Francesco ha inviato una lettera ai cristiani del Medio Oriente, per manifestare quanto meno una vicinanza spirituale in uno dei momenti più difficili per migliaia di loro. «Spero tanto di avere la grazia di venire di persona a visitarvi e confortarvi», ha scritto il pontefice. «L’afflizione e la tribolazione» del Medio Oriente «si sono aggravate negli ultimi mesi a causa dei conflitti che tormentano la Regione, ma soprattutto per l’operato di una più recente e preoccupante organizzazione terrorista, di dimensioni prima inimmaginabili, che commette ogni sorta di abusi e pratiche indegne dell’uomo, colpendo in modo particolare alcuni di voi che sono stati cacciati via in maniera brutale dalle proprie terre, dove i cristiani sono presenti fin dall’epoca apostolica» (Vatican Insider, 24 dicembre).
COME UN PICCOLO GREGGE
«La vostra stessa presenza è preziosa per il Medio Oriente», sottolinea Francesco. «Siete un piccolo gregge, ma con una grande responsabilità nella terra dove è nato e si è diffuso il cristianesimo. Siete come il lievito nella massa». E ancora: «Quasi tutti voi siete cittadini nativi dei vostri Paesi e avete perciò il dovere e il diritto di partecipare pienamente alla vita e alla crescita della vostra nazione».
LA FAMIGLIA DI NAZARET
Anche monsignor Giorgio Lingua, nunzio apostolico in Iraq e Giordania, confessa a Radio Vaticana (24 dicembre) di essere affranto per la situazione dei cristiani perseguitati in Medio oriente. «La prima cosa che mi viene in mente, pensando al Natale in Iraq, quest’anno, è la frase del Vangelo che dice: “Non c’era posto per loro nell’albergo”. Purtroppo, tante famiglie si trovano di fronte a questa realtà: non c’è posto per loro in una casa, in una struttura, in un villaggio, addirittura in un Paese che era il loro.
Quindi, fanno l’esperienza della famiglia di Nazaret che si vede chiudere le porte in faccia».
LA RISPOSTA DELLA SOLIDARIETA’
Dall’altra parte, prosegue il nunzio apostolico, «mi sembra che facciano anche l’esperienza dei pastori che vanno a trovarli, che portano dei doni…e anche dei Re Magi…tutta questa solidarietà internazionale infatti la vedo un po’ come i Magi che vanno incontro a questo Gesù Bambino che sta soffrendo, che è piccolo, che è debole, però non è dimenticato da tutti».
IL COMITATO DEI VESCOVI DI MOSUL
Ed è proprio in tema di solidarietà che monsignor Bashar Warda, vescovo caldeo di Erbilcoi spiega a Tempi.it (24 dicembre) che i tre vescovi di Mosul (quello caldeo, quello siriaco cattolico e quello siriano ortodosso – ndr) hanno creato il Comitato Iraqi Christians Aid, che si occupa dei bisogni materiali e umanitari dei 125 mila cristiani esuli dall’estate scorsa. «Di essi – evidenzia – 13 mila famiglie (cioè un po’ più della metà del totale, ndr) si trovano ora sul territorio della mia diocesi. I primi due mesi in particolare sono stati un incubo, qui in casa mia c’erano 700 famiglie. Adesso siamo riusciti, grazie agli aiuti, a trovare loro una sistemazione in appartamenti presi in affitto o in case prefabbricate».
AIUTI PER 6 MILIARDI DI DOLLARI
Fra la metà di agosto e il 10 dicembre scorso il Comitato dei quattro vescovi ha ricevuto aiuti per oltre 6 milioni di dollari. Un quinto di tutta la cifra è arrivata dalla Conferenza episcopale italiana, un sesto da papa Francesco, poi forti donazioni da Aiuto alla Chiesa che soffre, AsiaNews e dalla diocesi di Reggio Emilia e Guastalla, di gran lunga la più munifica fra le diocesi italiane.