La storia di una famiglia che per ripararsi dalla guerra civile ha deciso di nascondersi a tredici metri sotto terra. L’arcivescovo maronita Nassar: i fedeli si sentono soli
Natale a Damasco ma in uno scantinato. E’ l’odissea che vive una delle tante famiglie cristiane che sono state costrette a "sparire" dalla circolazione per evitare rappresaglie delle fazioni di fanatici islamici impegnate nella guerra civile. Il caso, sollevato da Il Giornale (22 dicembre) è quello di Samaan, della moglie Riima e dei figli Philippe e Micheal. Vivevano nel quartiere di Jaramana.
LA FUGA NEL QUARTIERE CRISTIANO
Quando i ribelli hanno iniziato a bombardarlo, l’unica via di fuga è stata lasciare casa per accomodarsi in uno scantinato nel quartiere cristiano di Khassan. dove tuttora vivono, tredici metri sotto terra. «Quest’anno – s’arrabbia Riima – è pure gelida, faremo il Natale in frigorifero». Samaan scuote la testa. Sospira. «È vero abbiamo dovuto rinunciare alla stufa, ma che ci posso fare? Il diesel è scomparso. Se lo tiene tutto il Califfato. Da quando l’Isis ha conquistato gli ultimi pozzi nel nord est la situazione è drammatica. Il gasolio è introvabile».
PRESEPE MA NON ALBERO
A Damasco, denuncia Samaan, «è pieno di cristiani nella mia situazione. Noi cristiani non lavoravamo per lo stato, preferivamo le attività individuali. E quindi la maggior parte di noi sopravvive con i risparmi di prima della guerra». L’uomo spiega che in occasione del Natale hanno realizzato comunque il presepe, nonostante, il clima, ma non l’albero. «Quando sei in lutto qui in Siria non fai l’albero. L’albero è simbolo di gioia, ma se la tua vita è nera, l’albero non la può riaccendere. Qui nel quartiere ci sono tanti presepi, ma pochi alberi. George Kalash il figlio dei vicini, quelli dell’appartamento due piani sopra, è morto a marzo. Il colpo di mortaio è caduto all’entrata del palazzo. L’ha fatto a pezzi».
L’AMAREZZA DELL’ARCIVESCOVO
Monsignor Sami Nassar, arcivescovo maronita di Damasco, nel suo messaggio natalizio, intitolato “I nostri vicini non ci vogliono, non c’è più spazio per noi”, ha rilanciato l’allarme: «I nostri fedeli di Damasco si sentono isolati, condannati a vivere in pericolo, e a morire nel loro buco tagliati fuori dai loro parenti e amici che già vivono in Libano. Questa solitudine aggiunge all’angoscia l’amara esperienza del freddo inverno, la triste sensazione dell’abbandono. I nostri fedeli – conclude il messaggio – trascorrono la loro festa di Natale nel freddo gelido del loro ‘presepe domestico’ affidandosi al calore della loro fede sotto lo sguardo tenero della Sacra Famiglia».