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L’annuncio del disgelo tra USA e Cuba, fonte di gioia e di speranza

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Roberta Sciamplicotti - Aleteia - pubblicato il 18/12/14
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I due Paesi riallacceranno piene relazioni diplomatiche, e nella svolta hanno avuto un ruolo importante la Chiesa e papa FrancescoL'annuncio di questo mercoledì secondo il quale gli Stati Uniti e Cuba avvieranno – senza ancora una data definita o un'agenda – conversazioni per ristabilire le relazioni diplomatiche, interrotte dall'inizio degli anni Sessanta del secolo scorso, quando Fidel Castro si allineò con l'Unione Sovietica e mise un bastione del comunismo alle porte dell'Unione Americana, ha scosso il mondo.

 
Il Presidente Obama ha annunciato che gli Stati Uniti ristabiliranno piene relazioni diplomatiche con Cuba e apriranno un'ambasciata all'Avana. Dopo un negoziato durato 18 mesi, Obama e il Presidente cubano Raúl Castro hanno stabilito in una telefonata di mettere da parte decenni di ostilità per trovare un nuovo rapporto tra i loro Paesi.
 
La mediazione di papa Francesco, insieme a quella del Governo del Canada, è stata importantissima per arrivare a questa svolta, ma è parte di un processo iniziato già con Giovanni Paolo II e portato avanti da Benedetto XVI con le visite dei due pontefici nell'isola caraibica.
 
Questa intermediazione, ovviamente, non tocca aspetti ideologici o commerciali, limitandosi al tema umanitario, con lo sfondo della povertà che affligge Cuba e la necessità di aspirare, nel continente che ha visto nascere Jorge Mario Bergoglio, a una “patria grande”, come ha detto lo stesso papa Francesco nella Messa commemorativa della Madonna di Guadalupe il 12 dicembre nella basilica di San Pietro.
 
In un comunicato diffuso dalla Segreteria di Stato vaticana questo mercoledì, si legge che papa Francesco “desidera esprimere vivo compiacimento per la storica decisione dei Governi degli Stati Uniti d’America e di Cuba di stabilire relazioni diplomatiche, al fine di superare, nell’interesse dei rispettivi cittadini, le difficoltà che hanno segnato la loro storia recente”.
 
“Nel corso degli ultimi mesi”, si ricorda, il papa ha scritto a Castro e a Obama “per invitarli a risolvere questioni umanitarie d’interesse comune, tra le quali la situazione di alcuni detenuti, al fine di avviare una nuova fase nei rapporti tra le due Parti”. La Santa Sede “ha inteso offrire i suoi buoni offici per favorire un dialogo costruttivo su temi delicati”, e “continuerà ad assicurare il proprio appoggio alle iniziative che le due Nazioni intraprenderanno per incrementare le relazioni bilaterali e favorire il benessere dei rispettivi cittadini”.
 
Sir Mario J. Paredes, Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e Presidential Liaison Roman Catholic Ministries dell'American Bible Society, ha commentato la misura con Aleteia affermando che “i cattolici di tutto il mondo lodano i rischi che il Presidente Obama e il Presidente Raúl Castro si sono assunti in questo sforzo di normalizzare le relazioni tra i due Paesi”.
 
“Per decenni”, ha affermato, “la Chiesa cattolica negli Stati Uniti ha chiesto che venisse sollevato l'embargo e la normalizzazione dei rapporti”. Nel 1998, papa Giovanni Paolo II ha auspicato che Cuba si aprisse al mondo e il mondo si aprisse a Cuba. Subito dopo la visita di papa Wojtyła nell'isola caraibica, l'allora arcivescovo di Buenos Aires, oggi papa Francesco, ha scritto un libro sul dialogo tra Giovanni Paolo II e Fidel Castro, e da allora ha seguito da vicino gli eventi a Cuba. Nel 2012, papa Benedetto XVI ha ribadito le parole del suo precedessore visitando Cuba. Nell'aprile di quest'anno, quando papa Francesco ha ricevuto il Presidente Obama in Vaticano, uno degli argomenti trattati è stata proprio la normalizzazione dei rapporti con Cuba.
 
Per Chad Pecknold, professore associato di Teologia presso la Catholic University of America, l'annuncio di questo mercoledì è “una vittoria per la diplomazia vaticana, preparata per decenni e portata a termine da papa Francesco”.
 
“Se (il papa) lavora dietro le quinte per le relazioni tra Cuba e Stati Uniti”, si è chiesto Pecknold, “dove altro sta lavorando per la pace? Israele-Palestina?”
 
Per i cattolici cubani, l'annuncio è un autentico regalo alla vigilia di Natale, come ha confessato il cubano Gustavo Andújar, presidente dell'Associazione Cattolica Mondiale per la Comunicazione (SIGNIS).
 
“Tutti speravamo che si verificasse la liberazione dei prigionieri in entrambi i Paesi, ma l'addendum alla dichiarazione congiunta sul ristabilimento di piene relazioni diplomatiche e l'eliminazione o l'alleviamento di alcune delle misure più restrittive applicate a Cuba è stata una splendida sorpresa”, ha dichiarato Andújar, per il quale la misura è “un evento storico che porterà senza dubbio benefici a entrambi i popoli, separati da decenni di battaglie ideologiche ma legati tra loro, ormai definitivamente, dai legami familiari tra i cubani delle due sponde dello Stretto della Florida”.
 
La domanda è se la ripresa delle relazioni diplomatiche toccherà anche temi relativi agli investimenti e al commercio bilaterale. Cuba, infatti, è stata duramente colpita e si è vista bloccata nel tentativo di migliorare le proprie condizioni dall'embargo imposto dagli Stati Uniti.
 
In un'intervista rilasciata a “Il Regno”, monsignor Dionisio García Ibáñez, arcivescovo di Santiago de Cuba e presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici Cubani, ha ricordato che l’embargo “condiziona pesantemente la nostra politica economica, impedisce che tutte le potenzialità del popolo cubano vengano espresse”.
 
La Chiesa cubana, ha ricordato il presule, è stata fortemente condizionata all’inizio degli anni Sessanta, “ovvero quando la Rivoluzione iniziò da un lato con un’impostazione che potremmo definire atea e dall’altro con una serie di scontri sulla politica economica e sociale. Gli operatori pastorali al servizio della Chiesa furono drasticamente ridotti”, “i numerosi centri di formazione cattolici, che avevano una certa influenza nel Paese nel campo dell’istruzione, andarono perduti, così come le istituzioni di natura assistenziale. Anche la presenza negli ospedali venne meno”.
 
“Ciò che rimase fu la consapevolezza che il popolo di Dio era l’unico che potesse rendere Cristo presente nella società cubana. Così, inaspettatamente, si aprì un tempo molto ricco per la Chiesa, che prese coscienza di essere comunità. Si iniziò a scoprire la vita parrocchiale”, con piccole comunità di persone “unite, impegnate, che si davano da fare”.
 
L'annuncio di questo mercoledì dà quindi nuova speranza anche alla Chiesa, che spera di poter ampliare il proprio campo d'azione. A ciò contribuisce sicuramente la presenza di un papa latinoamericano. “Se fosse stato dello Sri Lanka lo avremmo amato allo stesso modo”, ha commentato l'arcivescovo, “ma non c’è dubbio che papa Francesco abbia il nostro stile, è portatore di un’esperienza religiosa e pastorale che noi conosciamo”.
 
Non tutti hanno tuttavia accolto con favore la notizia. Per il presidente della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, il repubblicano John Boehner, le misure di apertura verso Cuba del Presidente Obama fanno parte di “una serie di concessioni senza senso a una dittatura che maltratta la sua gente e cospira con i nemici” del Paese.
 
Non ci sono ancora notizie sulle reazioni a Cuba, ma l'ala dura del Partito Comunista si pronuncerà sicuramente allo stesso modo, avvertendo dei pericoli che Cuba potrà avere negoziando con il “demonio”, come l'ex Presidente venezuelano Hugo Chávez chiamava il Presidente degli Stati Uniti (all'epoca George W. Bush).
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