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Chi è il predicatore evangelico che “dava il cinque” al papa?

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Aleteia - pubblicato il 02/12/14
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Un gesto che ha fatto mormorare molti cattolici statunitensidi David Mills

Tra i cattolici è probabilmente noto come l'uomo che nel luglio scorso ha salutato il papa con il noto “dammi il cinque”. Io ho conosciuto il predicatore evangelico James Robinson di recente in una riunione per discutere un progetto comune e sono rimasto sorpreso quando ha detto a un gruppo di evangelici e cattolici (due di noi convertiti) “Ho conosciuto il papa. Amo quell'uomo”.

Il “dare il cinque” ha fatto mormorare per vari giorni alcuni cattolici, ha spiegato sull'Huffington Post. In un incontro di tre ore in Vaticano, Francesco ha ascoltato vari leader evangelici parlare della loro fede e della loro passione per l'evangelismo. Ha poi risposto con “un dinamico messaggio evangelico”. Egli “vuole che tutti abbiano un incontro personale con Cristo che cambi loro la vita, intavolino una relazione personale con Gesù e siano coraggiosi testimoni del Vangelo. La via non è la religione, ma Gesù”.

Robinson era contento di essere seduto accanto al papa. “Il suo messaggio era così pieno di fervore che concludendo ho detto 'Come predicatore, voglio che sappia che ciò che ha appena detto merita un 'dammi il cinque'”. Il traduttore a quanto pare ha dovuto spiegare questo gesto al papa, e quando questi ha capito cosa voleva l'amico evangelico ha alzato la mano. Nella foto i due sorridono, anche se uno di loro sembra non aver mai fatto quel gesto prima di allora.

Come ho detto, alcuni amici cattolici hanno mormorato e si sono lamentati perché a quanto pare pensavano che non fosse un gesto adatto a un papa. Era ovviamente un atto di gentilezza e di amicizia, Francesco che si adattava al modo di fare le cose dell'altro. Se Gesù mangiava con le prostitute e gli esattori delle tasse, i papi possono “dare il cinque” a evangelici statunitensi.

James Robinson viene da un mondo molto diverso dal mio, e ancor più diverso da quello di Francesco. Parte della differenza è culturale, ma la differenza più importante è religiosa. I cattolici e i battisti del sud intendono la Chiesa, la Bibbia e il modo in cui Dio ci forma e ci trasforma in modo diverso. Le nostre chiese hanno un crocifisso e un tabernacolo, le loro possono avere una croce (probabilmente no) e ovviamente non hanno un tabernacolo.

Sarebbe scorretto ignorare le differenze nello spirito dell'amicizia cristiana. I cattolici obbligati a celebrare in una chiesa battista sentirebbero la sala vuota, i battisti costretti ad adorare in una chiesa cattolica la sentirebbero piena di idoli. È possibile che ciascuno, per carità, tratti l'altra chiesa come una versione della sua, ma sarebbe solo una finzione imposta dalla buona educazione.

E tuttavia, durante un pasto a Roma il papa cattolico e i pastori evangelici si ascoltano reciprocamente e ascoltano gli uomini parlare delle anime e di Gesù Cristo allo stesso modo, parlano in modo simile di qualcuno che hanno conosciuto e servito, condividendo il desiderio che altri lo conoscano e lo servano anch'essi.

Seduto a una tavola rotonda con Robinson e i suoi compagni e altri due cattolici, ho provato la stessa cosa. Parlano un linguaggio diverso dal mio come cattolico. La Madonna e i santi non sono presenze che sentono e amicizie che reclamerebbero. Non approfittano dei sacramenti. Non cercano aiuto nel Magistero per sapere cosa credono i cristiani e come dovrebbero vivere. Come direbbero i cattolici, non hanno tutti i doni di Dio che ci danno la felicità.

E tuttavia sono uomini che amano Gesù. Se Gesù entrasse in una stanza, si inginocchierebbero rapidamente, se non più velocemente dei cattolici almeno come loro. Se dicesse loro “Vai e unisciti alla Chiesa” lo farebbero. Forse non immediatamente, non senza lamentarsi e dopo aver aver verificato due o tre volte, ma lo farebbero. “Il nemico ha impedito che molti cristiani si amino gli uni gli altri come Cristo ci ha amati e ha fallito nel riconoscere l'importanza dell'unità soprannaturale anche con tutta la sua diversità unica”, scrive Robinson nell'articolo dell'Huffington Post. “Sappiamo che è la volontà di Dio per coloro che sono nati dall'alto essere testimoni coraggiosi per la sua gloria e il suo regno e andare per tutto il mondo e fare discepoli di Cristo. Ci è stato ordinato di amare Dio con tutto il nostro cuore e il nostro prossimo come noi stessi”.

Possiamo spiegare la crescente amicizia tra evangelici e cattolici come risultato della cultura: due gruppi una volta dominanti e ora sempre più emarginati si incontrano come alleati nella loro emarginazione, mentre condividono una convinzione nella legge morale che la maggior parte delle loro società rifiuta. Si incontrano essendo amici, come i bambini solitari nel cortile della scuola che non hanno amici se non si relazionano tra loro o i nerd nei club informatici che vengono derisi da tutti.

Questo è certamente un motivo, ma quella che Robinson definisce unità soprannaturale sembra essere anche un'altra ragione. In questo incontro e in altri a cui ho assistito, le persone bruscamente divise dalla Riforma si sentono affratellate non solo perché si trovano insieme in questo “canile” culturale, ma perché condividono un'amicizia con il Signore. Sospetto che Francesco abbia visto questo nel suo incontro, e ha saputo che egli e gli evangelici si sono incontrati “alla presenza del Signore”, scrive Robinson.

Incontrarsi alla presenza del Signore non cancella le differenze reali. Se quelle ostie nel tabernacolo sono davvero Gesù o solo pezzi di pane resta una questione seria che causa divisione, e una differenza che rappresenta tutte le altre. Che due uomini condividano un'amicizia con Gesù non vuol dire che siano d'accordo. Un amico può sbagliarsi molto su ciò che vuole Gesù. Può non ascoltare molto bene.

Ma gli evangelici e i cattolici vedono sempre più che sono amici, non solo alleati ma amici, e questo è molto importante in questo mondo. Io neanche in un milione di anni, mai, “darei il cinque” al papa, ma sono contento che James Robinson abbia sentito di poterlo fare e di fatto abbia sentito che doveva farlo.

David Mills, ex editore esecutivo di First Things, è scrittore e autore di Discovery Mary. Per consultare il suo blog,www.patheos.com/blogs/davidmills

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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