Da preferire persino alla coppia di fidanzati che si sono conosciuti all’ultima Giornata mondiale della gioventù, che pure restano un «must»
Questo Natale sui media cattolici, si portano molto i «preti di strada». Senza clergyman, col maglioncino scuro e spettinati. Più sul Landini che sul Marchionne però, mi raccomando.
A pranzo, cena e colazione, sono più trendy di un bel vescovone. Molto più friendly del cardinale che giochicchia con la croce d’oro appesa al collo. Gerarchie ecclesiali che improvvisamente non fanno più audience. La talare, si sa, erige un muro, il maglioncino invece getta un ponte. I preti di strada fanno più ascolti anche del solito noioso teologo occhialuto o del fervente laico stempiato e incravattato con famigliola al seguito. Da preferire persino alla coppia di fidanzatini che si sono conosciuti all’ultima Giornata mondiale della gioventù, che pure restano un ‘must’ e non si buttano mai via.
I preti devono essere rigorosamente di periferia, naturalmente. Se no non se ne parla. È richiesto un riscontro topografico urbanistico certificato e una prova di residenza nell’hinterland di almeno cinque anni. Una leggera cadenza dialettale non è richiesta, ma aiuta.
Vanno bene anche i preti intervistati sul marciapiede, possibilmente in un giorno di pioggia, vicino a donne nordafricane obbligate a prostituirsi (che si accingono a salvare) o accanto a un rogo ardente di rifiuti tossici (che si accingono a spegnere). Come ambientazione vanno bene anche i terreni confiscati alle mafie, le carceri o ancora le comunità che accolgono tossicodipendenti o immigrati. Ottimo se mentre i preti di strada parlano al microfono, con voce pensosa e l’occhio stanco, dietro di loro s’intravede qualche disgraziato soccorso o qualche giovane volontario infervorato in varie attività benefiche. Il tutto in controluce, per accentuare la drammaticità caravaggesca dell’inquadratura e con il sottofondo musicale di Vangelis o Morricone. Si può usare anche De André, anche se con moderazione.
Obbligatoria poi, da contratto, la citazione di Papa Bergoglio. Non proposta subito, ma sul finale dell’intervista, improvvisamente, con esibita nonchalance. Consigliate quella sui pastori che debbono avere «l’odore delle pecore» – che permette stacchi panoramici su greggi belanti – o sui poveri che sono «la carne di Cristo».
Alcuni preti di strada intervistati, in queste occasioni, sorridono sornioni. Non sono sorpresi da questa improvvisa visibilità mediatica intraecclesiale, anche se prima magari spopolavano solo su La Repubblica o Rai Tre. Altri appaiono stupiti, un po’ sospettosi e mentre parlano temono esca fuori un tizio con il cartello «Sei su scherzi a parte!». Tutti sanno bene, però, che non sono lì per fare audience o conquistare notorietà personale, ma per svolgere con sobrietà un servizio pastorale nel nome di Cristo.
Eppure, mentre il cameraman li fa spostare di lato per migliorare l’inquadratura o il tecnico gli appunta il microfono sul maglioncino liso, leggi nei loro sguardi il dubbio: «Chissà se per la prossima collezione autunno-inverno il Vangelo ‘sine glossa’ sarà ancora di moda?».