Al Diyanet papa Francesco sottolinea gli aspetti comuni della spiritualità cristiana e musulmana e sollecita l’impegno dei leader religiosi per la pace"La violenza che cerca una giustificazione religiosa merita la più forte condanna, perché l’Onnipotente è Dio della vita e della pace": una condanna senza appello da parte di papa Francesco contro il fanatismo che sta insanguinando particolarmente il Medio Oriente è il contenuto inequivocabile dell'incontro al Diyanet, il Dipartimento per gli affari religiosi del governo turco.
La Turchia è uno stato laico anche se il 98% della popolazione è musulmana, dividendosi tra un 68% di sunniti e un 30% di sciiti). L'ordinamento laico introdotto nel 1924 dal fondatore della repubblica turca, Kemal Ataturk – al cui mausoleo si è recato papa Francesco al suo arrivo come ogni capo di stato in visita ufficiale – ha abolito il Califfato e sostituito il Ministero della Shari'a con il Dipartimento per gli Affari religiosi. Anche Benedetto XVI, nella visita del 2006, incontrò il presidente degli affari religiosi che in quell'occasione espresse stima verso tutti i leader religiosi della Turchia e verso i musulmani abitanti di una "nobile terra molto cara ai cristiani".
Lo ha ricordato Papa Francesco che oggi ha incontrato al Diyanet il presidente, Mehmet Gormez, per un colloquio privato insieme a diverse personalità della Comunità musulmana oltre ad alcuni membri del seguito papale, per recarsi in seguito nella sala dove era presente una rappresentanza dei numerosi media internazionali che stanno seguendo l'evento della visita di Bergoglio: oltre 700 gli accreditati.
Bergoglio ha ripreso l'analisi già disegnata nel precedente incontro con le autorità statali sulla situazione del mondo attuale segnata da gravi crisi in molte aree funestate da guerre, tensioni e conflitti inter-etnici e interreligiosi, "fame e povertà che affliggono centinaia di milioni di persone; danni all’ambiente naturale, all’aria, all’acqua, alla terra". Una situazione particolarmente tragica in Medio Oriente e soprattutto in Iraq e Siria dove la sofferenza travolge tutti, dai più piccoli ai più anziani, e la violenza si abbatte su "edifici sacri, monumenti, simboli religiosi e il patrimonio culturale, quasi a voler cancellare ogni traccia, ogni memoria dell’altro".
Per questo sono così importanti "le buone relazioni e il dialogo tra leader religiosi" che rappresentano "un chiaro messaggio indirizzato alle rispettive comunità, per esprimere che il mutuo rispetto e l’amicizia sono possibili, nonostante le differenze".
In qualità di capi religiosi, ha affermato Francesco £abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani". La vita umana ha "un carattere sacro" e, pertanto, "la violenza che cerca una giustificazione religiosa merita la più forte condanna, perché l’Onnipotente è Dio della vita e della pace". "Da tutti coloro che sostengono di adorarlo – ha insistito il pontefice – , il mondo attende che siano uomini e donne di pace, capaci di vivere come fratelli e sorelle, nonostante le differenze etniche, religiose, culturali o ideologiche".
Dopo la denuncia, occorre l'impegno comune per trovare soluzioni adeguate ai problemi tramite la collaborazione di tutti: governi, leader politici e religiosi, rappresentanti della società civile e "gli uomini e le donne di buona volontà". I responsabili delle comunità religiose possono così offrire i valori presenti nelle loro tradizioni. La tradizione di spiritualità di musulmani e cristiani, in particolare, presenta "elementi di comunanza, pur vissuti secondo le proprie tradizioni": l’adorazione di Dio misericordioso, il riferimento al patriarca Abramo, la preghiera, l’elemosina, il digiuno. "Riconoscere e sviluppare questa comunanza spirituale attraverso il dialogo interreligioso – ha affermato papa Francesco che ha espresso apprezzamento per la collaborazione tra il Diyanet e il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso – ci aiuta anche a promuovere e difendere nella società i valori morali, la pace e la libertà".
Il comune riconoscimento della sacralità della persona umana, inoltre "sostiene la comune compassione, la solidarietà e l’aiuto fattivo nei confronti dei più sofferenti", così come sta facendo il popolo turco – musulmani e cristiani – aiutando i due milioni di profughi che sono entrati nel loro paese fuggendo dalla guerra: "un esempio concreto – ha concluso il pontefice – di come lavorare insieme per servire gli altri, un esempio da incoraggiare e sostenere".