La bellezza ha un limite di età? La nostra percezione dell’età e la dignità degli anzianidi Elise Harris
Questo video, una delle tante pubblicità che fanno parte della campagna di bellezza della Dove, affronta quella che è probabilmente una delle più grandi paure del nostro tempo: l’età. Uno studio su 2.000 donne condotto da Superdrug nel 2012 ha verificato che le donne iniziano a preoccuparsi per i segni dell’età a 29 anni. In una società che sembra sempre più concentrata sull’aggrapparsi alla giovinezza, la domanda “Cosa è successo?” di fronte all’agitazione di queste donne sul fatto di mettere in mostra ogni anno che avevano guadagnato nella vita è qualcosa su cui si potrebbe interrogare la società nel suo insieme.
Dagli organizzatori di American Idol che limitano l’età dei partecipanti a 25 anni alla produzione di massa di prodotti di bellezza “anti-età” e ancora alle compagnie che preferiscono impiegati giovani e attraenti a quelli più anziani e con maggiore esperienza, la domanda rimane la stessa: cos’è accaduto alla nostra percezione dell’età, e quando abbiamo iniziato a temerla o a vederla come qualcosa di cui vergognarsi?
E se dicessimo “pro-età” anziché “anti-età”?
Oltre al primo video, la Dove ha prodotto anche questa seconda pubblicità sull’età che cerca di andare al di là della mentalità “anti-età” e mostra l’età come qualcosa di positivo e un livello diverso di bellezza di cui si dovrebbe essere orgogliosi.
Mia nonna 92enne mi ha detto spesso che mentre invecchiava sentiva spesso la gente mormorare quanto fosse anziana. Quando le veniva chiesta l’età, mia nonna diceva che rispondeva: “Ho 92 anni, e ho guadagnato ciascuno di loro!”
Inserendo la bellezza entro i confini di quello che costruiamo come società, stiamo andando contro la dignità fondamentale che abbiamo in quanto esseri umani visto che siamo creati a immagine e somiglianza di Dio. Dato che la nostra dignità deriva da Dio, che è immortale ed esiste fuori dal tempo, non c’è niente che possa portarci via la nostra dignità o la nostra bellezza o perfino limitarla, inclusa l’età.
Al di là dei discorsi pubblici, la questione dell’invecchiamento, inclusa la nostra morte imminente, è una delle più grandi paure di tutti i tempi, e spesso affibbiamo all’età idee false, come l’ipotesi di non poter fare tante cose come quando eravamo giovani o di non essere in sintonia con la società moderna, o ancora di non avere più molto – o non avere nulla – con cui contribuire alla società.
“Non importa quanti anni hai, vivi”
Anche se non tutti i nomi e le età che appaiono in questo video sono considerati necessariamente “vecchi”, il cinquantenne medio è difficilmente considerato nel fiore degli anni, anche se questo video mostra che non importa quello che può pensare la società, perché la storia conferma che l’età non è un ostacolo al contributo che possiamo dare al mondo.
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In una società che spesso ascrive il valore di una persona a ciò che questa può fare, è importante ricordare che anche quelli che sembrano non avere più niente da dare hanno ancora un valore enorme – un valore che non è limitato alle realizzazioni umane. Pensiamo, ad esempio, a un neonato: cosa può dare al mondo? A livello pratico niente – piange, mangia e dorme e ha bisogno di cure e attenzioni costanti –, ma per la sua famiglia è comunque prezioso e inestimabile. Lo stesso vale per gli anziani.
La vocazione degli anziani
Papa Francesco ha parlato spesso degli anziani da quando è stato eletto vescovo di Roma un anno e mezzo fa, affermando che sono una delle fasce di popolazione più emarginate al mondo. Spesso ritenute inutili, le persone anziane sono invece “sempre state protagoniste nella Chiesa, e lo sono tuttora… Malgrado gli inevitabili ‘acciacchi’, a volte anche seri, sono sempre importanti, anzi, indispensabili”, ha detto il pontefice a un gruppi di operatori sanitari nel novembre scorso.
Nel settembre di quest’anno, il papa ha anche tenuto la prima udienza dedicata esclusivamente agli anziani e ai nonni, affermando che l’anzianità, anziché essere un peso, “è un tempo di grazia, nel quale il Signore ci rinnova la sua chiamata: ci chiama a custodire e trasmettere la fede, ci chiama a pregare, specialmente a intercedere; ci chiama ad essere vicino a chi ha bisogno”.
Con la capacità di capire le situazioni più difficili, gli anziani e i nonni possiedono una forza e un potere speciali nelle loro preghiere, ha aggiunto, osservando che per questo viene loro affidato il grande compito di “trasmettere l’esperienza della vita, la storia di una famiglia, di una comunità, di un popolo; condividere con semplicità una saggezza, e la stessa fede: l’eredità più preziosa”, e di continuare a “portare frutto” offrendo la propria testimonianza “anche nelle prove più difficili”.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]