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Razzisti? No, disperati

TO GO WITH AFP STORY BY OLIVIER BAUBE - A picture shows an abandonned church squatted by illegal migrants in the area of "Tor Sapienza" where a refugee facility (legal migrants) has been repeatedly at the centre of violence, on November 15, 2014 in Rome. The working-class neighborhood of Tor Sapienza has seen several days and nights of violence against refugees by residents who blame foreigners for crimes. The residents say they are not racist but are fed up with years of neglect by authorities, who have allowed migrants, asylum-seekers, as well as Roma, or Gypsies, to settle in Rome’s peripheries without providing adequate services. AFP PHOTO / ALBERTO PIZZOLI

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 18/11/14
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A Tor Sapienza va in scena la rabbia delle periferie dove si scaricano i problemi senza costruire cittadinanza

"In relazione all'esigenza di una diversa destinazione del centro di accoglienza sito in via Giorgio Morandi, si valuterà la possibilità di accogliere esclusivamente donne e minori di anni dodici o nuclei familiari con bambini piccoli". Sembra questa la soluzione al conflitto scoppiato a Tor Sapienza, un quartiere della periferia est di Roma, tra i residenti e gli immigrati ricoverati nel centro di accoglienza. L'hanno sottoscritta nel pomeriggio del 18 novembre in un verbale, insieme all'accordo su un'altra serie di iniziative per porre riparo al degrado del territorio, il sindaco della capitale Ignazio Marino e i rappresentanti dei cittadini di Tor Sapienza. L'accordo, almeno per il momento, passa sopra le teste degli altri soggetti in causa, cioè i rifugiati, molti dei quali erano stati già allontanati dalla zona nei giorni scorsi. Eppure Papa Francesco, all'Angelus di domenica scorsa, aveva invitato cittadini ed immigrati a superare lo scontro e piuttosto a incontrarsi insieme alle istituzioni, offrendo – da vescovo di Roma quale si è presentato già dalla sera della sua elezione – anche i locali delle parrocchie. "L’importante – ha sottolineato Bergoglio – è non cedere alla tentazione dello scontro, respingere ogni violenza. È possibile dialogare, ascoltarsi, progettare insieme, e in questo modo superare il sospetto e il pregiudizio e costruire una convivenza sempre più sicura, pacifica e inclusiva”. La molla che ha fatto scattare le tensioni, tuttavia, non va cercata nei pregiudizi razziali, quanto nell'esasperazione, come racconta ad Aleteia, Cristina Gerardo che con l'Associazione Antropos è impegnata dal 1997 in progetti educativi, di integrazione e contro l'emarginazione nel quartiere.

 

Che sta succedendo a Tor Sapienza?

 

Gerardo: Una guerra tra poveri. Gli abitanti di Tor Sapienza non sono razzisti, si sentono abbandonati dalle istituzioni in un territorio dove vengono "scaricate" problematiche che vanno a sommarsi a situazioni di disagio mai affrontate. Finchè la gente non ne può più. Adesso arrivano i politici – e non a caso sono contestati tutti, dal Pd al M5S – ma siamo di fronte alla cronaca di una morte annunciata.
 

 

La morte di chi?

 

Gerardo. Di un intero territorio. Tor Sapienza è una specie di collinetta dove negli anni '70- '80 l'Ater ha costruito un intero caseggiato di case popolari per gli ex baraccati lungo via Giorgio Morandi: un grande quadrilatero di 504 appartamenti con uno spazio aperto al centro. Dall'altra parte della strada il Comune ha poi costruito altri 202 appartamenti. Al piano terra del complesso dell'Ater erano previsti negozi, ma questi non sono stati aperti o sono stati chiusi in seguito e poi occupati come abitazioni e questo è il primo focolaio di tensione.

 

E gli altri?

 

Gerardo: Si può scegliere: il largo sfruttamento della prostituzione di ogni tipo a piazza Pino Pascali, i campi nomadi a via Salviati, le baraccopoli improvvisate nelle zone verdi circostanti il quartiere, la strada a scorrimento veloce che assedia il quartiere da una parte. Anche i locali dell'ex chiesa di san Cirillo sono stati occupati: nella chiesa nuova c'è stato in visita Papa Francesco nel 2013.

 

Quando nasce il problema immigrati?

 

Gerardo: Con l'emergenza profughi a Lampedusa, di colpo 2-3 anni fa vengono inviati alla chetichella a Tor Sapienza 100 ragazzi che trovano alloggio in una struttura per uffici riadattata e gestita dalla cooperativa "Il Sorriso". Altri 400 vengono alloggiati, poco lontano, in un'altra struttura sulla Prenestina. Il disagio si aggiunge al disagio per gli abitanti del quartiere, che sono coinvolti come tutti dalla crisi economica e travolti dalla mancanza di lavoro: in questa zona, nel corso degli anni, hanno chiuso tante fabbriche. Qualche sera fa, il tentativo di violenza ai danni di una donna da parte di tre uomini incappucciati nel parco dove era andata a far passeggiare il cane alle sette di sera, ha fatto esplodere la miccia. Il parco era buio perchè come sempre manca l'illuminazione, così come non vengono potati gli alberi che tolgono la luce dei pochi lampioni sulla strada. La donna, una mamma di 28 anni, si è salvata perchè il cane ha reagito, ma per gli abitanti del quartiere è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non si può dire chi sia stato, ma con la rabbia non si ragiona.

 

 

E adesso cosa si può fare?

 

Gerardo: Intanto evitare le strumentalizzazioni, da parte di chiunque e anche la guerra tra i poveri. Oggi l'obiettivo delle contestazioni sono gli immigrati, ma qualche anno fa potevano essere i calabresi. Il problema di Tor Sapienza è quello di tutte le periferie intese come aree trascurate in cui viene concentrato il disagio. Occorre ricostruire il tessuto sociale e ricominciare dalle cose semplici ma essenziali per la vita di un quartiere: l'illuminazione, la messa in sicurezza delle strade, i trasporti, spazi adeguati per la vita sociale. Qualche anno fa con l'associazione e i cittadini abbiamo messo a posto lo spazio verde che abbiamo chiamato "Parco del Barone rampante". Ha risolto in modo semplice tanti problemi di convivenza che agitavano le case popolari perchè ha offerto uno sfogo al chiasso dei ragazzi che hanno bisogno di ritrovarsi con gli amici, senza disturbare gli adulti che tornano da lavorare e hanno invece bisogno di riposo. Allo stesso tempo ne hanno potuto usufruire anche gli anziani per uscire di casa e le mamme con i bambini piccoli. Con il tempo, però, senza manutenzione è tornato il degrado. Dagli spazi abbandonati, la cittadinanza si ritira ed è questo che dobbiamo evitare. Altrimenti avremo perso tutti: cittadini, società e politica.

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