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Solo il cristianesimo può invertire il declino e il crollo di un Occidente decadente

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Tom Hoopes - pubblicato il 15/11/14
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Se l’Occidente crolla come ha fatto una volta Roma, sappiamo cosa fare
“Tutto ciò che stava accadendo quando è caduta Roma si sta ripetendo”, mi ha informato mio figlio dodicenne. “Il mio insegnante ha un’intera lista”.

Penso che l’insegnante di mio figlio alla Kolbe Academy abbia ragione su qualcosa. C’è un crollo della moralità personale e civica. C’è una decadenza nel mondo dell’intrattenimento. C’è una “mostruosa amalgama di mercato e Stato”, come ha affermato di recente Alasdair McIntyre, che è in declino mentre nuovi poteri sorgono a Oriente. Nel frattempo, i nostri tassi di aborto, eutanasia, violenza di strada, guerra, suicidio e malattie sessualmente trasmissibili suggeriscono che i barbari sono già entrati nel nostro territorio e sono lì da un bel po’ di tempo.

E come prima, noi cristiani siamo proprio nel bel mezzo di tutto.

Siamo lì come prima, stringendo la mano alle élites e aggiungendo il nostro triste tradimento alla loro corruzione. I cattolici da Washington a Hollywood – nelle università, negli ospedali e negli uffici corporativi – sono leader della cultura della morte.

Ma come prima, questa non è tutta la storia della Chiesa ai giorni nostri. I cattolici in tutti questi posti sono anche l’antidoto alle peggiori tendenze della nostra cultura.

Qual è il compito di un cristiano quando l’impero crolla? Lo stesso di prima. Come ha sottolineato papa Benedetto XVI, quando l’oscurità sembrava diffondersi in Europa dopo la caduta dell’Impero romano, San Benedetto ha portato la luce dell’alba su questo continente. Quando l’Impero romano è entrato nel “periodo buio”, i cattolici hanno mantenuto la luce di Cristo in monasteri, case, scuole e chieste e hanno ristabilito la civiltà.

Una delle tristi conseguenze della vita contemporanea è che la nostra cultura è diventata atomizzata e anonima. Siamo diventati un insieme di individui, che circolano l’uno nell’orbita dell’altro rimanendo aggrappati a se stessi.

Prendiamo come esempio lo shopping. Rovistiamo tra la merce arrivata nel nostro supermercato da chissà dove grazie a chissà chi, poi completiamo la nostra transazione con il cassiere premendo un tasto e non abbiamo mai bisogno di stabilire un contatto visivo con nessuno. Oppure passiamo i prodotti e li impacchettiamo da soli, o saltiamo tutto il processo operando on-line.

È strano: nell’economia odierna “Made in China”, non siamo mai entro le 6.000 miglia dalle persone che hanno realizzato la maggior parte dei prodotti non-food che compriamo in negozio. Spesso siamo anche a mille miglia da coloro che producono il nostro cibo; quelli che prendono il cibo appartengono a una classe di immigrati con cui non interagiamo; anche coloro che distribuiscono il cibo nei nostri negozi vivono in qualche altra città.

Ma per approfondire le relazioni umani serve un’interazione reale.

Ironicamente, in un’epoca in cui i cattolici decidono spesso che “la Nuova Evangelizzazione” significa “andare on-line”, possiamo aver bisogno di ripensare il nostro approccio. Forse in un’era eccessivamente digitalizzata la Nuova Evangelizzazione significa che dobbiamo anche uscire dalla nostra strada per incontrare persone reali, nella vita reale, faccia a faccia.

“Ama Dio al di sopra di tutto il resto” non può significare “metti un’immagine della Divina Misericordia sulla tua pagina Pinterest”. “Ama il prossimo tuo come te stesso” deve significare più di “ama tutti gli aggiornamenti di status del tuo prossimo che non sono troppo politici”.

I benedettini hanno fondato comunità nei loro monasteri, e poi hanno insegnato al mondo come imitare le loro virtù attraverso il commercio e l’istruzione. Mentre la nostra epoca scade in un’oscurità illuminata dagli schermi degli smartphone, forse chiunque guardi negli occhi del prossimo vince.

Ciò che dobbiamo mostrare agli altri, quando riusciamo a catturare la loro attenzione, è che c’è speranza nel mondo. La gente è affascinata da libertà e amore, dalle persone che sono riuscite davvero a vivere per gli altri e a sacrificare i propri obiettivi per gli altri – persone radicalmente libere.

Possiamo ancora assicurare che la Chiesa è la casa di tutto questo.

Dopo la morte, a ottobre, dell’eccentrico e brillante teologo monsignor Lorenzo Albacete, il New York Times e il Washington Post hanno celebrato la sua vita, vedendo in lui la bellezza della fede vissuta davvero.

Monsignor Albacete ci ha mostrato la via. Nel 2005 ha detto a Charlie Rose: “La fede e l’esperienza di vita dovrebbero coincidere. È ciò che ha fatto San Benedetto… Abbiamo bisogno di minoranze creative che stabiliscano modi di vita attraenti per le persone che sperimentano la crudeltà del mondo odierno”.

O, se si preferisce San Francesco, il Post ha citato monsignor Albacete quando ha detto: “Se domani venisse rivelato che il papa aveva un harem, che tutti i cardinali hanno fatto i soldi con le azioni della multinazionale Enron ed erano coinvolti nel porno su Internet, allora la situazione della Chiesa oggi sarebbe simile a quella della fine del XII secolo… quando Francesco d’Assisi ha baciato un lebbroso”. Il cristianesimo può e deve rialzarsi sulle rovine dell’impero. L’unico modo in cui possiamo fallire è se nessuno di noi alza gli occhi dallo schermo; se nessuno di noi bacia un lebbroso.

[Traduzione a cura di Roberta Sciamplicotti]

 

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