Profughi, mancanza di lavoro, emergenza educativa. Ci sono uomini che passano ma non vanno oltreALLUVIONE – Genova: "Non c'è fango che tenga". Lo gridano i Minimi, in 40 mila rispondono. Aiutati 95 esercenti commerciali. I soli aiuti pervenuti post alluvione.
Quartiere Marassi, Genova. Alluvione del 2011. Il parroco, Padre Francesco Lia non ci sta. Ne parla con una mamma ed il suo bimbo. Nasce "non c'è fango che tenga": una semplice maglietta con uno slogan, che aggiunge "i Genovesi non si arrendono". Tramite il passaparola, i volontari e i social network ne vendono in 29 giorni 25 mila. Il 7 dicembre distribuiscono 220 mila euro ai commercianti.
Dopo 3 mesi le magliette vendute sono 40 mila. Oltre 400 mila euro raccolti complessivamente. 95 gli esercizi commerciali aiutati. "Tutto sulla fiducia, nessuna burocratizzazione" Sottolinea P. Francesco. "Valutiamo il costo dell'affitto del negozio, i giorni di chiusura a causa dell'alluvione, i danni." Gli aiuti vanno da un minimo di 1200 euro ad un massimo di 30 mila. "Bisognava ricomprare fax, PC, registratori di cassa…il necessario per ripartire, al più presto".
Notte tra il 9 e 10 ottobre 2014: "Ancora una volta non c'è fango che tenga". Ad oggi vendute 33 mila nuove magliette, per oltre 330 mila euro.
E i negozianti? "Quello dei minimi è il solo contributo arrivato in tre anni!"
PROFUGHI – Lecco, Asti, Enna, Valsassina: Rispondendo all'invito di Papa Francesco, hanno aperto i "monasteri" i guanelliani a Lecco, gli oblati di San Giuseppe d'Asti in Sardegna e ad Asti, i francescani ad Enna, i Pavoniani a Valsassina e tanti altri. Non solo housing, ma il tentativo di offrire percorsi di rinascita per guardare al futuro.
La storia: "Sono partito dall'Afghanistan a 16 anni, da Mazzar, una località a nord della capitale" spiega Hicham. “Era il 2009, mio padre voleva per me un futuro migliore”. Un viaggio pericoloso che non si dimentica facilmente: “al confine con l'Iran stavano per spararci; ci siamo nascosti in una casa per 10 giorni, poi dentro un camion e così proseguendo anche per alcuni tratti a piedi, siamo ripartiti verso la Turchia. Ho visto gente morta lungo la fuga. Siamo anche stati assaliti da una banda di ladri. In Turchia ci hanno fatto salire su un barcone diretto in Italia, ma a causa di una avaria siamo sbarcati su un'isola, probabilmente greca. Siamo rimasti alcuni giorni senza mangiare, poi la polizia locale ci ha condotto in un centro di prima accoglienza. Qui ci è stato consegnato il foglio di espulsione, ma abbiamo raggiunto Atene e su un camion siamo arrivati in Italia. Se l'avessi saputo prima non sarei di certo partito e non a 16 anni! Arrivati a Milano con altri due amici, ci siamo divisi. Eravamo diretti verso il nord Europa, ma ho sbagliato treno – non conoscevo la lingua – e mi sono ritrovato a Lecco. Un controllore mi ha chiesto i documenti, stavo anche male, poi l'arrivo dell'ambulanza e mi sono ritrovato in questa comunità. I primi giorni pensavo di essere stato catturato e di essere prigioniero. Non capivo che le persone volevano aiutarmi. Volevo scappare, ma non sapevo dove. Poi mi hanno portato un ragazzo afgano che ha fatto da mediatore culturale tra me e la comunità. Da lì ho cominciato a capire cosa succedeva e quali erano le intenzioni delle persone intorno a me, ed è cambiato il mondo! Quando ho iniziato poi a capire la lingua e comunicare con gli altri ho percepito che forse avevo qualche possibilità di futuro. Sono andato a scuola, ho preso la licenza media inferiore. Quindi sto imparando a fare il meccanico ciclista. Vorrei tornare al mio paese, ma non in questo momento.
Dell'Italia apprezzo la possibilità di frequentare scuole e corsi di formazione; mi piace meno invece vedere che i ragazzi preferiscono computer e telefoni allo stare insieme, il poco rispetto verso gli altri, come vedere che nessuno si alza sull'autobus per far sedere un anziano. Ho grande nostalgia della mia famiglia e del mio ambiente, il rapporto con la natura, la terra: per questo apprezzo particolarmente il progetto che i guanelliani vogliono lanciare con una fattoria sociale”.
GIOVANI E LAVORO, Napoli: A Scampia operano diversi religiosi. Se non c'è lavoro, non c'è dignità, non c'è futuro, soprattutto per i giovani.
E allora…è doveroso sognare un mondo altro, una possibilità di riscatto.
I religiosi osano. Per 240 ragazzi danno il via a tirocini formativi: vecchie professioni, sempre attuali: parrucchiere, pizzaiolo, elettricista, estetista. “A bottega”, stessa formula che propongono nelle missioni del terzo mondo. Dare la possibilità ad un giovane di imparare un mestiere, insegnare “a pescare”.
In sinergia con la cooperativa sociale onlus Obiettivo uomo, e il Comune di Napoli, passano dall'ascolto alla risoluzione dei problemi, in particolare supportando le famiglie più svantaggiate. Un progetto concreto che intende avviare gli adolescenti, a partire dalle loro attitudini, a una consapevole scelta lavorativa. Dare una chance perchè tutti abbiano “Pane e Signore”.